Autoconclusivo

Autoconclusivo

Ecco a voi la one-shot che vi avevo promesso!
Non è una storia complicata, è solo il modo in cui penso potrebbe andare una delle giornate di Shuichi e le sue preoccupazioni verso Yuki.
E’ una storia scritta senza troppe pretese, non è molto movimentata.
Secondo voi i personaggi sono caratterizzati bene?!? °°? Io non saprei… u.u

La mattina è il periodo più difficile della giornata: il risveglio non è di certo piacevole, come non è piacevole abbandonare il tepore confortante del morbido materasso.

Con sguardo assonnato Shuichi osservava i movimenti frenetici di Sakano-san come se stesse compiendo dei gesti senza senso. Percepiva le parole come un continuo brusio fastidioso e martellante.

Fregò gli occhi blu con una mano, li sentiva pizzicare e non riusciva a sollevare le palpebre per più di qualche attimo prima di richiuderle. Lasciò cadere la testa sulla spalla di Hiro e mugugnò trovandola comoda come giaciglio.

Il chitarrista girò gli occhi verso di lui e sorrise; con un dito gli spintonò appena la testa e ricevette un lamento come risposta.

Intanto Sakano stava per giungere alla fine del suo discorso, voltato di schiena stava borbottando qualcosa sulla “gloria”, il “successo” e sulla “fama”. Si voltò aprendo le braccia e sorridendo come per incitare i ragazzi, ma inorridì vedendo Shuichi beatamente addormentato con una bolla che fuoriusciva dal naso.

Il produttore gli si avventò contro e lo strattonò per la maglia facendo scoppiare la bolla, riportando bruscamente il vocalist alla realtà.

– SHINDO-KUUUUUN!!!!! Non puoi dormire in un momento così importante!!! Dobbiamo essere pronti per il concertooooo!!! – gridò a squarciagola facendo allontanare Hiro e Fujisaki.

Dalle tinte violacee che aveva assunto il suo volto Shuichi intuì che la ramanzina non si sarebbe fermata lì, ma il provvidenziale intervento di K lo salvò ancora una volta.

Con la canna lucida puntata sulla testa Sakano alzò le braccia a scatti come un’automa, poi si allontanò di qualche passo.

– Avresti bisogno di un calmante, sai Sakano? – gli consigliò il manager americano con una punta di ironia.

– Puntargli contro l’arma ogni volta che dà di matto non credo che lo aiuterà molto. – osservò Fujisaki vedendo che il moro non aveva ancora ripreso nè il colorito nè il respiro normali.

Shuichi sorrise nervosamente alla vista della magnum di K ancora così vicina a lui, ma la sua attenzione venne distolta da Hiroshi.

– Come mai sei così stanco? A che ora sei andato a dormire ieri? – chiese alzandosi per avviarsi in sala di registrazione.

– A dire la verità sono andato a letto verso le undici! – l’amico seguì il suo esempio vedendo che era l’unico rimasto seduto.

Hiro si trattenne dal chiedere altro. Non ci voleva molto a capire quale fosse la causa della stanchezza del vocalist, lo si poteva intuire dal rossore che aveva invaso le sue guance nel rispondere.

Ormai erano parecchi mesi che conviveva con Yuki Eiri il famoso scrittore di romanzi. Il loro amore era nato quasi all’improvviso, come un colpo di fulmine, per lo meno da parte di Shuichi. Erano state molte le peripezie e le sofferenze che il rosso aveva dovuto patire per colpa del biondo di ghiaccio, prima di poter rimanere accanto a lui.

Tuttavia Hiroshi ancora non era convinto che il sentimento puro del suo amico fosse pienamente ricambiato da Yuki. Aveva ancora il dubbio che per il ventunenne Shuichi fosse solamente una bambolina sessuale da utilizzare quando aveva voglia di sfogarsi.

Dopotutto il ragazzino veniva sempre trattato freddamente da parte sua. Ogni tanto Shuichi piombava a casa sua senza preavviso, si sfogava nei modi più strani dopo i litigi con Eiri: a volte parlava a raffica insultandolo anche pesantemente, per poi scoppiare a piangere e affermare che gli voleva bene, altre invece prendeva qualcosa da usare a mo’ di microfono e cantava senza sosta tutte le canzoni che conosceva a memoria.

Tutte le volte però c’era sempre qualcosa di uguale: era Shuichi a ritornare da Yuki e non quest’ultimo a cercare il diciannovenne.

– Hiro ci sei? –

Fujisaki lo riscosse dai suoi pensieri, il chitarrista annuì sorridendo e diede il via alle prime note della canzone.

– Ok ragazzi, va bene così! –

K richiamò i “Bad Luck” alla fine della canzone. Si erano esercitati initerrottamente per tutta la mattinata, una pausa potevano permettersela.

