Con queste parole vengono introdotte le puntate di Youkai ningen Bem (Bem il mostro umano). Magari questo titolo richiamerà alla vostra mente dei ricordi di quando eravate piccoli, immagini di personaggi alquanto inquietanti con solo tre dita sulla mano… Ebbene adesso è possibile rivivere appieno questo flash back grazie alla Dynamic Italia che ha rimasterizzato la versione italiana di Bem e grazie a MTV che per parecchi mesi ha permesso, a chi non ha il DVD, di gustarsi di nuovo questo splendido anime.
Il bello di poter rivedere una serie così “vecchia” (quando eravamo piccoli noi, nessuno ci diceva che ‘certe cose’ era meglio aspettare di vederle dopo i 14 anni, sebbene mi sembra che la maggioranza degli ‘over twenty’ di adesso sia cresciuta piuttosto bene, no?!) e è che la si può apprezzare nella sua completezza, notando cose che da piccoli non vedevamo, forse troppo spaventati e allo stesso tempo affascinati dai personaggi e dalla storia.
Youkai ningen Bem, creato da Nobuhide Morikawa e prodotto nel 1968, vede come protagonisti tre creature mostruose che possono trasformarsi in altrettanti esseri dall’aspetto quasi umano. Il desiderio principale di questi personaggi è quello di diventare a pieno titolo esseri umani, dei quali si fanno difensori nel momento del bisogno. I tre protagonisti, come è noto alla maggioranza dei nostri lettori, sono Bem, Bera e Bero.
Il plot, nella maggior parte delle puntate, è abbastanza essenziale: Bero fa amicizia, solitamente, con un bambino che si trova coinvolto in qualche drammatico evento; con l’aiuto di Bera e Bem, risolvono la situazione e riprendono il loro viaggio. Un elemento curioso è che nelle prime puntate i “cattivi” possono anche essere uomini, mentre più avanti nella storia, i malvagi diventano spiriti che aggrediscono gli uomini. Se lo svolgimento è apparentemente semplice, la serie ha in sé ha moltissimi elementi, palesi o meno, che la rendono unica nel suo genere. In primis queste tre “creature” anelano a diventare esseri umani; il più desideroso e consapevole dei problemi che questo loro desiderio comporterà è il personaggio che dà il titolo alla serie: Bem. Dotato di poteri superiori rispetto agli altri due, assume spesso il ruolo di “mediatore”, tentando di conciliare lo spirito ribelle di Bera con il rifiuto in cui spesso incappano degli uomini che non vogliono accettarli perché mostruosi. Questo suo atteggiamento protettivo gli conferisce un ruolo quasi paterno nei confronti del gruppo.
In effetti Bem, Bera e Bero si presentano ai nostri occhi (in una visione profondamente eurocentrista e impregnata dei nostri valori culturali, sia ben chiaro) come un piccolo nucleo familiare da cui, però, si discosta un po’ Bera l’unica figura femminile del terzetto, che se mostra, soprattutto con l’evolversi della storia, un vago istinto materno e protettivo nei confronti di Bero, è poi l’unico personaggio in cui il rifiuto per gli uomini, in particolare per la loro natura egoista ed egocentrica, è più evidente; sarà l’evolversi della storia e la sua personale maturazione psicologica ad ammorbidire un po’ il suo carattere “spigoloso”. Chiude il gruppo Bero, il più piccolo dei tre, che in diverse puntate assume il ruolo di vero protagonista della serie. Bero racchiude in sé tutte le caratteristiche tipiche dei bambini: innocente, curioso, generoso, dall’animo puro, le stesse caratteristiche che si ritrovano nei vari bambini che Bero incontra nel suo peregrinare, quasi che l’autore voglia sottolineare come la crudeltà umana sia un’acquisizione tipica dell’età adulta. Il character design spigoloso e dai colori un po’ acidi è di Nobuhide Morikawa, lo stesso creatore, mentre la regia è affidata a Jun Natsui, Noburo Ishiguro, Tadao Wakabayashi, Kyujiro Yanagida, Jiro Sasaki.
