Autoconclusivo

Autoconclusivo

Note: In questa one shot Shuichi ha otto anni, Ryuichi venti

Forse la persona che più ho odiato nella mia vita fu Ryuichi Sakuma. Non penso di aver mai odiato una persona quanto odiai lui.

La prima volta che lo vidi mi sembrò un liceale bizzarro, un bambino che sembrava aver perso la cognizione del tempo e che si fosse dimenticato di crescere. Lo trovai addirittura buffo con quel coniglietto rosa messo in bilico sui suoi capelli scuri, come se vi si fosse arrampicato con fatica e che, privo di forze, non riuscisse più a mantenervisi saldamente.

Si presentò a me baldanzoso, un allegro sorriso stampato sulla faccia, ricordo ancora che non fu lui a parlare, o per lo meno, si presentò tramite Kumagoro. Le zampe si muovevano in un modo buffo, ma non saprei dire quale fosse l’espressione di Ryuichi, davanti a me c’erano solo due bottoni neri attaccati alla stoffa rosa del pupazzo.

– Ciao! Come ti chiami? –

– Ehm… Shuichi… –

I suoi occhi azzurri apparvero come figura del suo volto, ancora disteso in un sorriso spontaneo.

Mi sentivo un estraneo a casa mia seguendo mia madre e il nostro ospite come un cagnolino fedele scodinzola dietro al padrone. In un muto consenso a tutto ciò che si dicevano i due tra allegre battute e conseguenti risate, mi sembrava di essere uno spettatore che non poteva cambiare in nessun modo il corso degli eventi.

In qualunque modo avrei potuto iniziare anch’io a parlare, non erano i “discorsi da adulti” che mi ripugnavano per la loro stupidità, eppure rimasi in silenzio, quasi ogni cosa che avessi detto non sarebbe andata mai bene, sarebbe stata stupida.

– Questa è la tua stanza! –

– Ma è enorme! Vero Kumagoro?!? –

Mia madre gli mostrò la “stanza dei misteri”. Solevo chiamarla così perchè non mi era quasi mai permesso entrarvici e, le poche volte che la porta era aperta, o che le tende non ricoprivano la finestra, il mio sguardo riusciva a raggiungere solo scatoloni disposti disordinatamente. Una volta mi parve che fossero addirittura aumentati.

Poi all’improvviso quella camera divenne il centro dei pensieri di mia madre, per un mese completamente immersa nella fase di restauro. Potei vedere cosa contenevano gli scatoloni. Rimasi deluso.

Solo cianfrusaglie che non avevano valore, dei vestiti troppo piccoli anche per me (all’epoca), altri troppo grandi, giochi che sembravano aver passato decenni senza aver visto la luce, riviste ingiallite dal tempo.

Nonostante tutto la delusione arrivò solo alla fine. Nella mia mente avevo immaginato un tesoro nascosto tra quelle mura e mi divertii a rovistare. Un po’ meno a farmi fare il bagno alla fine.

– Hai tenuto tutte le mie cose! –

– Bè, me le hai mandate e non potevo buttarle! –

Così il mio bagaglio di conoscenza si arricchì. Era Ryuichi il possessore di quegli oggetti che per un mese intero erano stati la mia fonte di divertimento. Mi trattenni dall’esprimere la mia opinione sull’inutilità di quelle cose.

Quando era arrivato era sera inoltrata. Non mangiò con noi, preferì riposare.

Alla prima notte che passò in casa nostra ne seguì il giorno dopo, poi un’altra notte e ancora un altro giorno, notte e giorno, notte e giorno.

Arrivai a non contare più quanto tempo rimase in casa nostra, tanto che col tempo imparai ad abituarmi a lui e ricominciai a comportarmi normalmente.

– Noto con piacere che adesso hai imparato a parlare! –

Me lo disse un pomeriggio mentre ci affaccendavamo a prepararci la merenda.

Sentii caldo e bevvi tutto d’un fiato il bicchiere di succo di frutta che aveva versato per me. Mezz’ora dopo eravamo all’ospedale per la congestione che mi aveva provocato bere quella bibita ghiacciata.

Per tre giorni non andai a scuola e potei passare più tempo da solo con Ryuichi. Mia madre lavorava la mattina e il suo orario terminava mezz’ora prima che io uscissi da scuola.

