Giappone: il WCS di Giorgia Vecchini
La cosplayer Giorgia al WCS di Nagoya

Il WCS di Giorgia Vecchini

Giorgia Vecchini, che molti ricordano come Giorgia Cosplay, è stata la prima cosplayer italiana a vincere al World Cosplay Summit di Naogoya, nel 2005. Tratto dai suoi social (che trovate linkati in calce all’articolo) ecco un suo resoconto in prima persona su quei giorni magici trascorsi alla prima edizione del WCS di Giorgia Vecchini!

7 Agosto 2005- 7 Agosto 2023

Sono trascorsi 18 anni, alcuni di voi non erano nemmeno nati, alcuni troppo piccoli per sapere o ricordare, e molti di noi erano diciotto anni più giovani ( ma tranquilli, siamo ancora bellissimi!).

Io portavo a casa da Nagoya il titolo di World Champion che mi avrebbe cambiato e scombussolato la vita.

Mi dispiace non avere filmati e foto di alta qualità belle come sene vedono oggi, ma potete immaginare che i pixel delle fotocamere digitali (non certo dei cellulari che ancora erano ben distanti dalle ottiche con trilioni di megapixel degli attuali smartphone) erano quel che erano.

Però le emozioni di quella notte, nel cuore dell’Expo, sono vivide come allora e quindi a beneficio di chi la storia la conosce poco, vi racconterò un po’ come è andata.

Mettetevi comodi.

Dovete sapere che il 2005 fu l’anno della svolta per il World Cosplay Summit (d’ora in poi WCS), nelle due edizioni precedenti, infatti, si era configurato come un meeting amichevole tra rappresentanti cosplayer di alcuni Paesi selezionati direttamente dalla Tv Aichi di Nagoya, in base a siti personali e notorietà, per far conoscere e promuovere questa pratica.

Nel 2005 invece, complice anche l’Expo Universale – a tema ecologia- che si teneva proprio nel cuore della città nipponica, la TV Aichi che organizzava l’evento, decise di compiere il famoso salto di qualità, gettando le basi per quello che sarebbe diventato negli anni l’appuntamento più importante a livello mondiale in questo settore e il titolo più ambito per un cosplayer.

I cosplayer del World Cosplay Summit
Il palco del WCS a Nagoya nel 2005

Un vero e proprio campionato mondiale di cosplay.

La Tv Aichi selezionò i Paesi che avrebbero preso parte a questa prima edizione competitiva, in base a quanto l’hobby in questione fosse diffuso e il livello e la qualità dei partecipanti tali, da renderli adatti a una finale estremamente spettacolare. Così il nuovo corso del WCS prevedeva per questa prima edizione rappresentanti di: Spagna, Francia, Italia, Germania, Cina, USA e Giappone (con tripla rappresentanza, per le tre diverse regioni).

A differenza di tutte le altre edizioni che prevedono una partecipazione di coppia, vista la singolarità dell’evento cui il WCS era collegato, l’Expo Universale appunto, venne stabilito di rendere la gara differente, selezionando ben 4 rappresentanti per Paese, che avrebbero  gareggiato  sia in team 3 di persone che in singolo. Infine, conteggiando i voti di ambo le classifiche si sarebbe decretato il Paese vincitore. E, non per niente, inserirono la finale del WCS sullo stage del grande Dome di Nagoya nel cuore dell’Esposizione, rendendo questo show di fatto una delle attrattive principali del ricco palinsesto.

Un po’ come se a Milano fossimo stari in cartellone al posto del Cirque du Soleil e il suo “Alla vita!”.

La kermesse fieristica linkata con il WCS per le selezioni italiane fu da subito Romics.

Puntai immediatamente alla possibilità della selezione in singolo, realizzando un costume di Alcyone di Magic Knight Rayearth nella versione dell’oav e  aggiungendoci un tocco personale con delle piume che arricchivano lo strascico del lungo mantello lilla. Quell’anno peraltro feci doppietta, miglior cosplay femminile e rappresentanza italiana al WCS…non stavo più nella pelle!

