E siamo arrivato anche all’ultimo appuntamento a cui abbiamo partecipato per l’ultima edizione di Lucca Comics & Games 2022, ovvero il Panel su Cyberpunk: Edgerunners. L’incontro totalmente in inglese è stato moderato da Pawel Burza (Senior Communication Manager di CD PROJEKT RED), con ospiti Bartosz Sztybor (mente dei fumetti di CDPR e della storia di Cyberpunk: Edgerunners), Saya Elder (produttrice del progetto nonché vero e proprio punto d’incontro tra le due realtà), Yoh Yoshinari (vera e propria leggenda dell’animazione e character designer di tantissimi progetti dello Studio Trigger) e Naoko Tsutsumi (animatrice dello Studio Trigger).
Pawel Burza: Buongiorno a tutti. Come immaginate parleremo di Cyberpunk: Edgerunners. È già da un po’ di tempo che la serie è stata resa disponibile su Netflix per cui vorrei chiedere allo staff che ne pensate della serie ora che è passata l’eccitazione della partenza? Siete soddisfatti del vostro lavoro, vorreste fare altre serie simili?
Yoh Yoshinari: La produzione della serie in Giappone si è conclusa circa 6-8 mesi prima della messa in onda ufficiale. Allo Studio Trigger siamo piuttosto soddisfatti della produzione finale e abbiamo avuto tempo di riprenderci in questi mesi, per cui siamo rimasti molto felici del fatto che il pubblico abbia apprezzato la serie e dei feedback che abbiamo ottenuto dai fan.
Pawel Burza: E invece che ne pensi tu, Bartosz?
Bartosz Sztybor: Sono un tipo piuttosto diretto. Ero davvero eccitato durante il processo creativo, mi piaceva un botto ed ero felice quando potevo scrivere quel che volevo. Ma una volta finito il mio lavoro, tendo a dimenticarmi tutto. Per cui mi sono scordato persino dimenticato quando sarebbe uscito… l’11 Settembre o il 17?
Quando è andata in onda la premiere stavo ancora dormendo e quando mi sono svegliato, sono stato ricoperto da messaggi di congratulazioni da gente di ogni parte del mondo. Era fantastico, perché mi sarei aspettato al massimo messaggi da un centinaio di persone. Invece l’hanno visto migliaia di persone in tutto il mondo ed è una cosa spettacolare, commovente. Per cui, sì, sono davvero felice, ma preferirei che ci si calmasse un po’, così da poter provare altro, qualcosa di nuovo.

Pawel Burza: Una domanda perla produttrice. Quando la serie è partita come hai reagito? Ci sono stati problemi? Eri preoccupata riguardo ai numeri delle visualizzazioni?
Saya Elder: È stato piuttosto stressante, perché mi occupavo della traduzione internazionale e mi occupavo dell’ultima fase della produzione, a cinque giorni dall’uscita stavo ancora lavorando sulla localizzazione inglese. Quando lavori a progetti simili, leggi le stesse battute così tante volte che finisce per avere la stessa sensazione di un tormentone che ti viene fatto troppe volte. Non è più divertente. Per cui vedi la sceneggiatura e pensi “non è affatto interessante”.
Ma una volta che la serie è stata trasmessa, c’è stata un’ondata di commenti positivi che hanno spazzato via tutto quello stress.
Bartosz Sztybor: Quindi smettete di amare Edgerunners.
Pawel Burza: Facciamo un passo indietro alla fase di ideazione del progetto da parte di CDPR. Com’è iniziato il progetto per la produzione della serie animata?
Saya Elder: È iniziato in modo molto appassionato. Lo staff dello Studio Trigger era molto pompato e coinvolto nella cosa “Dai, facciamo un anime su Cyberpunk 2077!“. A quel punto abbiamo deciso di fare una differenziazione tra la sceneggiatura normale e quella dell’anime. Per cui siamo partiti da una sceneggiatura normale, e poi abbiamo impiegato circa tre anni per trasformare questa sceneggiatura in una sceneggiatura adatta ad una serie animata, continuando a raffinarla e migliorarla di continuo. Un sacco di personaggi sono stati cambiati dalla sceneggiatura iniziale, altri sono stati aggiunti, creando l’Edgerunners che conoscete.
Pawel Burza: Com’è andata la produzione? Era la prima volta che collaboravate con una società occidentale. Ci sono state difficoltà con la storia o altro?