– Aaaah! Ancora una K-san! – lo pregò Fujisaki impaziente di riprendere il lavoro.

– Prendete una pausa, altrimenti non renderete abbastanza! Poi oggi pomeriggio avete anche un’intervista in televisione, altre prove e un’altra intervista! Ma questa alla radio! – il maneger contò sulle punta delle dita.

Il tastierista ammise che in fondo Claude aveva ragione, però, nonostante quelle parole, pensava già all’intervista del pomeriggio.

– Uff! Ultimamente non abbiamo più tempo libero! – si lagnò Shuichi alzando le braccia per stirare i muscoli.

– Questo è un buon segno! – K strinse un pugno e lo sollevò davanti a sè – Le interviste accrescono la vostra fama! Più contatti avete più ne avrete in futuro!!! Dovete lavorare sodo e soddisfare le aspettative dei vostri fan!!! Vi voglio carichi per il concerto e voglio sentire quella folla gridare fino a consumarsi le corde vocali!!! Sono stato chiaro?!?!? – puntò un dito verso il trio.

L’incitamento del manager venne visto dai “Bad Luck” più come una minaccia, accresciuta dall’altra mano di K, poggiata sulla fondina.

Il trio annuì meccanicamente con la testa.

– Vedrai K-san! Non ti deluderemooooo!!! – gridò Shuichi nel microfono. Le casse emisero un suono acuto mischiato alla sua voce e i presenti dovettero coprirsi le orecchie.

– SHUICHI!!! – inveirono contro di lui.

– Scusateeeee!!! –

Durante la pausa pranzo i locali della NG Records parevano svuotarsi, come se l’edificio fosse stato abbandonato.

Forse era per la tranquillità che il luogo acquisiva che Shuichi preferiva rimanere nella sala di registrazione.

Lo sguardo era perso al di là della finestra, il panino bloccato a mezz’aria, la bocca semiaperta pronta ad accoglierlo, ma quel gesto era ancora incompiuto.

Abbassò le mani posandole in grembo e socchiuse gli occhi.

– Yukiiii… – mugugnò.

– Ehi! Posso farti compagnia? –

La voce di Hiroshi lo riscosse dai suoi pensieri, si spostò di qualche centimetro per fargli più spazio sulla piccola panca.

– Ciao Hiro! – lo salutò Shuichi riprendendo il suo solito tono allegro. La malinconia sul suo volto era sparita.

– A cosa pensavi? – indagò il chitarrista senza mostrare segni di curiosità evidenti sul volto, si limitò a bere un sorso di aranciata.

– A nulla! – rispose in fretta l’amico riportando lo sguardo sul suo pranzo.

– Mmmmh… – Hiro chiuse gli occhi, poi ne aprì uno scrutando la preoccupazione che attanagliava il rosso – C’entra Yuki Eiri? – domandò posandogli una mano sulla spalla.

Shuichi spalancò i suoi occhi sorpreso da quel gesto improvviso, ma non riuscì a non mantenere un’espressione addolorata.

– Stamattina abbiamo litigato… – un alone blu si formò sulla sua testa – Di nuovo… –

Hiroshi sospirò.

– Shuichi, cos’è successo stavolta? –

Il vocalist alzò lo sguardo, agli angoli degli occhi si erano formate delle lacrime.

Comprensivo l’altro alzò una mano per carezzargli i capelli morbidi, ma uno scatto improvviso da parte di Shuichi gli impedì di fare ciò.

Fissò la schiena dell’amico con le palpebre mezze abbassate.

– Shuichi…? –

– Accidenti a lui!!! – gridò il ragazzo avvolto da un’aura infuocata – Io ce la metto tutta per fargli piacere! Ma lui ogni volta trova qualcosa di sbagliato in quello che faccio!!! –

Nello sfogarsi il ragazzo stava tirando calci e pugni colpendo l’aria. Hiro si spostò per evitare di finire sulla traiettoria e non si azzardò a fermarlo.

– E poi mi guarda sempre con quall’aria di superiorità!!! In realtà ha solo una faccia da pesce lessoooo!!! – agitò violentemente un braccio, era paonazzo in volto, non aveva preso minimamente fiato tra una parola e l’altra.

All’improvviso si accasciò sulla panca, lasciò ricadere le braccia a penzoloni e fissò il soffitto.

Hiro gli si avvicinò cauto, sapeva quanto potesse essere imprevedibile Shuichi, avrebbe potuto avere un altro scatto di follia o rimanere in quella posizione fino a chi qualcuno non lo avesse alzato di peso.

