Manie Manie I racconti del labirinto

Più che un piacere, è stato un onore l’avere tra le mani l’adattamento italiano di questo film, pezzo da novanta nell’arte dell’animazione non tanto solo nipponica, quanto a livello mondiale. Capolavoro di concetto e tecnica, Manie Manie Meikyu Monogatari è datato 1983, ma viene presentato nel 1987 al Festival Internazionale del Cinema di Fantascienza di Tokyo, per poi essere pressochè dimenticato dal grande pubblico a causa di un’inetta politica di distribuzione realizzata da un’altrettanto nefasta ditta. Sono d’obbligo,quindi, i miei immediati complimenti alla Dynamic per aver recuperato questo “classico perduto” che difficilmente speravo di vedere in Italia.

Manie Manie si presenta come una sorta di raccoglitore per degli “esperimenti” realizzati da tre maestri dell’animazione nipponica: Rintaro, Yoshiaki Kawajiri e Katsuhiro Otomo. Gli esperimenti si concretizzano in tre racconti del tutto surreali, delle esperienze quasi oniriche realizzate con una tecnica di animazione sorprendente.

Veniamo ai tre pezzi d’autore:

Labyrinth
“Labyrinth”
Durata: 13 minuti
Ci troviamo davanti ad una storia puramente concettuale.
Come una specie di Alice nel Paese delle Meraviglie, un bimba, giocando col suo gatto Cicerone, si ritrova in un mondo totalmente astratto e surreale in cui si muoverà sotto la guida di uno strano Pierrot.
Labyrinth è diretto da Rintaro e a livello tecnico mostra un dettaglio nell’animazione quasi maniacale.

Il disegno è stranissimo, totalmente al di là dello stile grafico degli Anime a cui siamo normalmente abituati, direi con un tratto quasi europeo, tipico delle autoproduzioni inglesi o tedesche, per farvi un esempio. Rintaro basa questo racconto soprattutto sulla sperimentazione dell’immagine, giocando molto sulle prospettive e sull’illusione ottica nella definizione delle forme.
Questo racconto farà da apertura ed anche da conclusione all’intero lungometraggio.

L’uomo che correva
“Hashiru Otoko”
Durata: 14 minuti
In un ipotetico futuro, il pubblico si diverte nella visione di gare automobilistiche in cui i piloti vengono portati in condizioni al limite della sopportazione fisica. Le gare si concludono con la morte di quasi tutti i piloti, ma fin’ora il numero 37, Zach Hugh, è stato l’unico capace di sopravvivere per 10 anni…

Kawajiri ci propone questo breve racconto tanto cruento quanto impressionante dal punto di vista tecnico. Realizzata per ottenere il massimo nel Mecha Design, questa storia ci terrà incollati allo schermo per 14 minuti nella speranza di poter riuscire a cogliere almeno una parte dei dettagli presenti nei disegni. Lo stile della corsa e delle auto può ricordare quello di videogiochi come Wipeout o F-zero.

Potevamo aspettare di peggio dal creatore di Ninja Scroll?

Interrompete i lavori!
“Koji chushi Meirei”
Durata:
17 minuti
Un giovane impiegato di un’impresa di costruzioni viene inviato a verificare lo stato del “Progetto 444”, un grande cantiere nel pieno della Foresta Amazzonica, impegnato in un importante progetto di urbanizzazione di quest’area.Il progetto è caratterizzato dal pieno impiego di robot, con una drastica riduzione delle risorse umane, ristrette solo alla supervisione dei lavori. Il vecchio supervisore del “Progetto 444” non dà sue notizie da settimane, al suo arrivo il nuovo responsabile troverà una situazione molto diversa da quanto potesse aspettare…
Questo racconto rappresenta il lavoro meno conosciuto di Otomo.

Per la sua realizzazione il regista si è servito dello stesso staff tecnico utilizzato per Akira, cioè Nakamura (Robot Carnival) e Koji Morimoto (Memories). Anche in questo caso l’animazione è ai massimi livelli.
A parte il disegno, è la concezione del mondo delle macchine che testimonia maggiormente il tocco di Otomo, con quel pizzico di assurdità e sarcasmo tipico di questo autore nella condanna dell’abuso delle tecnologie da parte dell’uomo.

Ci troviamo di fronte ad un pezzo da collezione in senso assoluto.
Al di là delle storie che potrebbero per occhi poco attenti non avere un senso compiuto, improntate al massimo del surreale, troviamo in questo film il genio di tre maestri che hanno potuto concentrare le loro capacità in una decina di minuti d’animazione, ottenendo così il massimo al livello della tecnica e della sperimentazione.

Tre stili differenti, tre opere d’arte.
Per questa caratterizzazione così personale delle storie, preferisco non dare un voto definito alla sceneggiatura, in quanto risulta soggettiva anche l’interpretazione del messaggio che ogni regista vuole dare a chi segue la sua storia.

Un videocassetta che purtroppo non dura nemmeno 50 minuti, ma un’opera d’animazione da possedere, rivedere ed ammirare.

Recensione di Stefano Poggioli