L’Incontro

Conoscenze

Le cose non sono mai come sembrano.

É facile essere ingannati anche da chi si ama.

Poiché la menzogna… altro non è che l’aspetto buio della verità.

Conoscenze

– Capitolo 3° –

Una stupida, ecco cos’ero! Una stupida!

Scappare via in quel modo. Ma come diavolo mi era saltato in mente?

L’ultima chance che avevo di apparire normale… era volata via.

Tutto grazie alla mia scemenza.

Che diavolo mi stava accadendo?

Non ero io, quella. Non mi ero mai comportata così.

Mai.

– Mina? Mina, ma stai proprio dormendo oggi -, esclamò una voce alle mie spalle.

– Strawberry, mi hai fatto prendere un colpo. Cosa vuoi? -.

– Be’, l’intenzione era quella di chiederti di darci una mano. Sai, forse non te ne sei accorta… ma il locale è stracolmo di gente, e tu, come al solito, te ne stai qui a fissare il vuoto. Datti da fare, Mina -, mi rispose.

Ridacchiai e la guardai con aria di sfida.

– Non se ne parla proprio. Lo vedi l’orologio? Segna le cinque precise. É l’ora del mio tè. Perciò, togliti di mezzo, Strawberry. Mi stai disturbando -, le risposi altezzosa.

– Ma sentitela. E, per caso, vorresti anche dei biscotti? -.

– Magari! Quelli che fa Kyle sono buonissimi! -, dissi sorridendo.

Strawberry divenne rossa e strinse i pugni.

Era così divertente farla arrabbiare.

– Maestà, di grazia, vorrebbe alzarsi ed aiutarci? -.

– No -, risposi secca, sorseggiando il mio tè.

– Stammi a sentire -, cominciò… va bene, aveva perso del tutto la pazienza.

Non cambiava mai.

Blaterava, blaterava, blaterava… e chi l’ascoltava più?

Avevo perso quella brutta abitudine da parecchio tempo, ormai.

– E comunque, signorinella, non tollero che… -, si bloccò.

Mi voltai e la fissai.

– Straw? Strawberry, ma che hai adesso? Hai per caso visto un fantasma? -.

– Mark -, sussurrò, prima di divenire paonazza.

– Eh? -, inarcai un sopracciglio e per poco non caddi dalla sedia.

E io che pensavo fosse una cosa seria!

– Strawberry, ma insomma! Dopo tutti questi anni!! Si, quello è Mark, si è il tuo ragazzo, si ti ama! Adesso, però, fammi il piacere di riprenderti e… Straw? Strawberry, ma mi ascolti? -.

Aveva lo sguardo sognante, con gli occhi a forma di cuoricino.

– Mark… il mio ragazzo… mi ama… -, continuava a ripetere.

Avrei voluto tirargli la brocca del tè in testa!

– Strawberry! -, urlai.

Mark si voltò verso di noi e sorrise.

– Oh, finalmente si è svegliato pure lui! -, sospirai e mi alzai.

– Salve ragazze! -, ci salutò.

– Senti, saltiamo i convenevoli e portati via questa pasticciona! Non la sopporto più! -.

– Dai, la mia povera gattina! -.

Rabbrividii.

– Shh, ma che dici? Pure tu! Siete tutti così smielati! Su, su, andate a parlare da qualche altra parte, qui stiamo lavorando. Dareste troppo fastidio -.

– Certo, hai ragione! Su, Mark, andiamo fuori. Passiamo dall’entrata sul retro -, rispose lei, tornando in se.

– Ah, ti sei ripresa! Forza, muovetevi! -.

– Smettila, Mina. Piuttosto, prendi il mio posto. Torno subito -.

– Cosa? Strawberry, questa me la paghi! -.

Si voltò e mi sorrise.

Sbuffai e mi diressi verso l’entrata.

Sentii il campanellino appeso sopra la porta suonare.

Estrassi il migliore dei miei sorrisi e cercai di calmarmi. Avrei dovuto rimandare il tè.

– Buongiorno, signore -, esclamai.

– Signore? Dai, ti sembro così vecchio… Mina? -, rispose.

Lo guardai in faccia e per poco non svenni.

– Kei? -.

– Eh già! E così lavori qui, eh? Chi se lo sarebbe mai aspettato -, disse entrando, seguito a ruota da un ragazzo più grande. Aveva i capelli castani chiari e gli occhi marroni scuri. Non era tanto più alto di Kei, e la sua carnagione pallida rispecchiava esattamente quella di lui.

– Perché? -, chiesi.

– Be’, mi sembri una ragazza di buona famiglia. Non mi aspettavo di vederti lavorare. Semmai, credevo fossi venuta qui per prendere il tè -, rispose guardandosi attorno.

Inarcai un sopracciglio. Ma come si permetteva di fare giudizi su di me, così! Nemmeno mi conosceva!

Cercai di calmarmi, respirando a fondo, e gli sorrisi di nuovo.

– Siete in due? -, chiesi, lanciando uno sguardo al ragazzo che era con lui.

– Si -, rispose freddo.

– Bene, allora, prego, seguitemi. Vi accompagno al vostro tavolo -.

– Merci -, disse Kei.

Ma dai, sapeva il Francese? No, magari quella era l’unica parola che conosceva.

– Allora, cosa volete ordinare? -, tornai da loro dopo cinque minuti. (Il tempo che Kei riteneva necessario per la consultazione del menu).

– Mmm, non ho ancora deciso. Tu cosa mi consigli? -, mi chiese un po’ altezzoso.

Va bene, in quel momento gli avrei consigliato di andarsene a quel paese.

Mi trattenni, comunque.

