Anche quest’anno siamo riusciti a seguire i nostri amati autori nipponici in trasferta nella fiera di Lucca Comics & Games 2018, e abbiamo appreso alcune interessanti informazioni durante gli incontri con la stampa.
Questo è il primo degli incontri, il press café con Junji Ito.
Maestro ha uno straordinario talento visionario, da dove arriva l’ispirazione per le sue raccapriccianti fantasie?
Per trarre ispirazione dalle mie opere, faccio riferimento principalmente a quattro artisti di manga horror. Il primo è Kazuo Umezu, che ho conosciuto sin da bambino, acquisendo abbastanza naturalmente il suo stile di disegno. Poi crescendo, verso il periodo in cui frequentavo le scuole medie mi sono avvicinato al mondo della fantascienza e dei romanzi SF. Ho pensato di unire le due cose per estrapolare qualcosa di originale. Per quanto riguarda lo stile, ho preso tantissimo spunto dal sensei Katsuhiro Otomo soprattutto per il suo modo di ritrarre scene molto intense e tragiche.
L’ossessione è un tema ricorrente nelle sue opere e si divide per lo più in fascinazione o avversione per qualcosa. Perché prima o poi gran parte dei personaggi cade vittima di un’ossessione?
Sin da piccolo sono stato vittima di numerose ossessioni, una cosa che mi ossessionava tantissimo era lo sguardo delle persone. L’elemento dell’ossessione è qualcosa che mi consente molto facilmente di sviluppare le storie che voglio disegnare.
C’è l’impressione che dietro queste mostruosità ci sia una critica concreta. Qual è la mostruosità concreta che la attanaglia in questi giorni di cui vorrebbe parlare e di cui non ha ancora trattato?
Sicuramente uno dei temi che mi viene da criticare spesso è la politica, soprattutto per le bugie che spesso vengono propinate dal politico di turno. poi un’altra tematica che mi preme moltissimo è il terrorismo internazionale. Per me sarebbe bello se potessimo vivere in un periodo di pace. Al momento non sto seguendo granché le tematiche internazionali, quindi non posso proprio affermare che dietro le mie opere ci sia una critica concreta.
Vorrei chiederle qual è il suo parere sugli adattamenti cinematografici di Tomie e Uzumaki e quale sarebbe il suo capitolo preferito nella saga di Tomie.
Per quanto riguarda Tomie, sono stati fatti otto adattamenti cinematografici e li ritengo tutti piuttosto fedeli ai miei disegni, e questa è una cosa che mi ha piuttosto colpito. Il primo film credo sia quello che mi sia piaciuto di più tra tutti gli adattamenti. Anche per quanto riguarda Uzumaki del 2000, ho dei commenti molto positivi, perché il regista aveva a cuore i disegni originali e ha cercato di dare una resa realistica molto fedele e come autore questo non può che rendermi felice e avermi fatto apprezzare la pellicola quando l’ho vista. Per quanto riguarda Tomie, i titoli mi sono rimasti piuttosto impressi, soprattutto quelli dell’ultimo e penultimo adattamento. L’ultimo in particolare, intitolato VS Tomie lo ritengo di grande impatto.
Che ne pensa degli adattamenti della serie animata dei suoi racconti brevi e se ci può parlare della sua esperienza come sceneggiatore in tal caso.
Anche per l’adattamento anime delle mie storie brevi non ho altro che commenti positivi e per quanto riguarda l’aspetto della sceneggiatura, non ho fatto granché, ho solo svolto un ruolo di controllo e in particolare non ho avuto nulla da dire. La resa era davvero buona e per questo devo ringraziare, anche in questo caso, il regista che è riuscito a confezionare un’opera che tiene molto conto delle mie opere originali e a volte persino a superarle. Di questo posso solo essere grato al regista e mi ha profondamente commosso. Per quanto riguarda gli anime sono superiori al manga perché non vantano solo l’impatto visivo, ma anche per gli effetti sonori. Riuscire a trovare una musica in grado di adattarsi bene alle mie storie non è un’impresa facile, lo stesso dicasi per il trovare delle voci per i miei personaggi e anche in questo caso sono grato ai doppiatori che si sono dimostrati molto professionali e dotati di grande talento.
Le storie del sensei sono piene di orrore e paranormale. Per caso, quando il sensei ha frequentato le elementari, le medie e le superiori, nelle sue scuole c’erano i famosi Sette Misteri? Gli è mai capitato nella vita reale di vivere una situazione simile a una leggenda metropolitana o di percepire presenze, che magari le ha dato ispirazione.
Fino al periodo delle scuole elementari credevo negli UFO, nei fantasmi e nei fenomeni paranormali. Credevo alla loro esistenza e il motivo che dava maggior credito a questi miei timori era dato dal fatto che vivevo in una casa molto vecchia in cui i lunghi corridoi erano estremamente importanti e il fatto di entrarci, o doverci passare di notte mi metteva terrore, anche per andare in bagno. Ho sperato tanto nell’esistenza degli UFO, tanto da appostarmi in veranda a scrutare il cielo in attesa di poterne avvistare qualcuno. Ho smesso di credere ai fenomeni paranormali durante le scuole medie, visto che all’epoca ho letto un paragrafo nel mio libro di testo che trattava del cervello umano e dei processi chimici all’interno del cervello nella fase dello sviluppo. Per cui, dato che mi convinsi che l’anima non esistesse, non dovevano esistere neppure i fantasmi che di regola dovrebbero essere un residuo dell’anima che si stacca dal corpo. Per quanto riguarda i Sette Misteri, ho avuto un po’ paura della sala della musica della mia scuola, dove il ritratto di Beethoven mi sembrava ridere in una maniera strana. Al primo anno di liceo ho avuto un ritorno al paranormale, a causa della leggenda metropolitana della Kuchisake Onna, una donna con una bocca larga fino alle orecchie. Questa paura si è rafforzata per due motivi, il primo perché ne stavo parlando con un amico al ritorno da scuola e l’altro perché si è parlato tanto di questo mostro nella prefettura di Gifu, di cui sono originario.
