Il mio vicino Totoro di Hayao Miyazaki
Il mio vicino Totoro, immagine iconica dall'anime

Il mio vicino Totoro

Tonari No Totoro

è un film d’animazione giapponese diretto da Hayao Miyazaki, prodotto dallo Studio Ghibli nel 1988. In Italia i diritti sono stati acquistati da Lucky Red che ha prodotto due serie di DVD: una normale al prezzo di 9.90 € e una special edition contenente due DVD al prezzo di 16.90 €.

Il mio vicino Totoro, trama

Il film è ambientato in Giappone negli anni ’50. Le protagoniste sono le due sorelline Mei e Satsuki rispettivamente di quattro e undici anni. Le due si trasferiscono insieme al padre, a Matsu no Gô, dalla città al villaggio di campagna fuori Tokyo, per stare più vicine alla mamma ricoverata in ospedale.

La casa nella quale si stabiliscono, rimasta abbandonata per lungo tempo, sorge nei pressi di un antico e maestoso bosco al cui interno vive Totoro, spirito della foresta che, insieme agli altri Kami suoi amici, porterà le due sorelline in una magica avventura, dove sogno e natura convivono in perfetta armonia.

Giunto nelle sale italiane dopo ben 21 anni dall’uscita dell’edizione originale giapponese (Tonari no Totoro, 1988), è riuscito ad appassionare anche coloro che non ne erano fan oppure chi non lo aveva ancora conosciuto.

Il mio vicino Totoro, Analisi

Tra gli innumerevoli elementi di valore del film, spicca innanzitutto il fatto che esso riesce a distaccarsi nettamente dagli stilemi tipici degli anime contemporanei pur uscendo un po’ di anni fa, trovando un sentiero espressivo che risulta quanto mai valido ed attuale: da questo punto di vista, il primo dato che inevitabilmente salta all’occhio è costituito dal ricorso a disegni tradizionali, superbi sia nel tratto che nell’animazione, anziché all’ormai consolidata tecnica della computer grafica (la quale d’altronde, all’epoca, non poteva costituire quell’ovvio punto di riferimento quale sarebbe divenuto solo in seguito).

In realtà, si tratta solo dell’aspetto più evidente di tutta una serie di particolari che meritano di essere sottolineati, al fine di comprendere il profilo di feconda diversità che contraddistingue la pellicola in questione. Molti film di adesso, spesso si rivolgono ad un pubblico quantomeno adolescenziale, se non esplicitamente adulto, quindi è bello scoprire come il lavoro di Miyazaki segua piuttosto un’altra strada, resa paradossalmente originale proprio dal suo essere dedicata principalmente all’infanzia e ai bambini. Sono questi ultimi, infatti, i veri protagonisti del film, nonché, al tempo stesso, i destinatari dei valori attorno ai quali il regista edifica il suo messaggio di rispetto nei confronti della Natura e della vita.

Mei e Satsuki, in quanto bambine, hanno la capacità di guardare con un altro sguardo, uno più innocente, verso il carattere sacrale dell’ambiente che accoglie l’essere umano.

Nella nuova dimensione della casa in cui vanno ad abitare e dell’imponente bosco che le sorge vicino, esse scoprono un mondo magico e sorprendente, il quale restituisce ai loro occhi quella fantasia attraverso cui l’animo di un bambino riesce a percepire le cose che ha dinnanzi, e a notare i piccoli grandi fenomeni che appaiono tutt’intorno a lui, anche se apparentemente senza senso.

Ed è proprio questo uno dei maggiori punti di forza dell’opera di Miyazaki: ossia, il rigetto di uno schema narrativo in cui tutto ciò che accade deve necessariamente trovare una sua giustificazione logica e plausibile.

Al contrario, quello di Totoro è un mondo che non deve e non vuole spiegare né rendere intellegibile alcunché, in quanto sono il fantastico ed il sogno a recuperare un ruolo di centrale importanza, e a disegnare un intero universo fatto di incantevole meraviglia dove perdersi e, al tempo stesso, ritrovare la parte più pura e spensierata di se stessi.

Non a caso, le principali figure adulte (il papà delle bambine, la mamma, la nonnina) assecondano e incentivano la fantasia delle due giovani protagoniste.

In questo modo, allontanandosi dalle produzioni odierne del genere, disseminate di azione, ilarità, incontri e scontri che si susseguono ad un ritmo forsennato, Il mio vicino Totoro lascia invece prevalere il momento della scoperta, del prodigio, della poesia; una poesia delicata e seducente, alla portata di tutti, dalla quale scaturisce il fascino atipico e vibrante della pellicola. Che non è solo una scontata parabola ambientalista ma anche, e soprattutto, un riflesso coerente della spiritualità shintoista giapponese, capace però al tempo stesso di risuonare anche come un evidente appello alla riscoperta del candore e dell’incanto dell’infanzia (troppo spesso trascurati da un certo tipo di cultura occidentale e occidentalizzata) quale chiave di volta per impostare un rapporto nuovo col mondo circostante, più fecondo e genuino.

Fortunatamente, tali caratteristiche dell’opera e del suo notevole significato vengono adeguatamente valorizzate da un doppiaggio in italiano, che non manca di alcune imprecisioni ma che, complessivamente, si dimostra all’altezza della situazione. Impossibile, d’altronde, non dedicare almeno un breve encomio alla simpatia dell’irresistibile Totoro e dei suoi amici, magistralmente caratterizzati da Miyazaki e all’impressionante forza visionaria che emerge dirompente da alcune sequenze memorabili, quali quelle relative alla comparsa del Gattobus (Nekobus) e al rito notturno di fecondazione del campo.

Il mio vicino Totoro resta dunque un’opera che, con tutto il suo carico di magia introspettiva, merita l’attenzione dello spettatore al di là di ogni possibile scusante di natura anagrafica. Un opera imperdibile non solo ai fan degli anime ma anche a chiunque voglia riscoprire il bambino che ha in sé.