Con me vennero selezionate per la partecipazione di gruppo anche le sorelle Emilia ed Elena Fata Livia  e, per completare il terzetto, anche la ben nota Francesca Dani d’ufficio: i giapponesi la volevano assolutamente perché era arcinota nella terra del Sol Levante, che avesse preso parte o meno alle selezioni romane. Del resto, è la Tv baby!

La fortuna delle selezioni del Romics autunnale è soprattutto quella di dare un grosso vantaggio sugli altri partecipanti: significa di fatto disporre di quasi un anno di tempo per inventarsi qualcosa e avere anche il tempo di sperimentare e provare.

Personalmente avevo già le idee chiare: dovevo realizzare qualcosa che fosse al contempo attuale ma che andasse a toccare il cuore della gente. Tre minuti di tempo e nessuna possibilità di aiuto sul palco. Queste le regole.

Sapevo da un confronto preliminare che le altre rappresentanze singole avrebbero o ballato o cantato. La strada del canto era per me percorribile senza problemi (ho vinto anche la gara di karaoke durante il WCS…così per non farmi mancare nulla! Sì, sto flexando come dicono i ggggiovani), quanto a ballare, non era esattamente una performance che sentivo nelle mie corde, e comunque tutto sarebbe stato subordinato alla scelta del personaggio.

La scelta del personaggio

Finché ecco l’illuminazione.

Era appena uscita la versione live di Devilman, sicuramente dimenticabile, ma l’arpia Silen, la versione di Silen proposta in cg era assolutamente perfetta. Elaborata quanto basta per sfoggiare un cosplay d’impatto, attuale per dimostrare di essere comunque sul pezzo ma con un personaggio rimasto nel cuore di ogni appassionato, senza contare che questa mise moderna decisamente più casta dell’originale di nagaiana memoria, mi avrebbe evitato anche l’opzione “ciao ciao belle tettine” (cit).

Durante quell’estate ero hostess di terra presso l’aeroporto Catullo, per cui lavoravo di notte al costume e di giorno in aerostazione; a farmi compagnia ci pensava la defunta rete Telenuovo veronese che dava in replica tutte le sere quel gioiellino di  Starblazer. Così, ispirata dalla saggezza del capitano Avatar, incollavo piume, sistemavo artigli e pitturavo teste mozze.

Turismo in Giappone
Italiane scatenate in Giappone

Il Giappone arriva in Italia

Nei miei sogni avevo già messo una zampa su un’ipotetica vittoria.

 Ora bisognava fare bella figura anche sulla delegazione giapponese in visita per le classiche riprese pre-gara a casa mia.

Carbonara di rito, buon vino, vassoio infinito di melone gentilmente offerto da un amico che, coltivandoli, non sapeva più dove metterli, e per finire l’intramontabile tiramisù. Giapponesi in visibilio che non sapevano più dove guardare e si scofanavano e fotografavano l’impossibile davanti a tanto ben di Dio e….taac, anche questa era fatta.

Fasi finali del costume

Ovviamente tra lavoro e università mi riduco comunque all’ultima sera a finire tutto, e a fare la prova ufficiale. E lì panico. Il copricapo piumato è composto da un unicum centrale a cui sono in seguito avvitate lateralmente le due grandi ali, e una volta indossato, non sta in equilibrio neanche a pagarlo ma continua a cadere in avanti. Sono sempre quasi 9 kg di intelaiatura e materiale.

Bye Bye cervicale.

Sono letteralmente disperata, mesi di lavoro e non sta in piedi. Ma ecco che sopraggiunge in aiuto Il Bepo, il dio del bullone, il re dell’avvitatore, il magister dell’Equilibrium e della simmetria che mi realizza in quattro e quattr’otto una sorta di ”T” in alluminio che si aggancia alle due ali e si infila nella mia schiena fino in zona L4-L5. Il tutto magistralmente nascosto da piume che Eternal SailorMoon spostate proprio. Certo la mobilità non sarà stata superfluida, ma avevamo già detto no che il ballo non era esattamente nelle opzioni contemplate, giusto?

