Capitolo 1: Miranda
Parte 1
La Terra non è l’unico pianeta del nostro Universo.
Esistono mondi lontani, così lontani che la limitata mente umana non può nemmeno arrivare a sfiorare la distanza che separa i mondi l’uno dall’altro. Alcuni di questi pianeti vivono in pace, desiderando convivere quietamente con altre civiltà, imparare, svilupparsi.
Esistono civiltà che non desiderano altro che la guerra.
Gli umani, credendo stupidamente di essere al sicuro o di essere soli, non si preoccupano di questi popoli.
A distanza siderale dalla Terra si ergono le maestose guglie di Asgaard, dimora degli ASI, che sulla Terra un tempo furono venerati come dei. Asgaard era unita alla Terra dal Bifrost, il Ponte dell’Arcobaleno, distrutto anni or sono nel feroce scontro tra Thor, dio del Tuono, e suo fratello Loki, il traditore, l’esiliato.
Si pensava che Loki fosse morto, risucchiato nell’abisso, nello spazio profondo.
Ma non è così.
Questa non è la storia di Loki, o meglio, il dio in questione non ne è il protagonista principale.
Questa storia inizia in un pomeriggio piovoso, a New York.
Questa è la storia di Miranda Frost.
Miranda Frost era una venticinquenne grintosa e tenace. Lavorava alla Stark Corporation, l’azienda del miliardario Tony Stark, alias Iron Man, un geniale inventore e nel tempo libero playboy e filantropo.
Miranda era incredibilmente intelligente e si era laureata da poco in fisica delle particelle. Aveva lunghi capelli castani e brillanti occhi verdi.
La sua vita scorreva in una routine a dir poco monotona: al mattino si svegliava, si metteva in tiro per andare al lavoro, come dicevano i suoi colleghi giocava al piccolo fisico, alle cinque smontava, tornava a casa, dove viveva sola con il suo gatto Leo, andava a dormire presto. Di un uomo neanche l’ombra. Finché, in un piovoso pomeriggio di ottobre, non incontrò Luke.
Aveva iniziato a piovere di botto, uno di quegli acquazzoni infernali che se sorprendono senza ombrello infradiciano fino alle ossa.
Miranda, per fortuna, se ne era munita, ma pioveva davvero troppo per il suo modesto ombrellino. Si sarebbe sfondato sotto il peso di quella pioggia scrosciante. Decise perciò di aspettare sotto l’ampia balconata di un palazzo vicino alla Stark Tower che la pioggia diminuisse un po’. Era sola.
Improvvisamente, dopo un paio di secondi, un uomo si rifugiò sotto la stessa balconata dove si era appostata lei. Miranda lo osservò con la coda dell’occhio: si stava strizzando i lembi dell’elegante divisa lavorativa. Dovette ammettere che era davvero un bel tipo: aveva capelli corvini che gli arrivavano alle spalle e quel completo nero metteva in risalto il suo fisico asciutto e la pelle chiara. In quel momento si voltò verso la strada e lei poté vedere in parte il suo viso: aveva tratti spigolosi, decisi, labbra sottili e serie. Stette in silenzio, troppo presa dallo studio di quell’uomo dall’aria così particolare, così estraneo da sembrarle quasi un alieno. Dal canto suo, l’uomo non diede segno di averla nemmeno notata.
Dopo pochi minuti, l’acquazzone iniziò lentamente a scemare in una pioggia accettabile. Miranda decise di farsi avanti.
“Scusa?” chiamò, rivolgendosi all’uomo. Il suddetto si girò, stupito. Miranda si disse che non aveva mai visto degli occhi così strani, di un azzurro così chiaro da sembrare bianco, e che erano davvero belli.
“Sì?” replicò lo sconosciuto.
“Ho visto che non hai un ombrello, e di questo passo dovrai aspettare un bel po’ prima di poter tornare a casa. Che ne dici di condividere il mio? E’ piccolo, ma potremmo starci.” propose, un po’ esitante. L’uomo lentamente sorrise.
“Sei davvero gentile. Grazie infinite.” disse, infilandosi sotto l’ombrello che Miranda aveva aperto.
“Posso sapere il tuo nome?” chiese, con un tono cortese come Miranda non ne aveva mai sentiti.
“Miranda Frost. E qual è il tuo?”
“Luke Nott.” rispose, ma sembrava quasi che non gli appartenesse. Miranda decise di non farci caso.
“Dove lavori, Luke?”
“Qui vicino, lo vedi quel palazzo? Quello con i leoni sulla facciata? Ecco, proprio lì.”
