Capitolo 6
Da ore ormai si rigirava tra le lenzuola, incapace di dormire.
Aveva trascorso tutto il pomeriggio nella propria stanza, soffocando i singhiozzi contro il cuscino; quando un domestico, bussando discretamente alla porta, l’aveva avvertita che la cena era pronta, Hinata si era rifiutata di scendere con la scusa di una terribile emicrania. Il pensiero del volto di suo padre infatti, severo e indagatore come sempre, in quel momento le era insopportabile.
Non voleva vedere nessuno, e non voleva che altri la vedessero in quello stato. Le avrebbero inevitabilmente chiesto delle spiegazioni, e Hinata non voleva darne a nessuno; era sola, ormai lo sapeva, chiusa tra le pareti fredde di quella grande casa.
La disperazione la spingeva ad odiare Kiba: per ciò che aveva fatto, certo, ma soprattutto perchè con quel gesto si era staccato da lei, abbandonandola. Quel pomeriggio, Hinata si era d’improvviso trovata di fronte al fatto che il suo ragazzo era cresciuto, era cambiato…e l’aveva lasciata indietro.
Aveva visto per la prima volta il lato che lui le teneva nascosto, nonostante ne avesse intuito ormai da tempo l’esistenza, e questo l’aveva sconvolta. L’immagine che aveva costruito di Kiba, affettuoso, tenero e dolce, era crollata davanti ai suoi occhi, frantumandosi in mille pezzi.
Aveva visto il cane rifarsi lupo, rivendicare con forza la propria natura selvaggia, e il fedele compagno che le aveva donato protezione e sostegno durante quegli anni era venuto di colpo a mancare.
Hinata si trovava di colpo senza il proprio punto di riferimento, spiazzata, barcollante come un invalido privato della propria stampella.
Kiba l’aveva sempre protetta e aiutata…era stata un’ombra fedele al suo fianco in ogni momento e, in cambio dell’affetto che riceveva, le aveva dato la propria forza, facendo in qualche modo da schermo tra lei e le difficoltà della vita. Ed ora improvvisamente l’aveva privata di tutto ciò, lasciandola sola e spaventata davanti a quei problemi che, nella sua mente, crescevano sino a divenire insormontabili.
Hinata odiava Kiba per questo; non perchè l’aveva tradita, essendo l’animo della ragazza capace di perdonare, ma perchè senza di lui, senza qualcuno come lui al suo fianco, non era in grado di andare avanti.
Dopo quello che aveva visto, si era resa conto di non essere più sufficiente per il ragazzo…non sarebbe tornato da lei, per quanto intensamente l’avesse desiderato: per questo lo odiava, o piuttosto si sforzava di odiarlo. Per colmare quel vuoto fatto di paure e timori dentro di sè, che non c’era più Kiba a riempire.
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Neji fissava il soffitto sopra di sè senza vederlo, immobile nel grande letto.
Passò lentamente una mano sul proprio collo, dove dei segni rossi e gonfi spiccavano sulla pelle chiarissima, avvertendo una sottile fitta di dolore quando giunse a sfiorarli. Tuttavia non smise di muovere le dita lungo quelle strisce doloranti, posando delicatamente i polpastrelli dalla gola fino alla nuca e viceversa, sussultando per i brividi che ogni tocco gli procurava. Percorse i segni numerose volte, fino a quando non si ritrovò quasi inconsapevolmente a stringere con forza le mani attorno al proprio collo; in un flash, rivide gli occhi d’oro pieni di rabbia davanti a sè.
Sciolse di scatto la presa, mentre uno spasmo di dolore gli invadeva l’intero corpo.
Il segni lasciati dall’Inuzuka pulsavano dolorosamente, quasi bruciassero; Neji attese che il dolore scemasse, continuando a fissare il soffito senza mutare espressione.
“Kiba….”
Improvvisamente un leggero rumore proveniente dalla finestra ruppe il silenzio; l’anta che lo Hyuga aveva volutamente evitato di chiudere si aprì silenziosamente, e un’ombra scura e furtiva scivolò nella stanza, avvicinandosi con cautela al letto.
Neji non si mosse, gli ultimi residui di dolore che ancora indugiavano sul corpo, finchè la figura non si mostrò alla luce della luna.
Solo allora il ragazzo si sollevò senza fretta.
-Finalmente…ti stavo aspettando.-
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Aprì lentamente le palpebre, che aveva tenuto chiuse fino a quel momento; nonostante il silenzio e la presenza morbida e calda del corpo di Akamaru accanto a sè, Kiba non riusciva a dormire.
Quello che era successo continuava a percorrergli con insistenza la mente, senza sosta, privandolo di una tregua persino nei sogni, quando, stremato dal riposo infruttuoso, riusciva per qualche minuto ad assopirsi. Ma si trattava di un sonno leggero ed agitato, da cui si ridestava ben presto, più stanco e pensieroso di prima.
Accarezzò il folto pelo bianco sotto le proprie dita, avvertendo il dorso dell’animale alzarsi e abbassarsi ritmicamente, seguendo i profondi e lenti respiri che accompagnano il riposo.
“Come ti invidio a volte, amico mio…”
Sorrise tristemente, sapendo che non era sufficiente desiderare di diventare un cane per risolvere la situazione.
Ma Kiba odiava lasciarsi sopraffare dai problemi, qualunque essi fossero; e rimugunare sulle cose non faceva parte della sua natura.
“Al diavolo! Domani, per prima cosa, parlerò con Hinata..”
Quella decisione contribuì a restituirgli un po’ di serenità; avrebbe affrontato le proprie responsabilità, nel bene e nel male, ma non sarebbe scappato, questo era certo…nè da Hinata, nè tanto meno dallo Hyuga.
