Cap 03
“Ehi tu, lì dentro… quanto hai da fare ancora?” Yuki bussava alla porta del bagno, visto che erano ormai venti minuti buoni che ero dentro a cercare di sistemarmi i capelli davanti… ma cosa devo farci io?! Stanno tutti messi male, eee, e poi dai! Tutto vestito bene e coi capelli da schifo? Ma no, ma no, dai…
“Un attimo, un attimo! Ho quasi finito!” ricordo che una volta mia madre mi disse che le donne quando dicono “ho quasi finito” hanno da fare ancora una mezz’ora buona. Ma fermi tutti! Io non sono una donna! Ehi… EHI!!!
“Oh, finalmente sei usci… e quei capelli cosa significano?” basta. Non chiedetemi nulla. Avevo i capelli davanti che andavano per conto loro, ma DOVEVO uscire… una donna… tz! Io sono Shuichi!
“Eeeee, è uguale dai!” mi ha guardato come si guarda una formica che cammina nel formicaio (ma che grandissimo gioco di parole! Che stile! Che brav… ok, sono cretino, lo ammetto) mentre porta un pezzo di pane, ce l’avete presente? Addirittura ha fatto cadere la cenere sul parquet! Forse ero stato un po’ troppo frettoloso…
“…Shuichi…”
“S-sì Yuki..?”
“Non hai inquadrato lo specchio mentre ti pettinavi, vero?” effettivamente nella fretta avevo scordato di darmi anche una riguardata allo specchio…
“Bè… più o meno…”
“Immaginavo. Quindi se non vuoi creare una nuova moda portando metà capelli alzati a destra e l’altra metà pettinati a sinistra, deduco che non hai finito di pettinarti?” detto questo, mi si è avvicinato levandosi la sigaretta dalla bocca, mi ha guardato con quei suoi occhi profondissimi e poi mi ha dato due schiaffetti sulla testa, mettendomi a posto i capelli. Ooohh…
“Y-yuki…” aiutolafacciaaiutolafacciaaiutolafacciaaiutolafaccia va a fuoco. A fuocooo!
“Su, andiamo, che non voglio scatenare risse per entrare a vedere due ciliegi che sputano fiorellini rosa.” ecco… dicevo. Una volta che inizio a pensare che è romantico e premuroso, si trasforma in un cavernicolo… Eh, vabbè! Yuki è Yuki!
– – –
“Professoressa.” salutai la Quistis, che gironzolava nei pressi del garage vestita con i suoi soliti abiti rossi; probabilmente stava cercando la macchina per qualche uscita di servizio. Inaspettatamente, quando la salutai, oltre al fatto che Rinoa mi si appiccicò al braccio come le sanguisughe, lei fece una smorfia strana vedendola, e se ne andò a passo svelto.
“Rinoa..?” mi voltai lentamente verso la ragazza che mi stava stritolando il braccio, la quale sorrise come una bambina innocente.
“Sììì?”
“Dovrei dirti una cos…RINOA, MI FAI MALE, RINOA!!!” sentii la presa delle sue braccia chiudersi come le morse mentre pronunciavo “devo dirti”, mi stava stringendo talmente forte che non mi passava neanche più il sangue. Lei si piantò a terra e mi iniziò a fissare con i suoi occhi neri che sembravano dire “Dillo o ti stacco il braccio e ti ci frusto.”, tentai di farle allentare la presa, ma più io provavo più lei stringeva forte, senza smettere di fissarmi.
“RINOAAA!” finalmente sentii il sangue defluire e riniziare a scorrere, tuttavia la ragazza non si spiccicò più di tanto.
“Squall. COSA C’È?!” mi urlò la domanda in faccia, come se l’avesse chiesto un migliaio di volte senza che qualcuno gli rispondesse. Pazza?
“Calma…” mi voltai per riprendere a camminare, sentendo che lentamente anche lei riniziava a muovere qualche passo.
“Sì… PERO’ DIMMI.” di nuovo sentii i muscoli poco sopra il gomito esplodere in mezzo alle sue mani.
“Ahiahiahiahiahiahi ilbraccioilbraccioilbraccioilbraccioilbraccio, RINOA, MA INSOMMA! STA’ FERMA, ZITTA E BUONA!” strattonai via il braccio, iniziandomelo a massaggiare. Mi aveva fatto un male cane stavolta.
“E DIMMI QUESTA COSA, QUANTE SCENE!” avete presente i diavoli? Sì, quelli da quadro Dantesco, con gli occhi di fuori, che sembra ti vogliano buttare in un tritacarne e bere il tuo sangue (sì, ok… avete capito comunque no?), ecco, lei lo stesso.