Naoko Tsutsumi: Partiamo dall’idea che ci sono differenze nella creazione di una produzione tra le nostre compagnie. La cosa più importante era rimanere in sintonia con l’altro staff riguardo alla produzione dell’anime e che non ci fossero incomprensioni. Per cui abbiamo tenuto frequenti incontri tra i membri dello staff delle due compagnie. Purtroppo tra di noi c’era la barriera linguistica, perché i membri dello Studio Trigger non parlano inglese, mentre i membri di CDPR non parlano giapponese. Per cui questi incontri da 3-4 ore, visto che volevamo che ogni membro desse il suo parere e che le sue idee venissero recepite dall’altro team.
Bartosz Sztybor: In realtà ricordo che non erano incontri di 4 ore, ma tipo di 7-8 ore.
Pawel Burza: Il processo di traduzione e adattamento è davvero complicato, giusto? Perché se non si interpreta bene si finisce per saltare qualcosa o non esprimere un concetto al meglio, per cui grazie per il tuo lavoro Saya.
Saya Elder: Grazie a te! La traduzione è un processo divertente e importante, perché c’è la voglia di far comprendere al massimo le due parti tra loro, in modo che si capiscano a vicenda.
Pawel Burza: Quanto è stato difficile adattare il mondo di Cyberpunk 2077 in una serie animata utilizzando dei design altrui per le armi, i posti e altro?
Yoh Yoshinari: Volevo rispettare il setting originale, visto che questo anime sarebbe stato uno spin-off del videogioco. La mia prima preoccupazione era quella che i fan del gioco riuscissero subito a riconoscere determinate cose e apprezzare lo show come parte dello stesso universo narrativo. Per cui mi sono assicurato di inserire nell’anime gli stessi concetti e oggetti del gioco.
Pawel Burza: Sì, anch’io ho apprezzato tantissimo questo collegamento tra le due produzioni.
Bartosz Sztybor: I personaggi della serie sono molto simili a quelli del gioco, ma anche un po’ diversi. Potete parlarci della vostra creazione dei personaggi?
Yoh Yoshinari: In Giappone chiamiamo Giochi Occidentali tutti i giochi prodotti in occidente, e questi giochi hanno uno stile specifico, per cui è molto difficile per uno studio giapponese riuscire a ricreare qualcosa che anche il pubblico giapponese possa godersi. La cosa più complicata è stato trovare un buon bilanciamento fra questi due stili. Nell’animazione giapponese c’è sempre voglia di carineria, cosa che non è molto popolare nei media occidentali, per cui ho cercato di eliminare completamente quest’idea e rendere Cyberpunk 2077 in anime. Con quest’idea abbiamo creato la maggior parte dei personaggi di Edgerunners.
Bartosz Sztybor: Ripperdoc ha un aspetto molto strano. Ricordo i primi schizzi avuti da Yoshinari, ma ho pensato che non sarebbe stato in tema con la lore del gioco, alla fine invece è risultato strabiliantemente azzeccato.
Yoh Yoshinari: Di solito nello Studio Trigger è Hiroyuki Imaishi che si occupa di design strani, mentre io sono quello che cerca di adattare i suoi lavori nella produzione effettiva. Quindi è stato Imaishi a creare Ripperdoc.
Pawel Burza: Lo stile d’animazione dello Studio Trigger è qualcosa di fenomenale! Frenetico, accattivante e sorprendente. Avete trovato difficile adattare le animazioni del gioco per l’anime?
Yoh Yoshinari: Le animazioni spettacolari ed esorbitanti sono una specie di marchio di fabbrica dello Studio Trigger. Quando abbiamo iniziato è stato molto semplice, perché il nostro stile si è insinuato alla perfezione nel mondo di Cyberpunk 2077.
Pawel Burza: Oltre alle fenomenali scene d’azione ci sono anche momenti d’intermezzo di riflessione. Che ne pensi Bartosz delle scene romantiche e commoventi, delle cose belle e brutte che succedono ai personaggi?
Bartosz Sztybor: A me piace ammazzare la gente. (risate e applausi) Scusate, a dire il vero mi piacciono alcune delle scene romantiche. È stata un’idea splendida frutto di tre anni di lavoro. Per me il momento migliore è proprio quando David e Lucy si innamorano. Quando sto scrivendo la sceneggiatura preferisco decisamente le scene di azione dove la gente viene ammazzata, ma anche le altre scene non sono male.
Pawel Burza: Torniamo alla storia. Abbiamo questo concetto che tutto ha un prezzo e c’è questa specie di finale non propriamente felice a Night City. Qual è l’idea per una storia noir simile?
Bartosz Sztybor: Cyberpunk è noir e il noir si basa sempre su personaggi tragici, città in cui la vita è dura, per cui sia nel gioco, che nei fumetti e nell’anime il noir è fondamentale.
