Brain Powerd

Su carta, Brain Powerd si presenterebbe subito come un prodotto vincente: concepito da Yadate Hajime (Escaflowne, Cowboy Bebop) e principalmente da Tomino Yoshiyuki, il creatore di Gundam, che ne ha anche curato la regia.

Per il mecha design troviamo Nagano Mamoru (Five Star Stories), mentre il chara è di Inomata Matsumi (Tales of Destiny). In ultimo troviamo il meglio, Yoko Kanno per le musiche. Quindi si presenta una grande lista di nomi e l’intento da parte di Tomino di creare l’anti-Evangelion sotto la produzione della Sunrise e della TV Wowow.

Ma qui divento cinico.
Riassumiamo tutto il risultato della collaborazione di queste grandi menti in una parola: confusione.

L’ideazione della storia, i personaggi, il mecha e l’intera impostazione sono un totale capolavoro di ambiguità e di luoghi comuni.
La trama, poi, è confusa ancora maggiormente dall’identificazione dei robottoni protagonisti dell’anime che vengono chiamati, in maniera quasi casuale, in tre modi diversi: Grand Chers, Antibodies e BrainPowerds.

Purtoppo se questo anime viene creato come il tentativo di Tomino di contrastare Evangelion, forse è meglio che ci ripensi un po’ su e faccia un altro tentativo.
Vediamo la sua formula per identificare Brain Powerd: “realizza incontri casuali tra teenagers – inserisci robot ben disegnati e imponenti – aggiungi la scoperta del talento naturale di un pilota e fiondalo nella battaglia – condisci con un po’ di problemi adolescenziali”.

Quindi si risolve nella perfetta caricatura della produzione che avrebbe dovuto contrastare.

Leggete questa dichiarazione di Tomino che venne fatta al tempo della produzione: “Io so perché Eva vende, ed io posso fare meglio”

Ma perché tutto ciò? Perché?
Evangelion, si sa, ogni tanto (come ogni buon anime) inserisce degli elementi di fan service, così in Brain Powerd si è deciso di calcare la mano e di realizzare addirittura la sigla iniziale come un totale fan service.

Come giudichereste voi una sigla caratterizzata da tutte le protagoniste che fluttuano nude e sorridenti su paesaggi celestiali, mentre scorrono i titoli d’apertura?
Non che abbia qualcosa contro le nudità, ma il punto è che questa sigla non c’entra assolutamente nulla con l’anime, durante tutta la storia non vedrete mai ammiccamenti sessuali. Vedendo la sigla potreste pensare alla visione di un prodotto completamente diverso (quasi Hentai? Potrebbe.) da quello che in realtà avrete davanti a sigla terminata.

La qualità dell’animazione non è male, ma è variabile, tra il bello ed il brutto. In ogni caso si vede che è prodotta per la TV e che non pretende di far bella figura. Migliori sono gli sfondi e la scelta dei colori.

Il chara ricorda molto quello di Zeta Gundam.

Il mecha è molto semplificato, ed anche questo è un peccato, perché il talento di Nagano si esprime alla meglio con meccaniche molto complesse.

Ci sono numerose sequenze e tocchi di Computer Grafica, ma pur essendo realizzati bene, non sono per nulla ben integrati.
La musica è l’unica fonte di luce che illumina Brain Powerd.

Ancora una volta le composizioni di Yoko Kanno sono un vero piacere anche per l’ascolto al di là della visione dell’anime cui sono legate. Forse sono anche troppo grandiose in rapporto a quello che appare sullo schermo.

Perché il genio di Tomino si è perso in questa produzione?

Probabilmente lo aveva smarrito da qualche parte tra Z Gundam e Char’s Counterattack?

Rivediamo il titolo: “Brain Unpowered” suonerebbe meglio?

Recensione di Stefano Poggioli