“Sì, ho capito! Ma stai calma! Volevo dirti semplicemente di non essere gelosa della professoressa Quistis!” la vidi diventare prima rossastra in volto, poi lentamente bordeaux e notai i pugni chiudersi talmente forte da far gonfiare le vene.
“Calmaaaaa……” mi allontanai di qualche passo, rischiavo la vita… poi mi venne il lampo di genio.
“… e poi bisogna andare a questi benedetti giardini, per la missione, eh… ci muoviamo?” finalmente dischiuse i pugni e fece un sospirone, iniziando a camminare davanti a me, verso la piattaforma di discesa del garden, il quale dava accesso ad un piccolo hovercraft steso sull’acqua, pronto a trasportarci alla Baia di Tokyo.
Durante il resto del viaggio nessuno proferì parola, le uniche frasi che furono dette servirono per comunicarci l’ora attuale e finirci di dare qualche ultima indicazione, dopodichè ci incamminammo verso i giardini, prendendo il treno alla stazione Komagome (tra parentesi, durante il viaggio ogni volta che provavo a parlare lei cosa faceva? Guardava – per finta, si capiva benissimo – la cartina per vedere dove andare, ma perchè è così permalosa… ) il quale era pieno zeppo. A dire il vero, alcune persone erano letteralmente spalmate sui muri. Rinoa si infilò, nel disperato tentativo di evitare ogni contatto con me, in un angolino, così che io mi dovetti distanziare per un po’ da lei. Il viaggio non durò molto, i treni furono spaventosamente puntuali e non si creò nessun problema. Quando arrivammo davanti all’entrata dei giardini Rikugien, finalmente lei spiccicò una parola, anche se solo per chiedere una cosa.
“La biglietteria è laggiù, vai tu o devo andare io?” neanche mi guardò in faccia mentre chiedeva. Si limitò a fissare il via vai di persone e alcuni petali rosa qua e là, sparsi dal vento.
“Vado io… acida.” l’ultima parte mi scappò detta… non l’avessi mai fatto.
“COSA HAI… ACIDA?! IO?! MA BRUTTO CAFONE CHE NON SEI ALTRO! TU GUARDI LE ALTRE DONNE E POI SONO IO QUELLA ACIDA?! EH?!” si girò di scatto, mollandomi uno schiaffo tremendo sul viso, così da far fermare tutte le coppiette che camminavano tranquille, facendole voltare a guardarci. Un po’ per l’imbarazzo dello schiaffo, un po’ perchè avevamo attirato l’attenzione, mi diressi a passo svelto alla biglietteria e con gli occhi abbassati, senza curarmi della reazione di quell’assassina.
Presi i due biglietti sentendomi gli occhi di tutti puntati addosso; il bigliettaio mi staccò i ticket con una faccia mista a risate e falsa serietà… presente quando volete farvi vedere seri e invece state per esplodere dal ridere? Ecco, lo stesso. Tornai ancora paonazzo da Rinoa, che non si era mossa di un centimetro. Le diedi un biglietto e la tirai per il braccio verso l’entrata.
“A-ahi Squall! Mi fai male!” non feci caso alle sue lamentele, anche perchè avevo la faccia che sembrava stesse cuocendo su una piastra.
“Zitta e cammina. Siamo in missione, non in una gita romantica, cretina.”
“CR…” istintivamente le tappai la bocca, in modo da non attirare nuovamente l’attenzione di tutti. La guardai dritta negli occhi – che avevano, tra l’altro, uno sguardo assassino, di quelli che mettono paura – e le spiegai meglio la situazione, visto che sembrava non aver capito.
“Siamo qui per mettere a posto un problema di Artemisia, se riesci ad evitare di fare scenate di gelosia, peraltro ingiustificata visto che non mi interessa quella là, e ad eseguire la missione, allora avremo una possibilità di non ricreare tutto quel casino. Che ne dici, la smetti di fare la ragazzina o devo prenderti un ciuccio e portarti in un carrozzino?” sgranò gli occhi, come stupefatta da quelle parole. Duro? Macchè… Insensibile e freddo? Forse…
“…scusa.” biascicò la parola abbassando gli occhi a terra. Oh… ma perchè mi sembra di badare ad una bimba di sette anni…
“Ed ora andiamo. Seriamente.” entrammo insieme, finalmente, in quei giardini. L’odore intenso degli alberi ci avvolse, insieme a quello della freschezza dell’acqua. Nonostante la gente fosse ovunque, sembrava che la tranquillità ed il silenzio fossero infrangibili. Una sorta di mondo parallelo… guardai la mappa ed iniziai a dirigermi verso il punto segnato, mentre Rinoa strusciava faticosamente i piedi per terra, con la faccia triste, come quella dei cani bastonati.
