Atto Primo

Atto Primo

E rieccomi qua! XD
Tra uno Stefan là, un Thomas di qua e qualche sprazzo di ispirazione su e giù, mi ritrovo a scrivere di sballati introspettivi, il quale OVVIAMENTE (perché secondo me il bello degli introspettivi è proprio questo **) sta a voi scoprire chi è l’introspettato XDD in ogni caso, forse stavolta ho esagerato con il contortamento delle cose, ma scusate se la persona di cui introspetto è terribilmente contorta! XD
Comunque, se ce la fate e non cestinate o peggio spaccate lo schermo, godetevela! XDDD

P.S. il rating è, secondo me, R, perché anche se nn c’è violenza reale o contenuti sessuali veri, comunque ci sono argomenti un po’ “forti” e pg mi sembra leggerina come cosa XD


“Eccoci qua… allora, ti va d’iniziare?” risposi al suo sorriso con un movimento impercettibile delle labbra, simile ad un sorriso. Che sensazione…

“Sì, però non stare tutto così su! Tranquillo, calmo…. anche se ho la faccia da pedofilo non ti scopo, promesso!” riuscii ad aprire la bocca, mostrando la mia dentatura finemente smussata, con tanto di quattro canini vampireschi molto chic devo dire, sapete quelli fichi che ti ci fai male fino a rantolare per terra dal dolore quando ti ci mozzichi la lingua? Ecco, non potete capire che chic-cheria!

“Ok, ok… il fatto è che non sono abituato a ‘ste cose… cioè, è la prima volta che vado da uno psicologo. Oltretutto la cosa che prende cinquanta euro l’ora…” mi provai ad accomodare meglio sul divanetto di pelle nera, molto elegante devo dire… se non fosse che erano tanti animali morti accartocciati insieme.

“Non ti preoccupare… con chi mi sta simpatico non faccio pagare… scherzavo. È che conosco tua madre. Ahaha… però in cambio chiedo una cosa, sai?” sì, effettivamente se ci penso bene la mamma conosce tanta gente e credo alla fine sia riuscita anche a mandarmi dallo psicologo che – a detta sua – mi serviva perché “non sono normale”. Sì, insomma, le ho detto che sono gay, in più sono vegetariano e vado a letto tardi. Inoltre voglio ogni tanto qualche vestito strano, tipo i guanti neri e fucsia, o solo fucsia.

Tanto normale non sono, ok. Però manco così strano.

“Eh, allora, visto che sei immerso con il boccaglio nei tuoi pensieri, te lo dico io… ti chiedo amicizia. Diventare amici.” sinceramente non sapevo quante sedute voleva questo qua, di sicuro sentii che dovevo alzarmi da quel divano, che mi sembrava di sentire gli animali leccarmi la mano.

“È un copione che danno alla scuola per giovani promesse di psicologia?” mi alzai, iniziando a guardarmi intorno per cercare qualcosa che non sia fatto di pelle: poltrone di pelle, divani, sedie con il cuscino in pelle. Poi lo vidi laggiù: un divano blu di stoffa, identico a quello di casa. Bè, magari un po’ più carino ed elegante.

“Dai, non iniziare a fare come quei malati che vengono qui e diventano cabarettisti solo per fare i chiusi… ma che stai a cercà?” mi mossi deciso verso il divano, anche se non ero ben sicuro di poterlo spostare. Lui mi entrò un attimo nel cervello e ne uscì soddisfatto con la sua bella intuizione da Sherlock Holmes…

“Non lo puoi spostare quel divano, al massimo per domani lo sposto io, comunque se vuoi è abbastanza grande per tutti e due. Ovviamente sempre che non ti schifi.” mi voltai leggermente infastidito dal fatto che mi aveva anticipato, e molto incazzato dal fatto che non potevo spostare il divano, rimasi per un attimo immobile, andando poi a buttarmi per lungo sul divano.

“Mh. Cazzo, sei un mostro di simpatia eh?” mi rilassai quel poco che bastava per permettermi di tenere il confronto con uno psicologo senza sembrare forzatamente un paziente, quindi, uno che sa meno cose. Odio quando la gente si crede superiore.