E infatti mi ero preparata in giapponese una performace recitata dove combattevo idealmente contro Devilman sull’iconica BGM dell’anime, infine avevo la meglio e, alzando la testa decapitata grondante sangue, lo stringevo a me e lo baciavo appassionatamente perché finalmente era tornato ad essere il mio amato Amon.  Alla domanda della giuria sul perché avessi scelto questo personaggio avrei spiegato  di essere sempre stata affascinata dal dualismo del ninjo e del giri (in soldoni : sentimento vs obbligo morale) e che l’arpia affondava comunque le sue radici nella mitologia classica, con un doppio carpiato sarei arrivata all’Inferno di Dante fiera delle mie radici italiane. (A seguire scrosci di applausi nella mia testa).

Era il momento di partire con le colleghe e fare del nostro meglio.

Per tutte noi era la prima volta nella terra dei sogni, e sapere di esserci arrivata con le mie forze e grazie ad una mia passione, mi riempiva il cuore di orgoglio. Non vi nascondo che seppure l’importante sia partecipare, sono andata cercando di portare a casa il titolo. Ci credevo, me la volevo giocare fino alla fine.

Per chi si stesse chiedendo come ho trasportato quell’ambaradan fino a Narita, sappiate che al tempo l’organizzazione non prevedeva rigide regole nel trasporto degli outfit e delle scenografie (il cui pagamento era comunque di loro appannaggio), pertanto trovammo un gargantuelico scatolone della Nivea che doveva contenere un pallet di confezioni di creme, amichevolmente detto “la bara”, in cui contrabbandare ogni tipo di oggetto fuori dimensioni: ali scettri, alabarde e così via.

Viaggio in Giappone

Visto che noi stranieri eravamo un gruppo non eccessivo, lo staff della Tv Aichi aveva predisposto prima della parata di Osu e di altri impegni ufficiali, anche un breve giro turistico nei giorni precedenti all’evento e così pronti via appena atterrati ci scorrazzarono  con un pullmino fino a Tokyo.

Prima meta Mandarake di Nakano. Ovvero la mecca, il paradiso, il Gota, per ogni appassionato otaku che si rispetti. Ma con i tempi serrati degli standard nipponici.
Immaginatevi essere arrivati davanti al sogno di una vita e dopo poco più di un’ora essere trascinati via a forza, sapendo che un giro approfondito richiederebbe come minimo mezza giornata. Ho pianto come una bambina. Il buon Robbberto cercava di rassicurarmi che saremmo poi tornati tutti insieme la settimana dopo il WCS dato che ci fermavamo un po’ in vista, ma voi gli avreste creduto? Parafrasando Dick Dastardly “ Ma quale prossima volta, io voglio comprare subito!”

Le nostre cosplayer in Giappone
Turismo in Giappone per le nostre amiche coslayer

I giorni volano e si susseguono pieni di attività, scoperte, buon cibo e tante novità  arrivando in un battibaleno  al pomeriggio prima della finale. Ci mostrano lo stage dove ci esibiremo e ci fanno fare una prova che consiste  in pratica unicamente  in un defilè per  prendere confidenza con le dimensioni del palco e verificare se la nostra traccia audio funzioni; separatamente ci viene poi chiesto se avessimo esigenze particolari per le luci.

Un po’ poco per uno show live che diventerà successivamente anche un programma registrato, ve lo assicuro, ma tant’è. E qui però attenzione… arriva la novità.

Mi chiedono che pezzo canterò. Io li guardo con la mia tipica espressione a metà tra Pingu che “dice” “In che senso?” e  un “ Me stai a cojonà?”.

Era stato deciso all’ultimo che, per motivi di spettacolo, tutti partecipanti singoli dovessero interpretare un pezzo in giapponese. Panico. Nella mia testa passano immediatamente in rassegna le sigle di anime che conosco in versione originale: Saint Seiya ( Pegasus Fantasy) stupenda ma non centra una fava, Creamy..lasciamo stare, Evangelion – mi aveva fatto vincere la gara di karaoke ma con l’arpia Silen…-,Zambot 3 no, Hurricane Polymar no, Mazinga Z e Cutey Honey (iniziamo ad avvicinarci, sempre Nagai è del resto), Supergals, Pretty Cure… e poi ..lo spazio cosmico, il baratro, il vuoto assoluto.