– Shuichi. – gli avvolse le spalle con un braccio e lo strinse a sè – Se vuoi parlarne lo sai che sono sempre qui… –

Il rossino sbattè le palpebre come se qualcosa di fastidioso gli fosse entrato negli occhi.

– Ho litigato ancora con Yuki… – sussurrò piano.

– Questo lo avevo capito… – borbottò Hiro cercando di non farsi sentire, ma purtroppo per lui non fu così.

– Ti ho sentito sai?!? – sbottò Shuichi con gli occhi infuocati.

– Scusami! Scherzavo! – il chitarrista tirò le labbra in un sorriso, ma ridivenne nuovamente serio – E’ accaduto qualcosa di grave? –

Il diciannovenne giocherellò con un laccio della sua felpa gialla, osservando come interessato le piastrelle del pavimento.

– Ecco, stamattina mi sono svegliato prima perchè Yuki aveva un lavoro importante da finire e volevo preparargli la colazione… – esordì.

– Hai messo il latte nel caffè e a lui non piace? –

Shuichi quando si voltò verso Hiroshi lo vide con una sigaretta in bocca e un’espressione di sufficenza sul volto.

– E quella quando l’hai accesa?!? – indicò brutalmente il tabacco incartato, ma nel farlo la sigaretta cadde a terra – Oh… scu…sa… –

Contrariamente alle aspettative Hiro non diede segno di essere arrabbiato, nemmeno per gioco. Si alzò per gettare nel cestino la sigaretta, poi si girò verso l’amico scrutandolo quasi severamente.

– Ecco il tuo problema! –

– Quale? – domandò Shuichi ingenuamente.

– Tu… – ci pensò su per trovare le parole adatte – Sei troppo buono! –

– Eh? – il vocalist si grattò la testa – A me non sembra! –

Il brunetto raccolse i lunghi capelli a mo’ di coda con una mano, poi li lasciò nuovamente liberi sulla schiena. Con quella stessa mano accarezzò i capelli di Shuichi.

– Hai mai pensato che qualche volta dovresti essere tu a ricevere delle scuse e non Yuki? –

A quelle parole il ragazzo si intristì.

– Bè, in fondo è quasi sempre colpa mia… –

Hiro si lasciò andare accanto a lui sospirando pesantemente: Shuichi era sempre il solito bambino che combinava guai, ma che era sempre pronto ad assumersene le responsabilità, o per lo meno riparava il danno causato alla meglio.

– Cos’è accaduto stamattina? –

Il rosso scosse la testa portando le ginocchia al petto.

– Ha iniziato a dire che potevo risparmiarmi di fare tutto quel lavoro per niente, tanto non avrebbe preso nulla perchè era in ritardo! – le parole aumentavano di intensità vocale man mano che andava avanti – Allora io gli ho detto che era uno stupido e che poteva almeno ringraziarmi per tutto quel lavoro che ho fatto! E sai cos’ha fatto?!? – inveì contro Hiro facendogli scontrare la schiena col muro talmente era la violenza del suo tono – Lui mi ha detto che ero un dannato moccioso!!! –

Shuichi balzò in piedi mettendo tutta la rabbia che poteva in quelle ultime parole, poi ricadde sconfortato al suo posto – E ho concluso che sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai conosciuti, poi gli ho sbattuto la porta in faccia… –

Affranto il ragazzo appoggiò la fronte sulla spalla dell’amico.

– Hiroooooo!!! Che facciooooo?!? –

Hiroshi voltò lo sguardo da un’altra parte: era impossibile come ogni volta Shuichi trovasse un diverso motivo per litigare con Yuki, ma la fine era prevedibile, quasi noiosa.

– Sai Shuichi… – allungò un braccio e lo colpì sulla guancia facendolo cadere a terra – Devi smetterla una buona volta!!! Tanto sai che litigate sempre e vi riappacificate!!! –

Stufo si voltò e fece per andarsene, ma l’altro gli si appigliò alla lunga giacca con le lacrime agli occhi.

– Hiro, io ho paura che prima o poi Yuki si stuferà di me e del mio carattere impulsivo!!! – singhiozzò strofinandosi contro il tessuto scuro.

Hiroshi sospirò e si piegò sulle ginocchia per guardare negli occhi l’amico.

– Shuichi, se si stuferà di te sarà la prova che è uno stupido! – lo consolò dandogli un buffetto su di una guancia, poi lo strinse in un abbraccio confortante – Poi non devi farti tutti questi problemi, se ti vuole davvero bene non ti lascerà! –

Shuichi si scostò e lo osservò con gli occhi pieni di lacrime; tirò su con il naso per poi strofinare il volto sulla manica della giacca del chitarrista.

