Blue Submarine No.6

Come preferite chiamarlo?
Ao no Rokugo?
Il Sesto blu?
Blue submarine No.6?
A parte l’estrema versatilità con cui il titolo di questa produzione è stato manipolato nelle varie distribuzioni nazionali, in ogni caso avrete capito di quale anime stia per parlarvi che, uscito in Giappone nel 1998, vi recensisco finalmente in versione italiana.

XXI secolo.
Il continuo aumento della popolazione terrestre aveva portato l’uomo a vedere al mare come ambiente futuro per la propria sopravvivenza. In funzione delle ricerche sull’adattamento alla vita subacquea, nacque in Oceania il “Centro di progettazione e sviluppo dell’Oceano“. In funzione della difesa di questo nuovo organo, nacque l’organizzazione sovranazionale BLU (i cellulari non c’entrano ^__^).

Il progetto BLU prevedeva che ogni nazione partecipante costruisse un proprio sottomarino, per la vigilanza del proprio settore oceanico. Il Giappone costruì il Kame, Sesto sottomarino della Flotta BLU.
Ma qualcosa andò storto.

Yung Zorndyke, scienziato partecipante al settore ricerche, ormai in stato avanzato, incominciò a rendersi conto che l’uomo e le sue mire non costituivano nient’altro che un pericolo per l’ecosistema terrestre, che sarebbe così arrivato alla distruzione.

Quale la soluzione?
Anticipare l’estinzione.

Con questa mira Zorndyke s’impadronì del centro di controllo BLU in Antardide e fece uso delle tecnologie disponibili per il controllo atmosferico (da lui stesso ideate) per provocare l’inondazione dell’intero pianeta e quindi la scomparsa, sott’acqua, delle principali aree abitate del pianeta.

Tramite le proprie capacità Zorndyke utilizzo la manipolazione genetica per creare una nuova stirpe di abitanti del mare. Per metà creature biologiche e per metà vere macchine da guerra da utilizzare per l’eliminazione della stirpe umana.

Nel mondo creato da queste premesse, verremo subito immersi nell’azione dei due protagonisti: Tetsu Hayami, ex combattente, grande pilota, con un passato che gli ha portato un atteggiamento depresso e demotivato; e Mayumi Kino, elemento femminile dell’equipaggio del Blue n.6, con una forte convinzione per il combattimento in questa guerra.

Per quanto riguarda la trama, il primo volume che ho potuto visionare contiene i primi tre episodi (in tutto 4).

Il primo episodio, “Blues“, non è ancora nè carne nè pesce. Verrete subito immersi in un’atmosfera di azione totale: un combattimento dietro l’altro, personaggi che non conosciamo ed esplosioni che si susseguono di continuo. Per entrare davvero nella storia dovrà cominciare il secondo episodio.

E’ una caratteristica abbastanza strana, soprattutto perché, mentre dal primo episodio questa vi potrebbe sembrare una serie abbastanza anonima, la sceneggiatura si risolleva del tutto appena parte il secondo capitolo, “Pilots“. Certo, bisogna dirlo, non ci troviamo di fronte a chissà quale spessore nella trama, il punto forte di questa serie sono le scene d’azione… e di movimento, vi assicuro, ce n’è fin troppo.
La trama si sviluppa su delle premesse (quelle che vi ho descritto all’inizio) che non vi vengono svelate molto approfonditamente durante la serie e l’elemento più carino della sceneggiatura sarà senz’altro il particolare rapporto che si instaura tra la mutante e Tetsu.

Un mostro di tecnica:
Ma la principale caratteristica di Ao no Rokugo è il fatto di essere una Anime molto particolare.
Una serie “ibrida”, concepita, cioè, con vasti elementi di computer grafica utilizzati per la realizzazione di mecha e scene in generale, mentre i personaggi vengono sovrapposti con un disegno tradizionale (cioè in 2D), ma colorato sempre al computer.

Risultato?
Nel complesso una grande tecnica, ma abbastanza difficile da giudicare per poter conciliare i giudizi di tutti, per questo proviamo ad analizzare punto per punto.

La resa grafica della serie è da discutere in modo molto critico. Pur essendoci una notevole cura nella realizzazione delle strutture in 3D e nel disegno dei personaggi in 2D, l’integrazione dei due elementi risulta all’inizio quasi forzata. In alcune scene i personaggi staccano completamente con la CG.

Ma come è possibile? Semplificando il tutto, posso dire che c’è un eccessivo distacco delle tonalità di colori dei personaggi, in contrasto con quella degli sfondi.

Questo difetto è molto evidente in alcune scene (principalmente nel primo episodio, il peggiore a livello tecnico), mentre a partire dal secondo episodio, le tecniche si affinano e il risultato diventa sempre migliore, fino a diventare davvero eccellente.

Il mio commento è comunque molto critico, lavorando e avendo esperienza e passione nell’ambito nel settore grafico, per cui il mio intento è di dare un giudizio adeguato ad una serie che ha la pretesa di costituire la prima produzione a fare della CG il suo elemento portante.

Ao no Rokugo ha dei lati che ne fanno una star: l’animazione è davvero ottima. Questi OAV presentano un’attenzione al movimento dei personaggi davvero stupefacente, non voglio esagerare, ma in alcune scene siamo ai livelli di un prodotto per il cinema. I mecha e le strutture sono davvero ben progettati. Nel complesso risulta un po’ anonima la colorazione (tecnicamente: l’uso dei materiali) poco realistici e abbastanza “freddi”. Altro punto a favore va all’estrema attenzione per i particolari, soprattutto per gli sfondi disegnati in 2D.
Insomma, l’occhio avrà davvero la parte che merita!

Tiriamo una conclusione… siamo davanti ad un piccolo gioiellino della tecnica, che si fa apprezzare solo a partire dal secondo episodio (assolutamente da non giudicare basandosi solo sul primo). Verremo stupiti dal lavoro estremo che animatori, progettisti e disegnatori hanno fatto per curare tutti i particolari inseriti nelle scene. La sceneggiatura, pur non essendo negativa, non ha uno spessore eccelso, servendo a sostenere una trama interessante quanto basta per portarvi alle bellissime scene d’azione.
4 episodi, 2 vhs… soldi ben spesi?

Se siete quel tipo di amante degli Anime che storce il naso appena vede un minimo intervento del computer sul disegno fatto mano, allora non fa per voi.

Altrimenti direi che questa serie potrebbe davvero essere un gran bell’ acquisto che farà grande figura nella vostra collezione.

Recensione di Stefano Poggioli