La presi per mano, facendola “tornare in vita”.
“Squall…”
“Muoviti.”
– – –
Felpa arancione con il collo alzato, occhiali da sole che nascondevano lo sguardo furtivo, cappello blu e giallo in testa, pantaloni verdi e niente tracolla. In pratica irriconoscibile… MA HO CALDOOOO!
Yuki invece era vestito normalmente, infatti tutte le ragazze lo guardavano come si osserva un animale raro. L’unico motivo per cui non gli si avvicinano era che… oh! Che forse mi avevano riconosciuto?
Tutto questo caldo per poi… vabbè, comunque. Sorvoliamo.
Avevo visto tutta la scena di quei due ragazzi mentre Yuki faceva i biglietti. Che razza di situazione… appena si sono allontanati un po’ sono scoppiato a ridere come un matto! Si è sentito per quasi tutto il parco lo schiaffo che gli ha dato! Eh, anzi che il mio Yuki non ha bisogno di certi modi per capire le cose… ma… effettivamente… capisce, anzi, dico meglio… si interessa mai a qualcosa di quello che gli dico?
“Dovrei fare come quel ragazzo sai?” all’improvviso ho sentito la sua voce dietro le spalle, mentre mi calava un biglietto nella mano. Come quel ragazzo?! Ma, ma…
“Ehi!” ma, ma… io dico!
“Bè? Che c’è? Non sei forse uguale a quella lì, te?” che coooosa?! Ho spalancato gli occhi e mi stavo già preparando ad urlargli addosso di tutto, se non fosse stato che in un piccolissimo momento di genialità (ma diciamocelo… è stato un lampo di genialità assoluta, Ah! Ah! Ah!) ho pensato al fatto che se gli avessi urlato contro, mi sarei comportato come quella lì… E spero sia IMPOSSIBILE che…
“Cattivo.”
“Eh?” mi lanciò un’occhiata perplessa, mentre superava l’entrata dei giardini.
“Ho detto che sei cattivo.” abbassai gli occhi e mi allontanai di qualche passo da lui. Daaai, adesso viene qui a rassicurarmi e coccolarmi, uhuh…
“Questo è un nuovo modo per dire che sei offeso?” ma, ma… e l’abbraccio? E la rassicurazione? Embè?!
“Cafone! Sì che sono offeso! Scemo!” mi fermai in mezzo alla stradina, finendo poi per fare come quella ragazzina lì. Ommiodio…
“Vedi? Sei uguale a quella là. Io te l’ho detto…” ok, ok… fermi tutti. Ora lo ELIMINO FISICAMENTE.
“… però sei così stupido che puoi permettertele certe cose. Shuichi.” oh… ooohhh… mi si era avvicinato al viso e mi aveva messo un braccio intorno alla vita, guardandomi con quei suoi stupendi occhi, splendenti come mai. In un istante mi ritrovai le sue labbra appoggiate su di me, mentre la lingua si posò appena sulla mia, iniziando a muoversi lenta, come solo lui sapeva fare. Sentii il corpo andarsene lentamente sotto quel bacio. Nonostante fossimo all’aperto, dove chiunque poteva vederci, lui non si era preoccupato minimamente che ci riconoscessero, o addirittura denunciassero… per questo è un figo! Perchè è sempre sicuro e determinatissimo!
“Y-yuki…” si allontanò di poco dal mio volto, sussurrandomi sulle labbra quelle due parole – top secret eh, capitemi dai, lui deve mantenere una certa reputazione! Insomma se si venisse a sapere che ha detto, bè… avete capito n… oh, non ve le dico, fine. – che mi illuminarono la giornata, anche se poi avrei trovato quelle ore ai giardini molto più lunghe di quanto avessi mai potuto immaginare.
Ma in quel momento… ho pensato solamente ad appoggiarmi con la testa sul braccio di Yuki e camminare per un po’ in quel modo, mentre i petali rosa continuavano a svolazzare e l’acqua a rinfrescare l’aria. Mamma mia che poeta che sono… dai, ditelo adesso che è finita anche questa parte, sono un figo! Dai, ditelo! Shuichi è un fi… no eh? Niente..? Sicuri….? E vabbene… allora rifaccio, ok?
Mi sono accoccolato a Yuki ed ho pensato a quanto ero fortunato ad averlo tutto per me.
Bè? Non vi vabbene manco questa?! Oh, ma insomma, basta!
Dopo quello, abbiamo camminato, non ricordo dove, nè perchè, nè come.
BENE COSI’? Oh. Era ora.
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