Neko no Ongaeshi (jap)

I gatti ritornano. È incredibile ma da alcuni mesi a sta parte sembriamo più una rivista felina, che di anime e manga, ma possiamo dire anche che è da aspettarselo vista la passione che hanno i giapponesi per questi dolcissimi quanto infami (un “gattaro” lo vedi dai segni che ha sulle mani) quadrupedi.

Neko no ongaeshi (Il ritorno dei gatti) è uno degli ultimi lavori in ordine cronologico fatti dallo Studio Ghibli, che come studio che oramai comprende vari autori riesce a sfornare ottimi lungometraggi anche senza l’intervento del regista poeta Hayao Miyazaki.

In questo film cinematografico uscito nelle sale il 19 giugno del 2002, si è voluto ritornare ad alcuni personaggi che già avevano fatto la fortuna di uno dei masterpiece di casa Ghibli e ciò Mimi wo Sumaseba (la cui recensione potete leggere nel nostro fornitissimo archivio) e in particolare a Baron, una statuetta a forma di gatto che aveva fatto impazzire i giapponesi e che si era aggiudicato la palma di uno dei migliori personaggi non protagonisti delle produzioni della casa da parte dei fan, vuoi per la sua classe regale, vuoi per la vicenda che lo contraddistingueva (altro che principe guerriero Ascanio… a quello consiglierei il metodo bolscevico).

Ma veniamo a parlare di questo Neko no ongaeshi, un bel filmetto che vi diletterà per una oretta e un quarto con leggerezza e divertimento. Non aspettatevi quindi le tematiche intrinseche Miyazakiane, nessuna denuncia sociale, nessuna analisi psicologica dei personaggi nè dell’assetto sociale del Giappone odierno, o passato, qui ci troviamo di fronte ad un divertissement, ad una bella favola, con l’immancabile happy end che vi farà felici. Sicuramente non è il film della vita, ma il bello è che non era quello il progetto, era stato progettato per divertire, ci riesce e quindi per dirla in linguaggio economico, la mission è stata perseguita.

La storia.
Haru è una ragazza molto sbadata, lenta, la cui vita scolastica scorre senza alcun scotimento e che quindi la lascia sempre relativamente insoddisfatta. Non ha un ragazzo, ha pochi amici, a casa fa poco e nulla, ma è dotata di un altruismo fuori del comune. La sua vita cambia quando salva un gatto da una morte certa (acciaccato da un TIR) e questo lo ringrazia garbatamente proferendogli parole di elogio. inutile dire che la ragazza rimanga basita, ma ancor più basita rimane la sera quando riceve una ambasciata dal re dei gatti in persona che la invita al suo regno a vsisitarlo per ringraziarla di aver salvato il suo unico figlio nonchè erede al trono. Il giorno seguente dopo aver subito delle situazioni a dir poco particolari, viene eletta dai lacché del re come promessa sposa e trascinata nel regno.

Unici che possono aiutarla?
Il barone gatto Humbert Von Gikkingen, il corvo Toto e il gatto panzone Muta con i quali si recherà nel Regno dei Gatti per affrontare avverse peripezie. Nel suo viaggio e ritorno, Haru perderà e ritroverà se stessa e crescerà mentalmente.

L’aspetto tecnico:
Come vi avevo detto l’anime è molto semplice e la storia altrettanto lineare, non ci sono colpi di scena e quelli che sono presenti sono scolastici e facilmente intuibili, il tutto comunque è reso abbastanza fruibile e il soggetto di Reiko Yoshida (che si basa sul manga di Aoi Hiiragi “Neko no Danshaku, Baron”) è comunque gradevole e sufficiente.

Il character design e le animazioni risultano molto pulite, si è preferito scegliere delle colorazioni vivide e luminose, scelta azzeccata per far ben intendere l’anima giocosa e divertita del prodotto, buono il lavoro svolto da Satoko Morikawa in sede di caratterizzazione dei personaggi altrettanto la direzione artistica di Naoya Tanaka.

Qualche carattere in più lo spreco per parlarvi della sorprendente umanizzazione resa sui gatti e sui loro particolari. Mi hanno particolarmente colpito le bodyguard del re (dovreste vederle sull’estratto del film che potete scaricare) nonché lo stesso erede al trono all’inizio del film quando passeggia per la città con aria regale portando un pacchetto regalo sulla bocca.

La regia di Hiroyuki Morita (per la prima volta alla direzione, dopo numerose collaborazione come key-animator di Kiky e gli Yamada) è altrettanto lineare e scolastica, ma si possono riscontrare alcuni elementi Miyazakiani da cui il regista, che collabora con lo Studio Ghibli da diversi anni, ha preso a man bassa. mi riferisco ovviamente alla scelta dei campi lunghi per ben sottolineare l’ambiente in cui i personaggi si vengono a trovare (nel particolare tecnico Miyazakiano sono i personaggi ad essere elemento dell’ambiente e non viceversa… è il giusto sfogo alla denuncia naturalistica in cui l’uomo-personaggio è parte non dominatrice della natura) nonché il tema del volo a cui viene dedicato una bella parte dell’anime, ma che ahinoi non possiede lo stesso smalto.

Le musiche opera di Yuji Nomi, che già aveva composto le musiche di Mimi wo Sumaseba, accompagnano gradevolmente per tutta la durata del film ma ovviamente non sono della stessa qualità a cui ci ha abituato Joe Hisaishi (ma del resto è anche una cattiveria perpetrata ai danni di Nomi, voler fare un paragone con il maestro).

In definitiva dunque un bel film scorrevole, divertente, ma questo l’ho già detto, che gli appassionati dello Studio Ghibli che non si fanno mancare neanche un loro lavoro sicuramente gradiranno.

Siete invece appena partiti alla scoperta dell’universo Ghibli?

In questo caso vi consiglio caldamente l’acquisto di altri prodotti, magari più titolati e che ultimamente stanno finalmente subendo una localizzazione in italiano (sebbene in alcuni casi sia spuria di alcuni significati per via di un frettoloso adattamento poco tecnico).