Intervista: Kengo Hanazawa

Dopo l’intervista a Miki Yoshikawa, ho intervistato anche Kengo Hanazawa, autore di I am a Hero ed ospite della manifestazione lucchese.


Shinji Kakaroth: Ci può dire come è nato I am a Hero e se è rimasto sorpreso quando ha riscosso così tanto successo, non solo in Giappone ma anche da noi in Italia?

Kengo Hanazawa: La mia serie precedente, Boys on the run, era pubblicata su una rivista settimanale e questo tipo di pubblicazione ha dei tempi molto serrati, per cui avevo un accumulo di stress spaventoso. Lungo il tragitto dallo studio verso casa vedevo tutti i giorni lo stesso panorama cittadino e avevo una voglia di spaccare tutto. Potremmo dire che I am a Hero nasce proprio da questo mio desiderio di distruzione della città dovuta allo stress a cui ero sottoposto. Ne ho parlato col mio editor che mi ha suggerito di incanalare questi sentimenti nella mia opera successiva. A quel punto ci siamo chiesti quale sarebbe stata la modalità o la tematica adatta a trattare il tema della distruzione, rendendoci conto che nei manga giapponesi lo “zombie” non è ancora una tematica che è stata affrontata in maniera esaustiva, per cui abbiamo deciso di fare un manga che sfruttasse la tematica degli zombie.

Ero consapevole che la tematica degli zombie fosse una tematica di grande successo a livello mondiale, ma sono rimasto molto sorpreso che il protagonista di I am a Hero, che è un anti-eroe per eccellenza privo di tutti gli elementi eroici che caratterizzano i protagonisti di altre storie, venga non solo accettato e compreso, ma che abbia anche successo all’estero. Anzi, vorrei proprio chiedere al pubblico straniero come mai piace così tanto.


Shinji Kakaroth: Recentemente al Press cafè ha affermato che per creare Hideo si è ispirato un po’ a se stesso, e alle sue esperienze. Quanto di lei ha riversato in Hideo, come le manie o le fissazioni?

Kengo Hanazawa: Ad esempio il fatto che il protagonista sia molto pauroso è una cosa che ci accomuna. Nel primo volume ci sono queste scene dove lui si crea una barriera e dorme al suo interno, be’ quella è una cosa che io stesso facevo, quando frequentavo le scuole medie.


Shinji Kakaroth: Il mondo attorno al protagonista comincia lentamente a impazzire, eppure le persone che incontra in metropolitana fanno quasi finta di niente di fronte a tanta violenza. Voleva essere forse una critica al menefreghismo spesso dilagante nell’attuale società giapponese?

Kengo Hanazawa: Sicuramente c’è un desiderio di enfatizzare l’indole pacifica naturale dei giapponesi, ma di contro, questo atteggiamento corrisponde proprio a una sorta di estetica del popolo giapponese. Ad esempio il Giappone è un paese dove anche nelle situazioni più paradossali, non ci sono scene di panico, dove difficilmente si verificano in situazioni simili saccheggi o atti di vandalismo.

Shinji Kakaroth: Oltre all’indifferenza collettiva, nel suo manga c’è un altro tema attuale, ovvera i media su internet come youtube e 2chan. Che ne pensa di questo nuovo modo di comunicare?

Kengo Hanazawa: Sicuramente lo sviluppo di questi nuovi mezzi di comunicazione ha incrementato in Giappone il fenomeno sociale degli hikikomori (termine usato per persone che per un malessere sociale decidono di recludersi in casa e non avere contatti col mondo) o dei neet (Not Education Emploiment Training – ovvero chi non studia, non cerca lavoro e non fa tirocini). D’altra parte questi mezzi amplificano ed aumentano le possibilità di comunicazione interpersonale, per cui ci sono come sempre dei pro e dei contro. Ma se vi chiedete come mai abbia inserito questi mezzi di comunicazione all’interno della mia opera, la risposta è che inserire scene con personaggi politici autoritari come il primo ministro o il presidente della repubblica, avrebbe dato un’idea di realismo inferiore all’interno dell’opera. Invece il propagarsi delle notizie attraverso 2channel dà maggiore coralità e maggiore realismo.


