Con i suoi maxischermi e luci ipnotiche, la capitale giapponese viene vista in tutto il mondo come simbolo di modernità ed innovazione, come una sorta di spazio virtuale dove il confine tra reale e surreale è estremamente sottile. Proprio per questo, è stata spesso utilizzata come modello per la riproduzione dello spazio urbano presente in film e romanzi di fantascienza. In particolare, nell’immaginario collettivo, il quartiere Shinjuku è attualmente riconosciuto come il vero cuore pulsante della capitale giapponese Tokyo. Il suo paesaggio, fatto di luci al neon e grattacieli, pare abbia ispirato Ridley Scott nella pianificazione dello scenario urbano per il suo film Blade Runner (1982) così come per il sequel Blade Runner 2049 (2017), diretto da Denis Villeneuve.

Blade Runner nella vita reale
Ambientato nel 2019, Blade Runner è tratto dal racconto di Philip K. Dick Do Androids Dream of Electric Sheep? (tradotto come “Il cacciatore di androidi”,1968). Le scene del film si svolgono in una Los Angeles del futuro, presentata come una megalopoli immensa che copre l’intera costa del Pacifico.
La pellicola, ambientata in un futuro distopico, mostra una città afflitta da inquinamento, cambiamenti climatici, sovrappopolazione, tensioni razziali e di classe, alienazione, solitudine, per non parlare del tema centrale del film ossia la lotta tra esseri umani biologici e androidi detti anche “replicanti”. Il film dimostra come lo sviluppo tecnologico, che apparentemente aveva promesso un futuro prospero e roseo, in realtà ha generato un alto livello di decadenza e degrado urbano nelle città moderne.
Gli spazi urbani del film sono affollati da insegne al neon con scritte in inglese, cinese e giapponese e schermi grandi quanto un intero edificio. Pubblicità e propaganda vengono trasmesse ovunque, anche da veicoli che fluttuano sopra le strade. Tuttavia, nonostante l’ambientazione del primo film e del suo sequel sia una Los Angeles futuristica, il riferimento visivo è chiaramente una metropoli asiatica ultramoderna, in particolare alcune zone di svago di Tokyo, soprattutto il distretto a luci rosse Kabukicho a Shinjuku. Il fotografo giapponese di fama mondiale Moriyama Daido ha notato questa incredibile somiglianza sostenendo che, camminando per le strade di Kabukicho, gli sembrava di muoversi sullo sfondo di Blade Runner.

Una visione cyberpunk – Tokyo e Blade Runner
A realizzare la visione della città distopica del regista Ridley Scott, è stato soprattutto l’artista futurista di fama mondiale Sydney Jay Mead, il quale ha lavorato su diverse pellicole come Alien (Scott,1979) e Tron (Lisberger,1982), realizzando gran parte della dettagliata costruzione urbana dell’ambientazione di questi film. La concept art di Mead include trasporti, paesaggi, pianeti e persino stili e mode futuristiche, che sono alla base di gran parte dell’arte digitale cyberpunk prodotta oggi, in particolare l’arte che coinvolge gli spazi urbani ispirati alle città dell’Asia orientale. Lo stesso Mead dichiarò di essersi ispirato alla metropoli giapponese.
Mead a sua volta è l’ispirazione della serie Tokyo Nights del fotografo Liam Wong, il quale combina la fotografia con l’arte digitale per rappresentare la città contemporanea di Tokyo come uno spazio futuristico. Gli scatti di Wong come “Nakano Nights, Neon Broadway” e “Shinjuku Nights, Sleepless Town” sono direttamente paragonabili alle scene concepite da Mead per Blade Runner.

