È difficile riuscire a trovare un incipit adeguato per quello che mi sto apprestando a recensire, un anime che fa della qualità e dei contenuti il suo punto di forza, un anime che fa scuotere le coscienze, un anime che aiuta a ragionare sul mondo, sulla vita e sull’uomo.
Tutto questo è Chikyu Shojo Arjuna, l’anime che riprende le tematiche care al primo Hayao Miyazaki (quello di Conan e di Nausicaa) e le sviluppa più di quanto abbia finora fatto il maestro. È una serie tv complessa, fatta di dialoghi straordinariamente filosofici e che indagano fortemente sulla natura della psiche umana. È semplicemente per me la migliore serie animata che mi sia mai parsa davanti, magari non per le animazioni che in alcuni casi non raggiungono la perfezione (in particolare in alcune scene in cui viene utilizzata la Computer Graphics), ma come dicevo prima, tutto questo va in secondo piano di fronte all’emozioni che suscitano alcuni discorsi ed alcune immagini.
La storia narra di una giovane ragazza che a seguito di un incidente stradale muore e la sua anima nel vagare nel limbo della vita scorge il futuro e la fine della terra devastata dalle alluvioni e dalle siccità causate da elementi soprannaturali simili a lombrichi, i Raaja.
Ma cosa sono questi rajaa?
Semplicemente delle rappresentazioni visive dell’inquinamento terrestre causato dall’uomo. Arjuna durante questa breve fase catatonica entra in contatto con un esper al servizio di una non ben precisata fondazione atta alla preservazione della natura (questo è quello che sembra dall’inizio) che la aiuta a ritornare in vita con il patto di lottare anche lei insieme a lui per la difesa della terra.
Ma per combattere bisogna utilizzare la forza?
Ecco… questo è uno degli aspetti più belli, più interessanti che in nessun altro anime era mai stato analizzato. In quasi tutta la totalità della produzione giapponese, la difesa dei territori della specie e del mondo erano parsi un motivo plausibile per l’eliminazione fisica dell’avversario. Non così è per questo fantastico anime, in cui ci si trova di fronte al dilemma che anche il nemico è un essere vitale e niente ci da il diritto di distruggerlo, in quanto può essere trovata anche un’altra via, senza le armi (il veicolo più facile ma anche il più sbagliato) per raggiungere lo stesso risultato.
Questo dilemma Juna se lo troverà davanti tantissime volte e ogni volta noi percepiremo la pesantezza delle scelte che la protagonista dovrà effettuare. Arjuna quindi non lascia nulla al caso è un disperato messaggio di pace, fratellanza e rispetto della natura. La natura che ritroviamo massacrata dalla mano pesante dell’uomo che ha deciso di uscire dal cerchio della vita per scegliere una vita più facile, dimenticando che anche lui dalla terra nasce e alla terra dovrà ritornare un giorno e non può quindi esimersi dal vivere all’interno di essa. Una scelta diversa vuole dire distruzione della terra e distruzione di se stesso. Tantissime altre tematiche, tra cui l’amore tra Juna e Toshio il suo ragazzo e in particolare la caratteristica dell’uomo di porsi aldisopra di qualsiasi altro essere vivente vengono sviluppati staordinariamente in questa serie tv e in particolare nel dialogo dei due ragazzi con un vecchio anziano eremita, che ha scelto di vivere in stretto legame con la natura con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono.
Tutto quanto questo filo conduttore infatti vuole far ritornare alla paura principe dell’uomo e cioè quella della morte e la non accettazione della stessa.
Ogni azione fatta dall’uomo, ogni miglioramento delle proprie condizioni a scapito della terra in cui vive vengono fatte per prolungare la sua presenza di qualche giorno nel mondo, ma nel grandissimo bilanciamento che “l’organismo terra” fa, ciò vuol dire togliere la vita ad altri esseri viventi e sbilanciare l’equilibrio che preserva ogni specie e ogni essere vivente.