E niente, tento l’unica cosa che potevo fare: dico loro che non essendomi stato comunicato per tempo, non avevo preparato un pezzo ad hoc, ma che avrei integrato la mia esibizione, a cui non avrei rinunciato per nulla al mondo, con la prima parte dell’opening originale di Devilman.

Affare fatto.

E così nel caldo afoso della notte del 6 agosto di Nagoya, nel parcheggio semideserto fuori dal Toyoko Inn, mentre il nostro trio allerta e pieno di brio, riprovava i movimenti per il combattimento di Soul Calibur , io le seguivo a mo’ di regista e nel frattempo ripassavo a mezza voce “Are wa dare da dare da dare da, Are wa debiru Debiruman Debiruman”.

Il buon Robbberto mi imbeccava ad ogni errore e -o dimenticanza, ma vuoi la stanchezza vuoi la memoria da pesce rosso o una comprensibile ansia da prestazione, non riuscivo a memorizzare tutto il testo con la scioltezza necessaria per un’esibizione perfetta. Ma ormai non c’era più tempo, alle 4 circa in preda a mille pensieri ho cercato di dormire le poche ore che mi restavano. Avrei fatto del mio meglio e in caso di difficoltà avrei improvvisato come sempre: la signora Tsukikage sarebbe stata fiera di me.

Cosplayer personaggi cartoni animati
Una foto di gruppo a Nagoya

Ci siamo: è il 7 Agosto

Controlliamo a più riprese di aver preparato tutto il necessaire da caricare sul pullman e ci dirigiamo nel primo pomeriggio al Dome dell’Expo Universale di Nagoya eccitate e con l’adrenalina a mille.

Lo staff ci dettaglia con un paio di briefing tutti i movimenti della serata, i ritmi sono serratissimi e ci vogliono pronte circa 3 ore prima dell’effettiva salita sul palco.

Il che per me che ho un’impalcatura di 9 kg sulla testa non è esattamente una cosa semplicissima; ottengo tuttavia una sorta di lasciapassare A38 grazie a cui posso indossare solo il corpo centrale del copricapo all’inizio e poi a meno un’ora il resto delle ali.

Tuttavia, anche un’ora con tutto quel peso addosso è insopportabile.

Per cui a mali estremi, estremi rimedi: mi sdraio a terra per dare sollievo a spalle e testa e attendo così il mio turno. Il mio bento è lì che mi aspetta in camerino, ma i miei pensieri sono decisamente altrove e lo stomaco si è fatto piccolo piccolo.

Giuria e presentatori

Lo show, presentato in pompa magna per l’occasione dal celebre attore-doppiatore- cantante Toru Furuya (tra i suoi personaggi Seiya/Pegasus, Tuxedo mask/Milord, Amuro/Peter Rei e Kyosuke Kasuga/Johnny tanto per citarne alcuni…) e dalla star Tv Tomoe Shinohara, vedeva in giuria nomi di spicco, tra cui la mangaka Ban Ippongi, il cantante Kageyama Hironubu (Dragonball vi dice nulla?) capitanati, è proprio il caso di dirlo, nientemeno che dal compianto sensei Leiji Matsumoto.

Ripensandoci a  posteriori, chissà che non fosse un segno del destino  che ad accompagnarmi in quelle lunghe nottate estive fossero state proprio le avventure della Yamato. Il mio ordine di salita è il n.7, un numero che mi piace: sufficientemente distante dalle prime uscite, ma non proprio fanalino di coda.

La tensione è palpabile, l’espressione delle rappresentanti francesi quando mi vedono uscire dal camerino è tutta un programma, qualcuno si mette le mani nei capelli, F4 sparsi; di sicuro non passo inosservata e tanto mi basta per acquisire sicurezza nelle mie chance e apprestarmi a lasciare il segno anche nel cuore dei giapponesi.