“Veramente te l’ho detto, non so come fare… mi sono sempre immaginato io, un giovanotto aitante, seduto su una poltrona con i miei bei capelli neri, magari messi in modo intellettuale, mentre mi guardo il marrone degli occhi nella cartellina che dovrei usare per prendere appunti sui pazienti, dicendo “cazzarola, non so’ cambiato pe’ niente, sempre ‘na faccia da cojone”, non mi sarei mai aspettato di trovarmi io dalla parte della vittima psicologica.” mi stesi meglio,allungando i piedi al di fuori del divano e incrociando le mani all’altezza del petto. Uhm, dunque dottore, oggi mi sento… eh? Ah, sì, scusate, mi ero fatto prendere dallo spirito psicologico americano.

“Maddai! Pensa che sono un tuo amico a cui puoi parlare di tutto, no?”

“Ma ai miei amici non posso parlare di tutto.”

“Perché no?” portai lo sguardo da lui alle finestre strette e lunghe alle pareti. I muri giallognoli davano ancora più contrasto alle guarnizioni nere presenti intorno alle finestre. Lo studio era al dodicesimo piano di un palazzo a New Y… porco cane, di nuovo. Scusate.

Eravamo in una stanzetta al primo piano con delle finestre normali, rettangolari, come le avete voi a casa? Magari argentate con una piccola maniglia per aprire e chiudere e tutt’al più quel cazzetto, come si chiama… fermo (?) nero per bloccare la finestra quando aprite, no? No? E che cazzo, ma siete dei barboni.

“Non mi piace piangere addosso alla gente, anzi… sinceramente non mi piace piangere.” dalle finestre passai lento alla parete di sinistra, dove era appesa proprio al centro – come fosse stato un trofeo da mostrare agli amici, tipo “Eh, questa l’ho pagata cinquecento euro usata, sai?” – la laurea di psicologo, specializzato in indovinate cosa? Vediamo se indovinate… immaginate uno di quegli psicologi super intelligentissimi, pagati in maniera paurosa per far recuperare tutte quante le funzioni cerebrali ad una persona, o magari semplicemente dirgli “Ti sei fottuto il cervello e mi hai rotto i coglioni, ora ti sbatto da qualcun’altro.” oppure “Hai un grave problema alle cellule cerebrali, pertanto ti devo passare sotto la cura di uno psichiatra, ok?”, ovvero la stessa identica schifezza.

Quindi ciò che state ora elaborando – e per quelli che non lo elaborano, la risposta esatta è la A: bastardo schifoso che si crede superiore alla gente perché firma carte giuridiche – potrebbe essere giusto, o forse lo è. La dicitura esatta della sua laurea è “Laurea specialistica in neuropsicologia e recupero funzionale nell’arco di vita”. In pratica cura i matti, attesta giuridicamente se una persona è Incapace Assoluto o Incapace Relativo e può tranquillamente rovinare processi e vite come vuole. Insomma, per chi vuole farsi cultura in parole spicciole, è una testa di cazzo. Sul piano puramente lavorativo ovviamente.

“Bé, mica è detto che perché sei maschio non puoi…”

“Non ho problemi ad essere maschio o femmina, sono una persona, piango come tutti.” guardai le varie mensole che sostituivano un normale armadio, incassate nel muro, vicino alla laurea, adibite per sostenere alcune coppe – probabilmente prese a cinque euro alle bancarelle di Natale – e una decina di libri vari, tra cui spiccava un interessante titolone, un libro elaborato quanto la testa di un pugile dopo un incontro perso. Piccole donne.

Io, ora. Mica perché son sessista ma… qualcuno mi spiega che cazzo di libro è Piccole Donne? Ma cosa me ne dovrebbe fregare a me di quattro prostitute in calore, che scoprono due cose in croce, a culo. Ma la cosa peggiore è che osano anche farmi spendere soldi per comprare un libro (QUEL libro) da analizzare a scuola, in classe. Cioè, ma fatemi comprare I Puffi, non lo so, Le Fiabe dei Fratelli Grimm riadattate da Bruno Vespa, Tre Metri Sopra Il… no, questo magari no. È pure peggio. Insomma, tutto meno che quel libro del piffero!