Alla lunga questo continuo sbilanciamento causa poi impoverimento dei suoli e quindi torna indietro a colpire l’essere umano che l’ha causato, sempre per quel principio elementare, che l’uomo fa parte della terra e non può distaccarsi da essa.
Come possono trovarsi tutti questi punti di riflessione in un unico anime?
Me lo sono chiesto anch’io sbalordito la prima volta che l’ho visto, quando una leggera commozione mi colpiva per le tematiche affrontate.
Per quanto riguarda il lato tecnico anche in questo caso conviene dire che è stato scelto un cast davvero notevole.
Una particolarità della produzione è stata quella di scegliere di colorare tutti quanti i disegni attraverso il computer e non nella maniera classica. Nessuna cels quindi per questo anime per una peculiare scelta del regista e creatore Shoji Kawamori. Innanzitutto perché le odierne tecniche di Computer Grafica rendono a disposizione una palette di colori elevatissima rispetto a qualsiasi disegno a mano tramite cels e “in secundis” per una scelta ecologica (in linea quindi con le tematiche dell’anime). Il Giappone per creare i liquidi particolari da utilizzare per colorare le cels, importa quantitativi ingenti di olii fossili e le stesse cels poi una volta utilizzate (in una serie diventano di una elevatissima proporzione) vengono stipate tutte assieme in hangar specifici in attesa di essere poi mandate al macero o bruciate causando un forte inquinamento.
Come dicevo quindi la computer grafica è stata utilizzata in maniera molto elevata e sapientemente se si esclude il demone invocato da Juna nel primo e nel secondo episodio che risulta essere un po’ troppo artefatto e che lascia un po’ il dubbio se sia stato voluto così oppure derivato da un lavoro non fatto completamente ad arte.
Ma aldilà di questa piccola sbavatura il lavoro fatto dalla Satelight è eccellente, particolare nell’utilizzo del glue mode o nelle animazioni dell’interno del corpo di Juna e Toshio, in cui la vivacità dei colori di tutti gli organismi viventi fanno ben comprendere la potenza e la perfezione della natura nella creazione di un individuo.
Sul soggetto ho detto tutto il possibile precedentemente, per quanto riguarda la regia sempre affidata a Kawamori (il Deus ex machina di molti Macross e del formidabile Escaflowne) in questo caso il regista che si era distinto per la bravura nelle scene d’azione adotta la scelta stilistica di farsi da parte per dare rilevanza alla grandezza della natura.
Viene dato risalto alla nascita e alla scomparsa della vita, le scene d’azione vengono ridotte all’osso (ma elaborate con maestria) e servono principalmente come elemento evolutivo di Juna non come punto cardine. Si da risalto al campo lungo, agli spazi larghi alla ripresa da lontano, per accompagnare i dialoghi con una visione di quello che si vuole intendere. Quando invece ci si trova nello spazio cittadino il cambio di visuale viene utilizzato con frenesia e preferendo i primissimi piani. Per una volta non sono i dialoghi che accompagnano le scene ma le scene che accompagnano i dialoghi.
Il character design è affidato al grande Takahiro Kishida che già aveva fatto un lavoro straordinario in Serial Experiments Lain, minimalizzando il personaggio e rendendolo il più possibile verosimile nei comportamenti e nelle espressioni facciali ad un essere umano (uno stacco quindi con i tratti più cartoonosi tipici degli anime nipponici). Infine per completare un qualcosa di già eccellente arrivano le musiche ad opera di Yoko Kanno. Semplicemente divina nel rappresentare ogni momento presente nella serie tv e portentosa in particolare nell’accompagnare i difficili dialoghi.
In conclusione…. Ho già detto quello che volevo dire pocanzi, non posso non trovarmi nell’obbligo di consigliare la visione di quest’opera a tutti quelli che hanno a disposizione un minimo di quoziente intellettivo. Chikyu Shojo Arjuna è la dimostrazione lampante che la filosofia, la riflessione sono presenti anche nei cartoni animati e i vari Dragonball o Ranma sono soltanto la svilita.
Recensione di Massimo Valenghi
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