Shinji Kakaroth: Il manga è molto ben trattato ed ha scene molto ben fatte. Sembrano quasi i setting di un film. Hanno pensato di farle una proposta per una versione live o drama di I am a Hero?

Kengo Hanazawa: Ogni tanto arriva qualche richiesta, se ne parla però non c’è ancora nulla di definito o di concreto.


Shinji Kakaroth: Se un giorno si dovesse svegliare in un mondo simile a quello descritto nel suo manga, come si comporterebbe?

Kengo Hanazawa: Mah, chissà, non saprei. Forse mi suiciderei.


Shinji Kakaroth: È un fan degli horror o degli Zombie Movie? Può dirci qualche titolo di film che l’ha ispirata per I am a Hero e se sono film giapponesi o occidentali?

Kengo Hanazawa: Ho iniziato seguendo l’onda di film con gli zombie che corrono, L’alba dei morti viventi il remake nuovo, Rec, 28 giorni dopo. Questi tre film mi hanno fatto appassionare ai film di zombie e ad interessarmi di questo argomento.

Shinji Kakaroth: Gli zombie di I am a Hero assomigliano ai mostri apparsi in The Ring (Ringu) e The Grudge (Ju-on). Quali sono i suoi mostri preferiti? Se dovesse diventare un mostro, che mostro vorrebbe diventare?

Kengo Hanazawa: Se avessi la possibilità di trasformarmi in un mostro, probabilmente vorrei tramutarmi in uno spirito o un fantasma giapponese per combattere e sconfiggere i fantasmi giapponesi che fanno paura e che cercano di trascinare sempre i vivi verso il regno dei morti.


Shinji Kakaroth: Quale crede sia il più grande pregio e quale il peggior difetto di I am a Hero? C’è qualcosa che le piace di più o di meno di I am a Hero?

Kengo Hanazawa: Il difetto maggiore è che il protagonista ci mette un sacco di tempo a crescere e maturare interiormente e quindi la storia ci mette tanto tempo per andare avanti. Invece non ho mai pensato al miglior pregio. Tendo ad avere una visione abbastanza negativa, quindi ogni volta che finisco un capitolo e lo consegno, vengo preso sempre dalla depressione, probabilmente una volta che la serializzazione settimanale sarà conclusa sarò in grado di rivedere l’opera con un occhio più oggettivo e individuarne difetti e pregi.

Shinji Kakaroth: Cosa ne pensa dell’Italia? In questi giorni ha visto qualcosa di interessante e ha mangiato qualcosa si buono?

Kengo Hanazawa: Innanzitutto il cibo italiano è fantastico. Sono qui da quattro giorni e tutto quel che ho mangiato è stato sempre squisitissimo. Invece quel che mi ha colpito molto è che a volte ho visto dei bagni senza la tavoletta, una cosa che mi ha davvero sconvolto.


Shinji Kakaroth: Qual è il suo sogno per il futuro?

Kengo Hanazawa: Il mio sogno è di continuare a scrivere manga e storie sempre più interessanti almeno per i prossimi 10 anni. Dopo vorrei fermarmi, trasferirmi in campagna e fare una vita tranquilla, magari con il mio orticello.


Inoltre vi proponiamo anche il Press Cafè tenuto dal maestro Hanazawa, al quale ovviamente eravamo presenti.

Domanda: Nel suo manga c’è una tematica importante, un’umanità ormai verso la fase del non ritorno e pronta a ricominciare. Una tematica ampiamente sfruttata non solo nei manga, ma anche in tanti altri media. Perché questa tematica ha tanto successo?

Kengo Hanazawa: Sicuramente ritengo che a livello mondiale ci sia questo senso di soffocamento nei confronti della contemporaneità, per cui opere di questo genere hanno successo. In particolare in Giappone ci sono stati degli eventi, durante il terremoto del Tohoku, che hanno accentuato in qualche modo questo tipo di sentimento. Ma principalmente I am a Hero nasce come valvola di sfogo della mia situazione di stress e di tensione personale.


Domanda: Quanto coincidono il personaggio e l’autore e quanto è diverso da lei?

Kengo Hanazawa: Utilizzare me stesso come modello per il protagonista dell’opera è stato lo strumento più efficace per dare realismo. Anche da un punto di vista esteriore, l’ho fatto molto simile a me, anche come carattere. Nella storia però, al protagonista viene richiesto di avere coraggio e mostrare polso in determinate situazioni e sicuramente da quel punto di vista Hideo è più coraggioso di me, io sarei probabilmente più fifone.