Il tecno-orientalismo
Ma perché, in questa pellicola, Tokyo viene identificata come città del futuro? Questa particolare concezione, che appunto collega le città giapponesi alla fantascienza e al futuro, viene definita “tecno-orientalismo”. La percezione tecno-orientalista si ritiene che sia scaturita da un fenomeno diffuso nell’America degli anni ’80, il cosiddetto “Japan Panic”, cioè il timore scaturito dalla crescita economica del Giappone. Infatti, l’estetica tecno-orientalista che ha influenzato la creazione dello sfondo urbano di Blade Runner (in cui viene mostrata una città tecnologica ma decadente), in realtà pare che nasconda un forte risentimento nei confronti del Giappone da parte degli Stati Uniti, legato alla minaccia dell’ascesa economica giapponese o in generale dell’Asia orientale.
Iconografia cyberpunk, letteratura e anime
L’immagine più iconica del primo Blade Runner è uno schermo che mostra una geisha ingoiare ripetutamente una pillola sorridendo.
Questa immagine e in generale gli enormi schermi diffusi in diverse zone della metropoli nipponica vengono concepiti come il segno distintivo delle città postmoderne e risultano essere un motivo ricorrente nell’estetica cyberpunk, esempio di fantascienza postmoderna sviluppatasi dopo l’uscita di Blade Runner.

Molte opere appartenenti a questo filone sono incentrate sul cyberspazio dominato da una tecnologia all’avanguardia, molto spesso associato proprio a Tokyo. Non a caso, il precursore del genere cyberpunk William Gibson ha affermato che: “Il Giappone è l’impostazione predefinita dell’immaginazione globale per il futuro”. Gibson, con il suo romanzo Neuromancer (Neuromante,1984), diede inizio alla rivoluzione del cyberpunk, sottogenere letterario incentrato sulla tecnologia, la cibernetica e con una fortissima connotazione sociopolitica.
Neuromante di William Gibson
Il suo romanzo è ambientato in un Giappone del futuro: più precisamente a Chiba City, dall’altra parte della baia di Tokyo. Si possono notare degli elementi in comune tra lo sfondo urbano mostrato nella pellicola di Scott e l’opera di Gibson. Infatti, anche nel suo romanzo, la città è caratterizzata da una struttura labirintica, inondata di pubblicità, caos urbano e inquinamento. In sostanza l’opera di Ridley Scott così come il romanzo cyberpunk Neuromante di Gibson hanno costruito una visione della città del futuro che si identifica proprio con Tokyo, fatta di grattacieli, neon, folle e caos.

Akira e Ghost in the Shell
Un altro esempio di tale visione, è la rappresentazione della “Neo-Tokyo” mostrata nel capolavoro cinematografico Akira (1988) diretto da Katsuhiro Otomo tratto dall’omonimo manga dello stesso autore. Kaneda, protagonista del film, sfreccia a tutta velocità per le strade strette e tortuose della città, ricostruita dopo lo scoppio di una bomba nucleare durante la terza guerra mondiale che aveva raso al suolo la vecchia Tokyo. È interessante notare come la città post-apocalittica immaginata da Katsuhiro Otomo possieda una struttura che risulta essere estremamente fedele all’immagine attuale della capitale.
Allo stesso modo, la metropoli Newport City sfondo del famoso manga e anime Ghost in the Shell (anch’esso appartenente alla narrativa cyberpunk), da cui è stato tratto l’omonimo film del 2017, risulta essere dominata da grattacieli, illuminazioni e maxischermi ultramoderni.

Estetica dal futuro
Potremmo concludere sostenendo che la pellicola cinematografica Blade Runner, così come l’estetica cyberpunk, pongano la capitale giapponese come prototipo di spazio del futuro, influenzando non solo registi e graphic designer, ma anche coloro che hanno sviluppato progetti di rivitalizzazione urbana nelle città di tutto il mondo.
Tokyo è una megalopoli che ha conosciuto una costante evoluzione nel corso della sua storia, e sicuramente continuerà a subire delle ulteriori trasformazioni ridefinendo la propria immagine e struttura urbanistica verso una direzione sempre più moderna. Proprio per questo, può essere considerata a tutti gli effetti una città simbolo del rinnovamento e del futuro.

Tokyo e Blade Runner, una relazione strettissima che ha influenzato cinema e letteratura.
L’Arte del film di Ghost in The Shell in una ricca galleria di immagini! – ProjectNerd.it
L’Arte di Blade Runner 2049 in una ricca galleria di immagini! – ProjectNerd.it