“Su, ora non mi fare il filosofo… secondo te le ragazze ti prendono se ti vedono che ti comporti da femmina, piangi, eccetera?” ecco, un’altra cosa irritante: se il tuo psicologo ha qualche convinzione troppo accentuata, irrimediabilmente tu finirai sotto la sua convinzione. Sempre che non sei un testardo che crede di avere sempre ragione, ovviamente.

“Mica per nulla ma… è così scontato che io voglia essere notato dalle ragazze?” preparate gli striscioni, qui ci sta il coro ultras.

“Bè, alla tua età sì, a meno che non hai qualche problema col gingillo là sotto, o magari ti sei innamorato… ti sei innamorato eh? Eh, brutto romanticone!” distesi un braccio sul divano, convinto a farmi forza su di quello per alzarmi e picchiarlo. Mi limitai a mettermi su un gomito, tirandomi su e guardandolo da circa uno-due metri di distanza, oltre i suoi occhi verdi estremamente da figo. Devo dire però che è un bell’uomo eh!

“Sono gay.” tranquillo, calmo, senza particolari accenti o pronuncie strane. Semplice, così come mi sembra la cosa.

“Gay? Tu?” notai un sorriso d’incredulità – forse dato più dal fatto che lui si sentiva un Dio Onnipotente su questo – sul suo volto, tanto che iniziai ad elaborare l’idea di andarmene dopo averlo malmenato a morte.

“Sì. E della peggior specie. Vuoi psicoanalizzarmi per sapere se ho qualche trauma infantile o vuoi sparare a raffica dicendo cose tipo “bè, tuo padre non c’è stato mai, non hai mai avuto una figura maschile”, o magari “ma ancora sei confuso sulla tua sessualità, è ancora presto per parlarne”, su, le scelte sono infinite.” guardai il sorriso svanire, sostituito da uno sguardo accigliato, come se avessi provato a toccare la sua posizione di superiormentissimamente superiore.

“No, niente di tutto questo. Per carità non sia mai.” che bugiardo. Come tutte le persone che si vedono i propri pensieri rubati dagli altri, tenta di salvarsi elaborando una cazzata al momento. Chi non lo fa secondo me è un genio, un genio vi dico.

“Oh, bè, allora sentiamo, magari queste non l’ho sentite…” non è che mi piace fare il superiore, però voi capite… quando la gente parte col presupposto di avere ragione, ti OBBLIGA a fare lo stronzo.

“Sai che odio i saputelli?”

“Io odio tutti in questa città, vedi un po’ te…” ed è vero eh. Odiavo, e odio, tutti.

“Ok, ho capito, vuoi essere il mio paziente? Va bene, però poi non dirmi che sei il figlio di tua madre, che le dici tutto, perché a me non interessa nulla. Allora, questo è il registratore che uso per i miei pazienti, ora prendo i miei fogli, la mia cartellina, mettiamo tutto bene e partiamo, ti sta bene?” oh, figo.

“Figo, perfetto!” si alzò ed andò a prendere un piccolo rettangolino nero con qualche pulsante, inserì una cassettina appoggiata vicino all’apparecchio, posò il tutto sulla scrivania, mi invitò a mettermi sulla sedia (con il cuscino di stoffa) con un gesto delle mani, e ci mettemmo a sedere. Magari dopo non è stato più tanto figo… ma si dice che certe cose aiutano.

“Guarda sto stronzetto… allora. Vado.” mise una mano sul piccolo apparecchio, premendo il pulsante rosso e mi rivolse un grosso sorriso divertito.

“Eccoci qua. Allora Matthew… che nome strano. Sono sicuro che hai parenti americani, vero?” nonostante avesse acceso il registratore, e stesse prendendo i fogli insieme ad una cartellina, quasi come una persona seria, sparò la sua prima cazzata. Registrata ovviamente intendo.

Da lì in poi fu una serie di sedute di cui conservo immacolate tutte le registrazioni. Una per una. E le riascolto ogni volta che non capisco qualcosa di me.

Sempre.