Domanda: Nel secondo capitolo di I am a Hero il protagonista afferma che i manga, pur essendo il punto più alto della cultura nipponica, sono sottovalutati e non apprezzati abbastanza. Condivide questa opinione e da dove deriva questa contraddizione?

Kengo Hanazawa: Pur rispondendo a delle influenze estere, come i cartoni animati della Disney, il fenomeno dei manga in Giappone si è sviluppato ed ingigantito in modo tale da diventare un fenomeno del tutto originale e peculiare di una determinata cultura. Per questo credo rappresenti il popolo giapponese, eppure ritengo, come dice Hideo, che i giapponesi guardino sempre dall’alto in basso quando si tratta della cultura dei manga. Forse dipende dal fatto che i giapponesi sono un po’ esterofili, quindi il manga, che è un prodotto culturale autoctono, viene spesso sottovalutato.


Domanda: Al momento la tematica degli zombie sta vivendo il massimo splendore, grazie a serie come The Walking Dead e non solo. A che cosa si è ispirato per l’inserimento degli zombie in I am a Hero e quanto questa tematica riflette la condizione della società odierna?

Kengo Hanazawa: Sicuramente ci sono state delle opere che mi hanno influenzato, in particolare L’alba dei morti viventi, Rec e 28 giorni dopo. Sono opere in cui c’è l’elemento innovativo dello zombie che corre, per cui sono stato un po’ influenzato da queste opere. In effetti la società giapponese è un tipo di società in cui chi emerge, chi è diverso dagli altri, chi è un po’ stravagante, tende ad essere schiacciato e livellato a quella che è una società molto uniforme. Da questo punto di vista, gli zombie in effetti sono un po’ tutti uguali, quindi, sì, riflette questa condizione.


Domanda: Collegandomi a questa domanda avrei una curiosità. Il prodotto manga che viene ormai esportato universalmente, ha un impatto sociale su di noi, sull’Italia in particolare, negli ultimi 20 anni, che ha radicalmente modificato gran parte delle usanze rispetto a quello che è il Giappone conosciuto. I ragazzi del giorno d’oggi conoscono un Giappone falsato dai manga. Rispetto alla sua opera, che comunque è un’opera fantastica e non realistica, la discussione del manga nell’occidente rispetto alla società zombificata lei come lo legge, di fronte a noi che abbiamo come il Giappone una cultura esterofila ed assumiamo i manga come cultura giapponese al top?

Kengo Hanazawa: Innanzitutto il fatto che il valore del manga in Italia sia così riconosciuto mi fa molto piacere, mentre per quanto riguarda la situazione speculare che si crea, vuol dire che anche in Italia c’è la tendenza a sottovalutare un prodotto originale autoctono, rispetto a qualcosa che proviene dall’estero. In Giappone questo sentimento è molto forte, per cui quel che proviene dall’estero è più kakkoi, più cool, rispetto a quel che è giapponese. Probabilmente il sottovalutare i prodotti della propria cultura dev’essere una tendenza comune.


Domanda: Rispetto alla cultura giapponese esportata, Guillermo del Toro ha ammesso le chiare ascendenze orientali del suo film, Pacific Rim.  Oggi il cinema giapponese e orientale in generale sta influenzando pesantemente il mercato americano. Com’è vissuta in Giappone quest’influenza che si ha oltreoceano?

Kengo Hanazawa: Sicuramente il fatto che un film hollywoodiano si ispiri alla cultura giapponese non puo’ che farmi piacere, d’altra parte mi chiedo se forse Hollywood abbia esaurito le tematiche ed abbia bisogno di attingere all’estero. Mi auguro che un giorno una mia opera possa diventare un blockbuster americano.


Domanda: Uno scenario apocalittico che purtroppo avrà vissuto di recente, come per l’appunto il terremoto del Tohoku, se quest’opera avesse iniziato dopo questo disastro, al posto della catastrofe zombie, avrebbe potuto ispirarsi usando uno scenario con una catastrofe naturale con radiazioni e altro?