Rimasi nel letto, anche se non avevo più male allo stomaco, ma insieme guardammo gli anime, provammo uno strano gioco di società che era uscito dagli scatoloni. Perfino mi stupì con le sue innate doti canore.

Sentii di nuovo caldo nel sentire la sua voce, ma non commisi lo stesso errore.

– Come mai adesso abiti con noi? –

Glielo chiesi con l’ingenuità di un bambino che chiede alla madre come fosse nato, piansi come un bambino caduto dalla bicicletta per la prima volta.

Aspettai che uscì dalla stanza, affondai il volto nel cuscino e lo bagnai di lacrime.

Lo sguardo che mi aveva rivolto mi aveva fatto paura, la voce calma mi mise terrore.

Qualche minuto dopo rientrò in camera, mi carezzò dolcemente la testa, me la fece poggiare sulle sue gambe, mi abbracciò. Iniziò di nuovo a cantare, riuscì a far andare via la paura così come l’aveva fatta venire.

– Ryuichi, dove sono il tuo papà e la tua mamma? –

Quasi mi rimisi a piangere alla sua espressione, ma mi abbracciò forte e liquidò la questione con poche parole.

– Il mio papà se n’è andato, ma mia madre sta bene… –

Passarono veloci due anni assieme a lui.

All’inzio somigliava sempre più ai fratelli maggiori dei miei amichetti, quelli che li andavano a prendere al parco e li riportavano a casa con le moto o con le auto. Io tornavo a casa sempre con mia madre e a piedi.

Poi lo accostai alla figura del padre che non avevo mai avuto, nonostante la sua indole infantile.

Venni a conoscenza del suo sogno di diventare un famoso cantante, lo appoggiai, creai promesse su promesse, come essere il suo fan migliore o seguire assiduamente la sua carriera.

Mi baciava sempre la fronte quando si sentiva dire queste cose, io sentivo sempre caldo, sempre di più.

– Ho conosciuto Tohma Seguchi, è un tastierista e a quanto pare è intenzionato a creare una band. –

Non lo avevo mai visto così serio. Forse lo era quando non lo potevo vedere.

Pronunciò quelle parole una sera a mia madre. Era tardi, dovevo essere a letto, ma mi svegliai con l’impellente bisogno di utilizzare il bagno.

Stavo per rientrare in camera quando le mie orecchie sensibili percepirono la sua voce.

– E ti ha proposto di diventare la voce del gruppo? –

– Sì… mi ha sentito cantare qualche sera fa, quando ho portato Shuichi al karaoke. –

– … –

– Penso che accetterò la sua proposta. –

Il mio cuore scoppiò di gioia, mi trattenni dall’andare da lui e abbracciarlo. Sapevo che mia madre si sarebbe arrabbiata se mi avesse trovato ancora in piedi a quell’ora.

Andai a dormire sereno, non mi chiesi come mai non era presente l’euforia che contraddistingueva Ryuichi nelle sue parole, ero ancora troppo piccolo per accorgermi di certi particolari. Non sentii nemmeno le lacrime di mia madre scorrere e bagnare il pavimento.

– Domani parto. –

Dopo due settimane Ryuichi esordì con queste parole, non sorrideva, non vedevo Kumagoro.

Pensai ad uno scherzo.

– Dove vai? –

Glielo chiesi con la precisa intenzione di assillarlo per portarmi con lui. O perlomeno di portarmi qualcosa dal suo viaggio.

Ma i miei intenti furono immediatamente fermati: si piegò sulle ginocchia, mi posò le mani sulle spalle.

– Shuichi, starò via per molto… Non so quando e se ritornerò… –

Balbettai qualcosa che doveva somigliare a un “Stai scherzando”, ma mi riuscì solo di piangere, corsi nella mia camera, mi barricai sotto le coperte, accoccolato come un cucciolo.

Come sempre arrivò, come sempre mi carezzò dolcemente la testa, come sempre me la fece poggiare sulle sue gambe, come sempre mi abbracciò. Quella volta però non cantò, era la musica che ci avrebbe separato.

Mi addormentai tra le sue braccia.

Quando il mattino dopo mi svegliai mi accorsi che se n’era già andato, barcollai fino alla sua camera, i miei occhi, abituati alla sua figura dormiente, al caos che regnava nella stanza, si inumidirono vedendo il vuoto totale.