Come ho scritto in precedenza sono volata in Giappone con lo scopo di provare a portare a casa questo titolo. Non tanto per vanità, ve lo assicuro, ma per una serie di ragioni.

Soddisfazione personale certamente, inutile negarlo, l’idea di mettersi alla prova e migliorarsi e sfidare gli altri è un propulsore fortissimo. Sono una persona competitiva? Il giusto credo, prova ne sia che dopo la vittoria al WCS, avendo già raggiunto quello che per me era il titolo più importante, non ho più partecipato a nessun contest, nonostante fossi nel pieno della mia “carriera” da cosplayer. Quindi perché ci tenevo tanto?

Cosplayer di personaggi dai videogames
La squadra italiana al completo

Perché era un riscatto. Un riscatto personale agli occhi di chi mi aveva sempre preso in giro per la mia passione forte per anime e manga e cultura pop in generale, quando non era per niente trendy essere nerd. Perché sarei stata quella che ce l’aveva fatta. In barba a pregiudizi e categorizzazioni che a quelli della mia generazione han sputato addosso fin da ragazzi. “ Cose da sfigati”, “Ma quando cresci?” e analoghi…quante volte le abbiamo sentite? E  lo so che molti di voi sanno esattamente di cosa parlo, di cosa volesse dire a scuola o in compagnia essere quello/a strana/o.

Non che ne avessi fatto una malattia, come potete ben vedere dal mio percorso…anzi diciamo che per varie ragioni nel corso degli anni sono tornati tutti a Canossa.

Quindi vincere era ai miei occhi anche un riscatto per tutti “noi”. Non so se questo messaggio sia mai davvero passato, non c’era la forza dirompente dei social allora, ma sappiate che è sempre stato così. E anche per una personalissima rivincita su alcuni haters particolarmente molesti.

Gente che in una scala di simpatia oggi collocheremmo a metà tra Draco Malfoy e Joffrey Baratheon.

Così approfitto per aprire una piccola parentesi e ringraziare i miei genitori che, seppure con legittime perplessità quando hanno capito che questo non era più un gioco, mi hanno comunque appoggiato.

Entrata in scena

Ma torniamo a noi. Scendo la scalinata del Dome che per me aveva lo stesso coefficiente di difficoltà delle scale dell’Ariston per le soubrette di turno, pregando di non inciampare e che le ali facessero il loro dovere, distogliendo l’attenzione dalla mia precaria stabilità.

Lo fanno. Ah se lo fanno! Lo fanno eccome!!

Dal pubblico è tutto un levarsi unisono di “OHHHHHHHHHHHH” e flash scoppiettanti, mentre i presentatori non sanno trattenere continui “Sugoi” e più sgangherati “Sughè”  -entrambi significano “fantastico, meraviglioso”, il secondo, diciamo così, in modo più verace – urlati ad ogni piè sospinto. Sento che ho colto nel segno con questo personaggio.

Giorgia cosplay a Nagoya
Giorgia Vecchini sfila sul palco del WCS

Ora diciamoci la verità.

Io lo sapevo che sto costume era un po’ una sboronata, ma era quello che mi serviva per alzare l’asticella e farmi notare dalla giuria. E questo intento, credetemi, andò ben oltre le mie aspettative.

L’anno seguente i vincitori brasiliani, ci vennero a ringraziare perché erano stati ispirati proprio dal mio cosplay per realizzare le loro grandi ali piumate da Trinity Blood.

L’esibizione al WCS di Giorgia Vecchini

Ci siamo. Cuore a mille. Sono pronta. Il palco è tutto per me. Silenzio assoluto.

Parte la base della sigla Devilman, ma qualcosa non va…. è qualche ottava sopra il mio range vocalico lo capisco subito ma non saprò mai il perchè, una cosa è certa:non arriverò mai a intonare il ritornello se non con un penoso falsetto. Però so  anche per esperienza e da anni di letture di manga spokon che i giapponesi apprezzano e premiano soprattutto l’impegno, la passione e l’ardore che metti in quello che fai, al di la dell’effettivo risultato.