L’animazione, considerando che è una produzione della fine degli anni sessanta, è buona, soprattutto nell’utilizzo dei fondali mobili (gli effetti speciali sono affidati a Fujio Akatsuka). Le musiche sono bellissime: a partire dalla sigla originale “Youkai ningen Bem” eseguita dagli Honey Nights, fino a quelle affidate a Masahiro Uno, prevalentemente jazz, che contribuiscono a rendere l’atmosfera ancora più cupa e triste, ed enfatizzare la drammaticità che, come un filo sottile, si dipana e lega tutte le 26 puntate.
Che altro posso dire?
Poiché è una serie datata, la maggior parte dei nostri lettori conoscerà bene Youkai Ningen Bem, quindi non mi dilungherò ulteriormente sugli aspetti tecnici.
Tengo però ad approfondire un elemento della serie che ritengo molto importante, sia perché in esso si racchiude il messaggio che Nobuhide Morikawa ha voluto trasmetterci, sia per tutti coloro che in questa produzione animata riescono solo a vedere una storia horror che non è adatta ad essere fruita da un bambino (OK, continuiamo a crescere le nuove generazioni nei fiocchi d’ovatta senza insegnarli nulla sul bene e sul male…). L’aspetto che rende Youkai Ningen Bem una perla rara è la capacità con cui l’autore, attraverso una storia di fantasia, popolata da esseri immaginari, ci presenta la realtà, purtroppo triste e attualissima, dell’emarginazione. I tre protagonisti vivono nel mondo, a contatto con gli esseri umani, desiderando solamente diventare come loro, ma, salvo casi eccezionali, vengono continuamente rifiutati dagli uomini, che vedono in loro solo “il diverso” e quindi “il mostruoso”. Questa altro non è che la situazione che caratterizza la nostra società: viviamo nei nostri piccoli mondi rifiutando tutto ciò che è “altro da noi”, tutto ciò che non appartiene alla nostra cultura, senza il minimo sforzo da parte nostra di cercare di vedere le situazioni da un altro punto di vista, magari da quello della persona che ci sta davanti, anche se è diverso, straniero.
Viviamo in una nazione sempre più multiculturale, su questo nessuno ha più il minimo dubbio, ma sono veramente pochi i passi che si compiono in direzione “dell’altro”, di chi è fuggito da una realtà ben più crudele e invivibile della nostra ed è giunto in un luogo che per lui rappresenta “la speranza”. Bem, Bera e Bero altri non sono che gli stranieri arrivati nel nostro paese che cercano un posto accanto a noi, desiderosi di vivere in armonia, accogliendo aspetti della nostra cultura e donandoci elementi della loro. Puntualmente, però, vengono respinti. Ecco la contraddizione di fondo che distingue l’uomo: l’uomo è un individuo, ma l’individuo nasce dal confronto con gli altri, dal riconoscimento delle differenze insite tra le due parti in causa (e qui chi non ha riconosciuto la lezione che Hideaki Anno ci ha dato con le ultime puntate di Evangelion…?); noi siamo noi perché siamo diversi dagli altri, eppure è proprio questa diversità a spaventarci, a renderci intolleranti e chiusi nei confronti di chi è “estraneo”.
Quindi la nostra società è multiculturale ma non interculturale. Quindi Bem, Bera e Bero continuano a vagare di luogo in luogo alla ricerca di un posto in cui sentirsi riconosciuti non come stranieri, ma semplicemente come esseri viventi, pensanti, esseri umani, uguali a noi per dignità e diritti.
È impossibile non percepire la caparbietà di Bem di continuare ad amare la società umana nonostante venga respinto; lo sconcerto di Bera davanti all’ingratitudine degli uomini; la tristezza di Bero che non riesce a vivere una vita normale, fatta di giochi, di amici, di un luogo sicuro in cui vivere.
Recensione di Samantha “Usagi”
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