Mi aveva lasciato, l’unica cosa di lui era quel caldo insopportabile che mi opprimeva.

Iniziai ad odiarlo senza motivo, avrei dovuto essere felice per lui. La cosa che più mi bruciava era il fatto di non essere riuscito a salutarlo, era stato così codardo da non affrontarmi, da non parlarmi per un’ultima volta.

Ero un egoista, all’inizio pensai solo a me stesso, pensai che ero io quello che aveva sofferto più di tutti, per un breve periodo scordai le cose belle che erano accadute tra di noi, all’affetto che era nato per lui si era sostituito l’odio di essere stato abbandonato.

Mi resi conto di quanto fosse diventato importante per me dopo averlo perso.

Tuttavia mi sentii più sollevato quando per la prima volta i Nittle Grasper fecero il loro debutto. Mi lacrimarono gli occhi. Come se da dentro me fosse scivolato via qualcosa, mi sentii più leggero.

Mantenni le mie promesse di infante, seguii assiduamente la loro carriera, maledicevo prontamente chiunque osasse insinuare qualunque cosa sui componenti o sul gruppo in generale, penso che la mia infatuazione per la loro musica superasse quella di chiunque altro.

Non era bella musica come tutti affermavano superficialmente.

Erano note che trasmettevano emozioni.

Quella di Ryuichi non era una bella voce tutti come sospiravano senza capire.

Era una voce dalla quale traspariva ciò che voleva comunicare a chiunque lo ascoltasse.

Segretamente sognavo che quelle parole fossero sempre state dirette a me…

– Continua a brillare per me Ryuichi… –

Qualche tempo dopo venni a sapere che Ryuichi era mio fratellastro… Non ho compreso bene i balbettii di mia madre, solo che Ryuichi era nato dopo che lei fu stata vittima di una violenza, poi il mio vero padre lo aveva affidato ad un lontano parente… contro la volontà di sua moglie. Mio padre morì poco dopo la mia nascita in un incidente stradale. Abbracciai mia madre, non ero arrabbiato con lei, nè avrei mai avuto motivo di esserlo. Non con una donna forte e coraggiosa come lei, aveva rinunciato per due volte a suo figlio…

Non lo avevo mai capito.

Però la notizia non mi colpì molto, non avevo nemmeno rimpianti, con lui mi ero sempre comportato come se fosse stato un fratello, forse avevo compreso questa verità solo nel mio inconscio di infante.

Sono passati altri anni, ancora adesso Ryuichi non è tornato.

Ma io continuo ad aspettarlo, sono ancora convinto che un giorno aprirò la porta di casa e lui sarà lì, pronto ad aspettarmi con il suo sorriso candido, con Kumagoro sulla sua testa imitando un cappello.

Non me n’ero accorto. Forse lui sì.

Io ho inconsapevolmente amato mio fratello.

Forse anche per questo ha preferito allontanarsi da me senza salutarmi almeno un’ultima volta.

Eppure continuo a pensare che lo abbia fatto non per evitare di farmi soffrire, ma per continuare a farmi sperare… e io ne sono convinto tutt’ora, ascoltando le dolci parole che, in cuor mio, sono la certezza che lui un giorno ritornerà da me…

ANGOLINO AUTRICE:

Buaaaaaaaaaah!!!!!!!! ç______ç Ma perchè ho scritto una storia così tristeeeee!!!!

Non riesco nemmeno a scrivere veloce perchè sto piangendo! Che cavolo!!!

Non è giusto che sia finita così!!! ç____ç E dire che me lo dico da sola… l’ho pure scritta io la one-shot!!!!

Però il finale è ancora incerto, infatti finisce con Shuichi che probabilmente è adolescente, tra i sedici e i diciotto anni, perciò chiunque può immaginare che Ryuichi tornerà da lui!

Lo so che non ci sono gesti propriamente riconducibili al genere shonen-ai, però è il sentimento di Shuichi che conta, mentre quello di Ryuichi è soggettivo, potete anche pensarla diversamente da come ho scritto io. Scusatemi anche per il titolo, non sapevo proprio cosa mettere…-.-

Una dedica speciale a Sky_Shindou che ha richiesto questa coppia, spero che, nonostante sia un po’ triste, ti sia piaciuta!