La storia ovviamente ha dei personaggi tragici, alcuni muoiono, ma per me Edgerunners ha una specie di lieto fine. Nel finale c’è un pizzico di speranza.
Pawel Burza: Sì, ricordo di averne parlato dopo aver visto la serie. Dopo il finale ho iniziato a ripensare a quello che è successo durante tutta la serie e collegare diversi punti, pensando se si sarebbe potuto fare un finale diverso. Ma alla fine è sempre Night City che spinge i personaggi verso un punto di non ritorno, con David che aumenta gli innesti e la Cyberpsicosi che incalza. Tutti gli spettatori penseranno “Non strafare! Smettila!”, ma alla fine riescono a comprendere la sua ambizione. È un sentimento contrastante, da una parte vorremmo che si spinga oltre, mentre dall’altra che non superi il limite perché le cose potrebbero andare male.
Bartosz Sztybor: Inoltre c’è anche la questione che molti personaggi fanno cose fuorilegge. La cosa piace, perché molti di loro non fanno quel che fanno perché sono “cattivi”. Night City è “cattiva” e loro sono costretti a fare ciò che devono per sopravvivere. Sono una strana famiglia che si vuole bene, per cui in questa folle e dura città possono accadere anche cose belle.

Pawel Burza: Come funziona il processo creativo per lo stile dei personaggi? Ci sono molti passaggi prima di ottenere il risultato finale? Tipo “Ecco, questo è l’aspetto perfetto per questo personaggio!”
Yoh Yoshinari: Il design originale di David con la sua giacca gialla è stato proposto da CDPR, per cui ci siamo basati su quello quando abbiamo creato il concept artistico del personaggio. Di contro, l’aspetto di Lucy è stato ideato da noi dello Studio Trigger ed è stato un design più complicato da ideare. Abbiamo creato diversi bozzetti per Lucy e alla fine ci siamo fatti tante domande sulla sua caratterizzazione, rispondendo alle quali abbiamo scelto il design finale del personaggio.
Pawel Burza: Sì, è davvero spettacolare. Mi piace tantissimo come riesce a incorporare alla perfezione l’idea di una Netrunner futuristica, anche il taglio a caschetto le sta da Dio!
Yoh Yoshinari: Se avessimo utilizzato semplicemente il design di base per i netrunner di Cyberpunk 2077, credo che Lucy non avrebbe brillato come personaggio, per cui l’abbiamo caratterizzata separando le idee.
Pawel Burza: Ci sono stati altri personaggi problematici su cui lavorare?
Yoh Yoshinari: Sicuramente Lucy è stato il personaggio più complicato su cui lavorare, ma abbiamo messo tanto tempo anche per decidere il design finale di Gloria, la madre di David. Il problema principale è che ogni persona ha un’idea su come debba essere una “madre forte“, e questo concetto in Giappone non è identico a quello in Polonia. Per esempio quando Gloria scoppia a piangere nel traffico, di fronte a David, è stato un momento davvero toccante. Ci siamo chiesti se fosse un bene mettere una scena simile a quel punto.
Bartosz Sztybor: Volevamo renderla una persona davvero gentile e alla fine spinge David verso il limite. Per noi, all’inizio era un po’ strano, ma abbiamo realizzato che grazie a quello il personaggio è caratterizzato meglio.
Yoh Yoshinari: Il personaggio di Gloria è stato sicuramente quello più difficile da caratterizzare per noi allo Studio Trigger. Se si da un’occhio allo scenario, è in scena per pochissimo tempo, visto che muore praticamente all’inizio della serie. È stato complicato pensare a cosa farle dire per renderla un personaggio importante ai fini della trama, la cui morte colpisse David sulla sua scelta di vita.
Pawel Burza: Infatti la cosa ha molto impatto, come ad esempio la giacca che indossa David per tutta la serie apparteneva a sua madre. È qualcosa che lui conserva come un ricordo che gli fa tenere bene a mente da dove viene e per cosa combatte.
Bartosz Sztybor: La cosa che colpisce maggiormente è che David continua a indossare la sua giacca, come hai detto tu, e che conserva le sue ceneri. È una cosa figa, perché capiamo subito i sentimenti di David, dal fatto che conserva entrambe e in molte scene lo vediamo riflettere mentre osserva l’urna con le ceneri della madre.

Pawel Burza: Le emozioni sono un altro punto focale della serie. Tutto inizia normalmente, ma poi sembra andare tutto a rotoli e quindi abbiamo dei picchi di tensione emotiva spaventosi. Non tutti gli spettatori sono abituati allo stile anime, avete pensato alla serie anche per chi non è un fan degli anime?