– Be’, il dolce del giorno è il tiramisù, altrimenti, abbiamo altri tipi di dessert, quali il gelato, torta alle fragole… -.

– Prenderò il tiramisù. E tu, Akio? -, chiese al ragazzo seduto di fronte a lui.

– Mmm, credo che invece io ordinerò… la torta alle fragole, si -, disse, anche se non sembrava molto convinto.

– Perfetto. E da bere? -.

– Aranciata! -, rispose Kei, indicando con la mano anche il suo amico.

– Benissimo, torno subito con le vostre ordinazioni -, dissi, e mi dileguai il più in fretta possibile.

– Mina, tutto bene? Mi sembri un po’ pallida -, mi chiese Pam, entrando nello spogliatoio.

– Eh? Ecco, vedi… vieni con me -, le dissi, trascinandola fuori.

Ci fermammo dietro la cassa, dove potevamo benissimo vedere Kei e il suo amico.

– Guarda quel ragazzo laggiù. Quello che ha la camicia bianca e i jeans neri. Quello che sta con il ragazzo dai capelli chiari -.

– Ah, si, quello che sta vicino alla coppia appena servita da Lory -.

– Si. É lui -.

– Lui? Quello con cui hai pranzato ben due volte? -.

– Esatto. Ma è totalmente diverso dal solito. Non sai che sfrontato, che arrogante… -.

– Come te -, mugugnò lei.

– Cosa? Chiariamo, Pam, io sono raffinata e di classe. Lui è… è… -.

– Raffinato e di classe. Ha l’aria di uno di buona famiglia. Proprio come te -.

– Perfetto! Peccato che… -.

– Mina! -, gridò Kyle, – le tue ordinazioni sono pronte, vieni -.

– Continuiamo dopo. Adesso vai -.

– Ma, Pam, tu hai quasi finito il turno -.

– Me ne resterò qui a godermi lo spettacolo -.

– Ehi! Non avevi detto che spettegolare degli altri ed impicciarsi dei loro affari era da immaturi? -.

– Chiariamo, Mina, io non mi sto mica intromettendo fra voi due. Sono capitata qui e ho visto… non posso far finta di essere cieca, no? Su, ora vai a portargli queste benedette ordinazioni -.

– Agli ordini -, risposi con un sospiro.

– Ecco a voi! Perdonatemi se vi ho fatto attendere -.

Per la prima volta da quando era entrato, Kei mi sorrise in modo gentile.

– Grazie, Mina -.

– Prego… ma figurati -, risposi, me lo sentivo, con le guance infiammate!

Alla faccia della rabbia.

Certo, come si poteva rimanere adirati con un tale angelo?

No, no, va bene, dovevo riprendermi.

– Bene… allora, vi lascio mangiare in pace -.

– Ah, un ultima cosa… -, disse.

Mi voltai e notai che aveva infilato una mano nella tasca dei jeans.

– Si? -.

Abbassò lo sguardo e sfilò la mano in fretta.

– No, niente. Lascia perdere -, rispose.

– Va bene… -, sussurrai.

Girai intorno al loro tavolo, cercando di non farmi notare troppo, e vidi il mio nastro blu.

Quello che avevo perso quando ero scappata dal ristorante.

Ne vedevo solo un pezzo, quello che usciva dalla tasca dei suoi jeans.

Ma come… ce l’aveva lui? Perché non me lo aveva restituito?

Impossibile che non si fosse accorto di averlo.

E dubito che avesse dimenticato di averlo preso.

– Ehi, Mina, allora come è andata? -.

– Insomma. Quando ha pagato non mi ha degnata di uno sguardo… anzi, osservava tutti… fuorché me! Comunque, stai tranquilla. Tanto a me… lui… mica mi piace! -, cercai di essere credibile, ma non ebbi un risultato decente.

– Sicura? Se ti arrendi così facilmente… -.

– No, tranquilla, sono sicurissima! Senti, adesso devo scappare a casa. Ci vediamo domani, va bene? -.

– Certo. A domani, allora -.

Le sorrisi e corsi via.

Per fortuna, l’aria si era rinfrescata un poco, perciò si stava bene.

Camminavo tranquilla, osservando, di tanto in tanto, le stelle.

Che strano. Continuavo a ripensare a Kei. Eppure, standogli così lontano e cercando di non vedere il suo volto nella mia mente, era difficile pensare che fosse così irresistibile.

E, soprattutto, che fosse così strano.

“Come te”, aveva detto Pam.

Perché, io ero davvero così? Non che la cosa mi importasse molto, chiariamo.

Però…

I miei pensieri furono interrotti da qualcuno che stava correndo verso di me.

– Ehi, Mina, finalmente sono riuscita a raggiungerti -.

– Strawberry. Che cosa c’è? -.

– Niente, ma di solito torniamo sempre a casa insieme. Oggi, invece, mica mi hai aspettata -.

– Avevo fretta -.

– Di fare cosa? -.

– Di tornare a casa! -.

– E perché? -.

– Oh, ma insomma, cosa vuoi? -.

– Cosa c’è, Mina? Ultimamente sei così agitata… non c’entrerà mica un -.

La bloccai con un gesto della mano.

– No! Nessun ragazzo. Niente di niente. Assolutamente niente. Tutto come sempre, davvero! Bene, io sono quasi arrivata. Ci vediamo domani, eh? Si, ciao! -, corsi via prima che potesse rispondermi.

Perfetto. Ero sul serio diventata Strawberry 2… mischiata a Lory 2.

Ci mancava solo che diventassi matta come Paddy. Allora avrei raggiunto il limite!

Corsi in camera mia e mi sdraiai sul letto.

Basta, dovevo smetterla di pensare a lui.

Tanto, neanche a dire che l’avrei più rivisto.

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