Il riso: lezione di etnobotanica

Il riso è uno degli ingredienti principali della cucina giapponese (esiste proprio una variante del riso chiamata “japonica”, oltre alla indica e javanica), ma sono diffusi anche pasta, pesce, verdure e legumi, conditi solitamente con le varie spezie locali. La carne è presente in alcuni piatti di origine straniera ma, generalmente, è assente nella cucina tradizionale giapponese.
Oggi ci concentreremo sul riso, uno dei tre cereali fondamentali dell’economia mondiale (assieme al mais –il cereale del Nuovo Mondo- e ai grani -cereali che hanno caratterizzato l’area mediterranea e la vicina Asia-).Il riso è l’unico cereale che vive in acqua, in un ambiente un po’ povero di ossigeno, e dunque va coltivato in campi allagati (le cosiddette “risaie”); in alcune zone del sud-est asiatico, invece, viene coltivato su terreni normali a causa delle frequenti e abbondanti piogge.

Ma cosa è un cereale?

Innanzitutto, occorre distinguere tra i veri e gli pseudo- cereali.
Il riso è un vero cereale assieme al grano, mais, alla segale, all’avena e all’orzo.
I veri cereali sono quelle graminacee domestiche che forniscono all’uomo semi che si trasformano in farine. Sono composti da:

  • culmo → fusto delle graminacee. Spesso è pieno ma, non di rado, se si schiaccia, si sente che è vuoto;
  • foglia → attaccata al culmo;
  • spiga → infiorescenza composta. Nell’ambito delle angiosperme, non c’è un’infiorescenza più complessa di quella delle spighe. La spiga è formata da una serie di unità (le spighette) ognuna delle quali è formata da 2-3-4 fiori (dipendentemente dalla graminacea che stiamo considerando). La spighetta, quindi, è un’infiorescenza in quanto è un insieme di fiori.

In parte, dopo la fecondazione, si ottiene il frutto chiamato cariosside (seme avvolto da una pellicola).
Per molto tempo i cinesi avevano detenuto il monopolio delle coltivazioni di riso fino a farlo “espandere” nelle altre regioni e farlo conoscere agli arabi che ne favorirono la diffusione nelle aree mediterranee. Il riso arrivò poi nel Nuovo Mondo e per questo oggi viene chiamato “il cereale universale”.


La coltivazione del riso

Il terreno su cui si coltiva il riso ha bisogno di molto azoto quindi, molto spesso, si usano fertilizzanti azotati (ma non è sempre la scelta migliore!). Per questo, a rotazione, vengono coltivate le leguminose (che vivono in simbiosi con batteri che fissano l’azoto) per un anno e, l’anno successivo, viene coltivato il riso. Lo sovescio è una tecnica agricola che consiste nell’interrare i corpi delle leguminose in modo da arricchire il terreno di azoto.
Un altro metodo è quello di mettere nelle risaie la Felce galleggiante (Azolla filiculoides) per arricchire le stesse di azoto. Questa felce ha la capacità di moltiplicarsi agamicamente dunque il suo corpo si frammenta in più parti e si moltiplica.
All’interno della Azolla vive, in simbiosi, l’Anabaena azollae, un cianobatterio.

La lavorazione del riso.

Ciò che si raccoglie dalla pianta è rappresentato dal risone, seme non digeribile avvolto da una pellicola e da qualche altro involucro.
Si effettua la sbranatura che consiste nel liberare il seme del riso da tutti i suoi involucri e si ottiene così il seme che subisce la sbiancatura, fase in cui vengono eliminati gli strati esterni al seme. Resta dunque solo il cuore -contenente amido- che viene sottoposto a oleatura per poterlo conservare meglio. Si effettua poi la brillatura con glucosio e talco per renderlo apprezzabile alla vista.
Dunque il riso viene privato delle sue vitamine e di tutte le sue proprietà e per questo è preferibile mangiare riso integrale, anche se più difficilmente digeribile.
All’epoca, spesso ci si nutriva solo di riso, privato degli strati più esterni, e quindi si andava incontro alla malattia Beri-Beri causata da una grave carenza vitaminica che portava a disturbi gastro-intestinali, nonché al sistema nervoso e, nei casi estremi, alla morte.

Usi del riso.

  • Alimentazione umana;
  • alimentazione animale;
  • realizzazione di bevande;
  • realizzazione di cosmetici.

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