Yoh Yoshinari: La cosa principale di questo progetto è che è tratto da un videogioco. Cyberpunk 2077 è ambientato a Night City e quando giochi segui le vicende del tuo personaggio, ma in questa serie volevamo mostrare Night City attraverso il punto di vista di un ragazzo qualunque. L’altro punto importante è che la storia di David non è un classico degli anime. Volevamo che la gente vedesse la serie non come fosse un anime, ma come una serie drammatica.
Pawel Burza: Passiamo alle domande dal pubblico.
Potete parlarci di Rebecca e del fatto che ci fossero problemi sul mantenimento del personaggio?
Saya Elder: Nelle fasi iniziali del progetto avevamo pensato a un secondo interesse romantico per David, che poi è stato totalmente rimosso dalla sceneggiatura. David avrebbe dovuto avere una relazione più fisica e sessuale con questo secondo personaggio, per cui quando abbiamo visto il design di Rebecca abbiamo pensato che forse non sarebbe stato il caso. Poi quando abbiamo realizzato che questo era un personaggio che non sarebbe stato collegato a questo “secondo interesse romantico”, abbiamo ammesso che effettivamente ci piaceva, sarebbe stata una splendida aggiunta alla serie.

Vorrei sapere perché Yoshinari si è concentrato maggiormente sull’ultimo episodio lasciando gli storyboard degli altri episodi agli altri membri dello staff.
Yoh Yoshinari: In realtà Imaishi avrebbe dovuto lavorare sull’ultimo episodio, ma stava lavorando troppo al punto che sembrava ci avrebbe rimesso la pelle, per cui mi sono messo al lavoro personalmente per dargli una mano sull’episodio 10. Stava per diventare un cyberpsicopatico.
Perché Nakashima non è stato coinvolto nel progetto, visto che è stato coinvolto in altri progetti diretti da lei?
Yoh Yoshinari: Nakashima non fa parte dello staff della Trigger e visto che questa era una collaborazione tra il nostro studio e CDPR, abbiamo preferito non coinvolgere elementi esterni.
Ci sono altri progetti di collaborazione riguardo l’universo di Cyberpunk?
Saya Elder: Al momento non è qualcosa che abbiamo in cantiere.
Che tipo di approccio ha questa serie di taglio molto occidentale, visto il fatto che il genere cyebrpunk è molto amato anche in Giappone?
Yoh Yoshinari: Secondo me non c’è una vera e propria differenza tra il cyberpunk occidentale e giapponese. Diciamo che le idee su cui si basa il cyberpunk attuale, è Blade Runner. Anche Ghost in the Shell e Akira sono stati di grande ispirazione per il genere. La nostra idea era di tornare alle origini e basarci su una visione alla Blade Runner.
Bartosz Sztybor: Anche per me è la stessa cosa. Pensate che il genere cyberpunk era molto affascinato dalla capitale giapponese, di cui le città sembrano delle versioni futuristiche, con un misto di cultura orientale e occidentale.
L’episodio 6 è uno dei più belli della serie ed è diretto da Kai Ikarashi. Vorrei sapere per quel che abbiamo visto in Gridman e Dynazenon, credete che sia pronto a dirigere una serie tutta sua?
Yoh Yoshinari: Una domanda davvero super specifica! Ci sono tantissime produzioni che ci piacerebbe affidare a Ikarashi, ma non abbiamo ancora ricevuto una risposta da parte sua.
Vorrei tornare a parlare di un personaggio interessante come Rebecca. Trova difficile creare un personaggio così controverso?
Yoh Yoshinari: Il Giappone non è come il resto del mondo, per cui non siamo al passo con quel che succede nel resto del mondo, come il “politicamente corretto“. Però a volte cerchiamo di immaginare che se certe tendenze possono finire per arrivare anche in Giappone, potremmo essere costretti a fare dei cambiamenti nell’industria degli anime. A quel punto proverò ad affrontare di petto questo cambiamento.

Nelle scene in cui vediamo la cyberpsicosi, vediamo come dei glitch sugli occhi. Qual è la scelta principale per aver scelto questo strumento visivo?
Yoh Yoshinari: È stata un’idea di Imaishi, aveva visto una scena disegnata da qualche parte e voleva riproporla a modo suo.
Che differenza c’è tra i disegni per le animazioni iniziali e quelle finali?
Yoh Yoshinari: La base dell’animazione è quella attraverso gli acetati, e questo tipo di animazione è spesso molto limitato, visto che c’è bisogno di avere il prodotto finale in testa prima di produrlo. E man mano si realizza, a volte diventa sempre più diverso da quel che avevi in mente. Per questa serie invece avevamo già come base le animazioni e le illustrazioni del videogame, per cui è stato più facile rimanere su quello stile.