Dove nascono le idee delle sue storie brevi, soprattutto quelle contenute in Fragment of Horror?
In Fragment of Horror ci sono una serie di storie brevi autoconclusive e tutte cose che si espandono da storie comuni, ovvero una situazione ordinaria che diventa straordinaria e horror. Mi vengono più idee e ispirazioni quando sto guidando in autostrada oppure quando non riesce a venirmi niente di buono, mi prendo un momento di relax e mi faccio un bagno. Invece nella mia vita quotidiana, quando mi accade qualcosa di strano che può suggerirmi qualcosa di misterioso, me l’appunto e provo a esagerarla all’esasperazione e crearne qualcosa di mostruoso. Per una delle storie che avrei voluto inserire mi è venuta quando volevo buttare via un vecchio futon, e per gettarlo ho dovuto tagliarlo a pezzi. Una volta tagliato dentro ho trovato una macchia di muffa che sembrava la forma di un millepiedi, una cosa particolarmente brutta e schifosa. Ho pensato di espandere la cosa e ricavarne un manga horror, ma parlando con l’editor mi è stato detto che era un’idea banale e insignificante, per cui ho abbandonato quell’idea. Prima di raccogliere le mie storie brevi ho lavorato a Yuukoku no Rasputin, un’opera ancora inedita in Italia, che si distacca molto dal genere horror, abbracciando la politica e le tematiche sociali. Uno dei motivi per cui quest’idea venne rifiutata era perché secondo il mio editor, il mio senso dell’horror non era ancora tornato, a causa dell’influenza dell’opera appena conclusa.
C’è uno dei suoi manga che vorrebbe adattato in film?
Mi piacerebbe tanto vedere adattato in film “Il mistero della faglia di Amigara“. La storia finale alla fine del volume di GYO, edito da Star Comics. In una regione montuosa a causa di un terremoto si apre una faglia in cui ci sono vari buchi che ricordano una sagoma umana. Chi guarda queste immagini in televisione prova un inspiegabile e irrefrenabile desiderio di avvicinarsi alla montagna per vedere quei buchi, e poi di entrarci, questo perché ogni voragine ha le stesse sembianze di un individuo specifico.
Sia in Uzumaki che in Tomie la narrazione è più episodica, mentre in Gyo c’è una narrazione più lineare. È una cosa voluta o casuale?
Lo stile che sento più vicino alla mia indole è quello delle storie brevi per diversi motivi. Il primo è il fatto che sia una persona molto pratica, ad esempio visto che le riviste e i giornali in Giappone hanno una diffusione digitale molto più vasta rispetto all’Italia. Pubblicare mensilmente mi sembrava scomodo per delle serie lunghe, perché sentivo che i lettori alla lunga si sarebbero dimenticati cosa avevo scritto nel numero precedente. Non sentivo particolarmente adatte le pubblicazioni settimanali, perché sono abbastanza lento e per fare qualcosa di buono ho bisogno di un mesetto. Il mio debutto è avvenuto una ventina d’anni fa per una serie mensile e anche in quel frangente pubblicavo storie brevi. Gyo è stato un’esperimento su cui ho voluto cimentarmi per la prima volta, anche se pubblicato settimanalmente, per provare a scrivere una storia più lunga.
Vorrei sapere qual è stato l’approccio del sensei per Lo Squalificato, un’opera un po’ scomoda già rappresentata da altri autori, e se c’è un altra opera letteraria di qualche altro autore che le piacerebbe disegnare.
I miei manga horror sono principalmente dedicati a un pubblico femminile, con Lo Squalificato volevo abbracciare un pubblico più ampio. Con questa voglia, feci una proposta al mio editor, che mi passò una lista di titoli che potevano interessarmi, tra questi c’era proprio Lo Squalificato, il motivo è che la storia originale mostra una persona che non riesce a interagire come si deve con il prossimo, e si crea volutamente un alter ego, e l’ho visto come il riflesso della sociopatia che provavo da piccolo. Precedentemente anche Usamaru Furuya aveva lavorato su un progetto simile e se ne fossi stato al corrente, avrei scelto un altro titolo.
Può raccontarci qualcosa dell’incontro di ieri con gli altri Masters of Horror (Dave McKean, Ruggero Deodato)?
Uno dei temi principali è stato quello delle nostre opinioni di Frankenstein. Abbiamo avuto uno scambio di opinioni molto interessante dai nostri punti di vista. Le opere di Dave McKean mi hanno colpito molto, lo stesso dicasi per Ruggero Deodato, una persona di grande talento. Parte dell’incontro si è tenuto in inglese e purtroppo non me la cavo tanto bene, per cui devo ringraziare Tommaso, il mio interprete. Sono tutti artisti di altissimo livello e averli incontrati mi ha fatto venire in mente che devo darmi ancora più da fare nelle mie opere e nel mio lavoro.
E per questa volta è tutto, attendete l’uscita dei prossimi Press Café e interviste! Abbiamo ancora tanto materiale da pubblicare!
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