Involontariamente corrugò la fronte; il suo sguardo si fece lontano, mentre continuava meccanicamente ad accarezzare la pelliccia di Akamaru.
“Neji…”
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-Perdonami se ti ho fatto aspettare. Ho dovuto…-
-Zitta.- Il moro la interruppe bruscamente. -Non importa. Spogliati piuttosto, veloce…-
La ragazza arrossì stupita, e si affrettò ad obbedire con un piccolo sorriso.
Neji la guardava, mentre con movimenti rapidi si sfilava ad uno ad uno gli indumenti, rimanendo infine nuda di fronte a lui, in attesa.
Non avrebbe fatto niente, non si sarebbe azzardata neppure ad avvicinarsi, finchè non fosse stato lui a dirglielo…se Neji le avesse intimato di restare lì, nuda e immobile al suo cospetto tutta la notte, lei lo avrebbe fatto. Ne sarebbe stata persino felice, illudendosi magari che lo Hyuga volesse colmarsi gli occhi della sua bellezza.
Di certo, avrebbe obbedito a qualunque cosa le avesse chiesto di fare; in caso contrario, lui si sarebbe limitato a sostituirla con un’altra ragazza, più arrendevole…tanto non c’era la minima differenza tra l’una e l’altra per Neji.
Lo Hyuga sorrise dentro di sè.
Tutto era come sempre: aveva il controllo, dettava le regole a proprio piacimento.
Era tornato ad essere il padrone, ciò che era sempre stato.
Ma qualcosa di nuovo guastava quella sensazione, lasciandogli un gusto amaro in bocca; un piccolo tarlo, in un angolo nascosto della sua mente, che non voleva saperne di zittirsi.
Un pensiero subdolo e strisciante, che si faceva lentamente spazio senza che il ragazzo potesse cancellarlo in alcun modo.
“Dannazione..”
Vedeva l’espressione interrogativa della ragazza, che lo scrutava in attesa di un segnale, e ripensava allo sguardo soddisfatto dell’Inuzuka quando si era preso da Neji ciò che voleva, senza chiedere. Immaginava il corpo arrendevole di lei sotto di sè, e desiderava invece sentire le unghie di Kiba sulla propria schiena, la stretta prepotente delle sue gambe attorno ai fianchi, quella forza animale capace di ribaltare in un secondo la situazione tra loro.
La stessa che si era scatenata quando lo Hyuga aveva detto di averlo usato…aveva provato il brivido della paura per un istante; si era sentito di nuovo in balìa dell’altro avvertendo le sue dita stringersi attorno al proprio collo. Una sensazione insolita e spaventosa…a cui non riusciva a smettere di pensare.
Senza accorgesene, tornò con una mano a sfiorare i rossi segni.
La giovane, a quel gesto, notò le ferite superficili che segnavano la pelle del ragazzo, e con sorpresa spalancò gli occhi.
-Neji…ma che ti è successo..?! –
Lui allontanò velocemente la mano, fissandola con sguardo duro.
-Non sono affari tuoi. Cosa aspetti invece a venire qui?!-
-Ah! S-scusa, hai ragione..-.
Si stese accanto a lui, iniziando a baciarlo con passione. Evitava tuttavia accuratamente di avvicinarsi alla zona del collo, quasi avesse timore persino di guardare quegli strani lividi. Ben presto Neji si stancò delle sue attenzioni, e con forza rovesciò la ragazza sotto di sè; la penetrò senza attendere, con freddezza e prepotenza. Non c’erano emozioni sul bellissimo viso, solo qualche goccia solitaria di sudore. Lei gli mise le braccia attorno al collo, gemendo, e chiuse gli occhi piena di trasporto.
In pochi minuti era tutto finito; con un’ultima spinta, Neji si liberò dentro di lei, la mente svuotata per un istante.
Ma già nel momento in cui, terminato l’atto, si accasciava pesantemente sul corpo sotto di sè, i pensieri tornarono a tormentarlo. Si ritrovò ad essere più insoddisfatto di prima, tanto che la vista della giovane gli risultava quasi fastidiosa; ormai, allo Hyuga appariva terribilmente chiaro che nessuna di loro era più sufficiente per dargli ciò che voleva…
“Dannazione…dannazione!”
Si alzò stancamente, dirigendosi alla finestra attraverso cui una fredda luna lo osservava, splendidamente lontana da tutti i problemi del mondo.
Dietro di sè, udì la ragazza sollevarsi a sedere tra le lenzuola sfatte, di nuovo aspettando, in attesa di un suo cenno.
Parlò senza girarsi.
-Vattene..-
-Come?!…Aspetta! Non capisco, io..-
-Vattene, ho detto.-
-Ma Neji…-
-Non farmelo ripetere.-
Ci fu un attimo di silenzio; poi la giovane sbuffò leggermente, e con tono forzatamente leggero disse:
-E va bene, come vuoi tu…a quanto pare oggi sei di cattivo umore!-
Neji sentì che si muoveva, raccogliendo le proprie cose e rivestendosi; infine gli si avvicinò titubante, e in fretta stampò un bacio sulla sua fredda guancia.
Lui non si mosse.
-Allora…ci vediamo Neji, ok? Chiamami quando vuoi…io aspetto…-
-Si, certo…-
-Ciao!-
-…-
Dopo un’ultima esitazione uscì da dove era entrata; lo Hyuga vide la sua figura muoversi veloce nell’oscurità, superare il muro di cinta del cortile e scomparire alla sua vista. Tornò ad osservare la luna alta nel cielo, che disegnava coi propri raggi i contorni del suo corpo nudo, regalandogli l’aspetto diafano di una statua scolpita nel marmo.
“Cosa mi sta succedendo..?”
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