Kengo Hanazawa: No, credo proprio il contrario, proprio per una questione di sensibilità. Un opera post 2011 basata sulla radioattività o disastri come terremoti sicuramente l’avrei evitata.


Domanda: Solitamente nell’immaginario, la figura dello zombie è rappresentato mentre torna in vita dal mondo della morte o tramite contagio. Lei ha scelta questa seconda opzione, come mai?

Kengo Hanazawa: In Giappone non ci sono cimiteri, visto che quasi tutti veniamo cremati, per cui è stata un po’ una scelta obbligata. Inoltre una delle tematiche che vorrei portare avanti all’interno della storia è la ricerca della causa di questo fenomeno, per cui da questo punto di vista la tematica del contagio si prestava maggiormente, anche se questa tematica non è ancora emersa, sicuramente ci lavorerò sopra.


Domanda: Io vorrei fare una domanda su un’altra opera, Ressentiment. In Italia è appena uscito il primo numero di quest’opera, l’ho letto e ho trovato punti di contatto con altre opere storiche che hanno come argomento il mondo virtuale, come Video Girl Ai, Serial Experiments Lain. Nella sua esperienza, l’avvento del virtuale ha cambiato i rapporti interpersonali in Giappone?

Kengo Hanazawa: Sì, ho letto Video Girl Ai su Jump, quindi è possibile che ne sia stato influenzato. L’esistenza di una realtà virtuale attraverso i videogiochi e la comunicazione via internet entrata nel quotidiano, sicuramente ha influenzato il Giappone come la presenza del fenomeno sociale degli hikikomori.

Domanda: Sono rimasto davvero colpito dal primo capitolo di I am a Hero, dove senza quasi alcun dialogo viene presentato il protagonista, Hideo, un ragazzo affetto da disturbi ossessivi-compulsivi e da visioni di spettri. Come è nato questo primo capitolo e quante volte ha dovuto rivederlo prima di ottenere la versione che è stata pubblicata?

Kengo Hanazawa: I am a Hero è un manga pubblicato su una rivista settimanale, e avevo già deciso con l’editor che mi è stato affiancato che la tematica del manga a lungo termine sarebbe stata quella dello zombie. In merito al primo capitolo, mi ero consultato con l’editor sul modo di introdurre il personaggio principale. È venuto fuori nel corso di un incontro che lui è un po’ fobico e maniaco, per cui abbiamo pensato di parlare delle fobie di Hideo. Io stesso mi comporto in maniera simile. Questa versione è stata la prima stesura che abbiamo mantenuto, visto che avevamo discusso molto con l’editor prima di realizzare il plot del name.


Domanda: Nonostante attorno a lui stia scoppiando il finimondo, Hideo si comporta un po’ come un cittadino modello, quasi seguendo il giri, gli obblighi sociali, il senso del dovere. Paga il tassista nonostante sia morto, continua ad usare i distributori automatici al posto di scassinarlo, quasi un atteggiamento di estraneamento dalla realtà. C’è un parallelismo con la società moderna oppure ha qualcosa a che vedere con la personalità del protagonista?

Kengo Hanazawa: In qualche modo quell’aspetto del protagonista è un po’ comune al giapponese medio, per esempio anche in occasione del Tohoku non ci sono stati atti di vandalismo. Il giapponese quando metropolitana è bloccata, scende ordinatamente, mettendosi in fila. Quindi è un aspetto peculiare dei giapponesi. Forse questo atteggiamento dei giapponesi è una fuga dalla realtà, forse è il loro modo per contenere il panico e la paura.


Domanda: Sia in Boys on the run che in I am a Hero, il protagonista parte come un perdente, poi c’è un’evoluzione nel corso del manga. Come mai questa scelta del protagonista?

Kengo Hanazawa: Per rendere un personaggio realistico e credibile. Se disegnassi un eroe credo che sarebbe poco credibile. Il fatto di prendere ispirazione da me stesso, mi porta a descrivere questo tipo di personaggio perdente. Se un giorno sarò maturato e cresciuto, magari riuscirò a descrivere personaggi meno perdenti.


Ringraziamo come sempre Jacopo Costa Buranelli di GP Publishing/J-pop per la disponibilità e Asuka, che ci ha fatto cortesemente da interprete.

Volete sapere che altre interviste pubblicheremo questa settimana? Restate con noi e lo saprete!

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