Questi ragionamenti cervellotici che vi sto esponendo come gli spiegoni delle voci pensiero nelle partite di Holly e Benji o dei santi di Athena lungo le scalinate del Grande Tempio, sono stati tutti enucleati in poche frazioni di secondo. Per cui decido di buttarmi.

Inizio a cantare la parte iniziale della strofa …. ed ecco che arriva… la magia agognata, sperata, desiderata…non sono sola!

L’aver scelto un personaggio tanto famoso e amato, per quanto  un’incarnazione più moderna, fa sì che tutti e dico tutti, conoscano a memoria la sigla, sedimentata nella memoria da anni: è come se da noi fosse partito a bomba “Si trasforma in un razzo missile…”.

Il Dome diventa un immenso karaoke all’unisono con me e crea spontaneamente una potente Genkidama che mi regala sua energia:  e se anche non pronuncio bene qualche parola o stono un po’ chissenefrega, ci pensano loro a coprire tutto in un’armonia che non mi aspettavo e che  mi ha reso invincibile. Tanto che, arrivati al ritornello, mi gioco spontaneamente la carta Cristina D’Avena “E adesso voi” (ovviamente in giapponese ) porgendo il microfono al pubblico infoiatissimo, e proseguo poi con il resto della mia performance che è un successo a tutto tondo. Applausi a non finire.

Ban Ippongi della giuria ha gli occhi lucidi e mi dedicherà anche alcune pagine su una fanzine, dove disegna la mia esibizione in stile manga, ricordo prezioso che conservo ancora oggi.

Il resto più o meno lo conoscete no?

Vengo premiata come Best Individual cosplayer, mentre il team francese con il collettivo delle Tokyo Mew Mew si aggiudica il premio come miglior gruppo, ma il posizionamento delle nostre ragazze (mi pare 4° se non ricordo male) fa sì che sommando la mia vittoria con i loro punti, l’Italia si porti a casa anche il titolo di paese vincitore del WCS 2005. Due vittorie su Tre… direi niente male..e il premio ritirato proprio dalle mani del sensei Matsumoto.

Ci potrà mai essere nella mia vita una soddisfazione più grande?

Per alcuni anni successivi tornerò ancora come ospite e avrò modo di conoscere mostri sacri come Go Nagai, Ichiro Mizuki, Monkey Punch, Yumiko Igarashi e tanti altri ancora.

Il colorato mondo del cosplay giapponese
I cosplayer sul palco del World Cosplay Summit

Piccola postilla per chiudere un lungo racconto.

Dopo una manciata di minuti dalla vittoria, mentre lo stavo comunicando telefonicamente a casa, urlando di felicità (i miei erano stati obbligati dalla sottoscritta ad appendere una bandiera giapponese gigante fuori dalla finestra per tutta la durata della trasferta, e ormai tutto il paese seguiva le mie gesta e chiedeva per sapere come stesse andando), mi ha chiamato l’ANSA.

L’ANSA. In Giappone. Come aveva fatto l’ANSA ad  avere il mio contatto? Non lo sapremo mai, e su certe cose meglio non indagare.

Sia come sia la notizia, talmente curiosa e insolita, è stata ribattuta da  numerose testate, e per mesi a casa ho avuto un incessante balletto di Tv e giornalisti che si alternavano per fare servizi e interviste; nello stesso anno il Sindaco mi ha anche assegnato targa premio per meriti illustri portati alla città.

E il WCS di Giorgia Vecchini è stato solo l’inizio… ci avreste mai creduto, cari detrattori, che una “nerd” potesse arrivare così lontano?

Fonti

Instagram

di Giorgia
Facebook di Giorgia Vecchini

Silvio Franceschinelli (DJ Shiru)
Vive qua e là, tra i vari Paesi che frequenta regolarmente il Giappone è uno di quelli che più gli rimane nel cuore. In Italia contribuisce a fondare l’associazione Ochacaffè di cui è il responsabile eventi, dirige la scuola di lingue Il Mulino e coordina le sezioni palco e Giappone di festival quali il Napoli Comicon, il Festival del Fumetto di Novegro, il Be Comics a Padova, ecc. Creatore del progetto artistico K-ble Jungle.