– Grazie Hiro-kuuuuun!!! – balzò in piedi animato da una nuova energia, gli occhi mandavano fiamme – Sono sicuro che andrà tutto bene! E adesso di nuovo al lavoroooo!!! – concluse alzando un braccio in segno di vittoria.

Nel frattempo Hiro si era tolto la giacca osservando evidentemente seccato l’alone lasciato dalle lacrime del rosso, però, vedendo che finalmente aveva recuperato la sua vivacità non potè fare a meno di sorridere.

– La prossima volta però evita di bagnarmi la giacca! – lo ammonì scherzosamente colpendolo delicatamente in testa con le nocche.

– Uffa Hiro-kuuuuun!!! –

Yuki si appoggiò stancamente contro lo schienale della sedia. Le lenti degli occhiali riflettevano le fitte parole che il monitor del suo computer mostrava.

Si massaggiò l’attaccatura del naso e strinse gli occhi. Istintivamente piegò la testa all’indietro puntando lo sguardo dorato sull’uscio, poi lo fece scorrere lungo al muro bloccandolo sull’orologio a parete.

Shuichi sarebbe dovuto arrivare molto tempo prima, l’ora in cui di solito cenavano era passata da un pezzo e non aveva ricevuto nemmeno un messaggio di avvertimento.

Allungò un braccio per afferrare la lattina di birra, ma come fece per sorseggiarla scoprì che l’aveva finita.

Sbuffò dirigendosi verso il frigorifero per prenderne un’altra. Sbattè lo sportello con più violenza di quanto volesse, lo richiuse immediatamente senza nemmeno afferrare un’altra lattina.

Appoggiò la schiena al muro senza spiegarsi il perchè della sua agitazione, dopotutto poteva capitare un ritardo, una dimenticanza; in fondo Shuichi aveva la testa più leggera di una piuma!

Non era più abituato a vedere la casa vuota, senza la voce squillante e fastidiosa del ragazzino, senza le sue premure senza senso e fuori luogo, senza le sue lacrime inutili e i suoi sorrisi idioti.

A dire la verità non era più abituato a ritornare a casa senza trovare nessuno ad aspettarlo.

L’insistenza con la quale Shuichi gli rimaneva accanto era ammirevole; nonostante lui stesso lo trattasse molto duramente non aveva ancora abbandonato l’idea di rimanergli vicino.

Forse stava esagerando? Stava tirando troppo la corda, credendo che il ragazzino non lo avrebbe mai abbandonato?

Ma non poteva cambiare il suo carattere con uno schiocco di dita, lui era Yuki Eiri e gli altri dovevano accettarlo così com’era, punto!

Sobbalzò sentendo il chiavistello della porta ruotare.

Dei passi frettolosi risuonarono lungo il silenzio della casa.

– Yukiiiiii!!! –

Shuichi lasciò a terra lo zainetto arancione. Gli regalò uno dei migliori sorrisi che avrebbe mai potuto esibire, poi gli corse incontro avvinghiandoglisi al petto.

– Mi sei mancato!!! –

– Guarda che non ci vediamo solo da stamattina! – sbottò lui cercando di allontanarlo con una mano, ma il vocalist strinse la presa artigliandosi alla camicia candida.

– Shuichi…? –

Perplesso Yuki osservava la testa rossa strofinarsi sul suo petto.

– Scusami per stamattina, non volevo dirti quelle cose… – con la voce tremante Shuichi aveva soffocato le scuse nel morbido tessuto.

Eiri si chinò leggermente e prese il volto arrossato dell’altro tra le mani, osservò i suoi occhi blu lucidi. Le sue labbra si incurvarono in un sorriso.

– Yu…ki… –

Delle grosse lacrime scivolarono lungo le guance paffute. Yuki le asciugò con il dorso della mano, bloccò qualunque cosa Shuichi avesse voluto dire.

Sfiorò delicatamente le labbra morbide con le proprie, un bacio casto, pieno di calore.

Quegli istanti brevissimi svanirono all’istante, lasciando posto alla sicurezza, al conforto.

– Yukiiiiii!!! Ti amooooo!!! – urlò Shuichi attaccandosi al biondo.

Eiri si limitò a prendergli un polso e spostarlo di lato.

– Urli troppo moccioso! –

– Ma Yukiiiiii!!! –

Il vocalist assunse un’espressione corrucciata, ma lasciò subito posto ad un sorriso.

Era per quello che rimaneva assieme a Yuki, era per quello che lo tormentava con la sua presenza allegra, era per quello che non si arrendeva di fronte al muro gelido che creava lo scrittore, di fronte alle sue reticenze e alla sua scontrosità.

Shuichi Shindo non pretendeva nulla da Yuki Eiri, faceva tutto ciò solo per un sorriso, per essere certo che il suo grande amore fosse felice assieme a lui.