Dopo le prime impacciate parole di rito i due iniziarono a parlare del più e del meno, come se niente fosse, come se il tempo avesse perso significato. Camminarono per la città senza badare a dove andavano, pensando solo alla loro conversazione, gettandosi di tanto in tanto delle occhiate, finché non calò la sera.
“Finalmente ha smesso di piovere!” esclamò Miranda, chiudendo l’ombrello.
“Dove abiti?” domandò Luke. Miranda si guardò attorno e si accorse che erano capitati proprio nella zona dove abitava.
“In quel palazzo laggiù. – disse, indicando una palazzina di un paio di piani. – Grazie, Luke. Mi sono divertita a chiacchierare con te.” disse, sorridendo. Per la prima volta Luke sorrise per davvero.
“Lo stesso vale per me, Miranda. Spero di incontrarti ancora.” replicò lui, non smettendo di guardarla finché non si fu chiusa la porta d’ingresso alle spalle. Entrambi, né l’umana né il dio potevano immaginare che quello sarebbe stato l’inizio della fine.
***
“Luke, cosa c’è?” domandò Miranda per l’ennesima volta. Prese tra le mani il volto di Luke, il suo compagno, l’uomo con cui viveva ormai da un anno.
“Niente, Amy. Va tutto bene, davvero.” rispose Luke, evitando di guardare negli occhi la ragazza. Miranda strinse più saldamente il suo viso.
“Per l’amor del cielo, Luke! Non tenerti tutto dentro. Ci sono anche per questo, per aiutarti. Nel bene e nel male, ricordi? Farò di tutto per aiutarti, lo sai questo?” sbottò, frustrata. Il suo Luke era più strano del solito, nell’ultimo periodo, si estraniava, era distratto, sembrava assente.
“Lo so, Amy. Lo so.” disse Luke, stringendola forte a sé e baciandole la tempia.
“Luke, a volte sembra quasi che tu provenga da un altro pianeta.” disse Miranda, stringendo Luke, con una strana sensazione nel cuore.
“Perché?” chiese lui, carezzandole dolcemente i capelli. A Miranda parve che il suo tono di voce fosse preoccupato, addirittura sospettoso. Avvertì un brivido correrle lungo la schiena, ma decise di ignorarlo.
“Perché ti sento lontano, Luke – rispose lei, scostandosi dal suo petto e piantando gli occhi in quelli quasi bianchi di Luke. – Ti sento lontano e ho paura di perderti.” concluse, a voce bassa. Lo sguardo di Luke si fece triste.
“Non mi resta altro che dirtelo, a questo punto.” disse, con un sospiro. Miranda deglutì, aspettandosi di sentirsi dire che la loro era stata una bella storia, ma che era tutto finito.
“La mia azienda mi ha fatto un’offerta di lavoro all’estero, in Canada. Dovrò stare lì per un anno e durante quell’anno non potrò tornare qui nemmeno un giorno. Era questo ciò che mi turbava, nient’altro.” rispose, sospirando. Miranda tirò un intimo sospiro di sollievo.
“Amore, ma è fantastico! Stai facendo carriera! Sono così fiera di te!” esclamò, abbracciandolo. Luke sorrise divertito.
“Sono felice che tu sia contenta, tesoro. Pensavo di accettare quest’offerta, non me ne capiteranno più di così vantaggiose.” disse Luke. Miranda s’intristì un poco al pensiero che per un anno sarebbe stata lontana da lui. Si costrinse a sorridere.
“Fai bene, amore. In fondo, dopo quest’anno staremo di nuovo assieme.” replicò Miranda. Luke le sorrise.
“Sì, tesoro. Proprio così. Dopo staremo insieme.” disse, dandole un bacio a fior di labbra.
La settimana dopo, Luke partì di mattina presto, dopo averle dato un bacio dietro l’altro, lasciandole un’inquietudine profonda in fondo al cuore. Miranda aveva la sensazione che non l’avrebbe più rivisto, che non avrebbe più rivisto il Luke che conosceva. Non sapeva quanto quella sensazione corrispondesse alla realtà.
***
Miranda non si riconosceva più. Ogni volta che si guardava allo specchio e vedeva il suo viso smunto, le sue labbra pallide, i suoi capelli opachi le sembrava di essere solo l’ombra di quella che era prima che Luke se ne andasse. Per i primi tre mesi era andato tutto bene: si sentivano ogni giorno, chiacchieravano ore intere alla sera, come facevano sempre quando Luke era presente. Ma da quattro mesi ormai Miranda non aveva notizie di Luke. Non rispondeva al cellulare, all’azienda non sapevano dirle nulla, in Canada pareva non esserci mai arrivato. Miranda non sapeva più dove sbattere la testa. Si era detta e ridetta che era ora di ricominciare, di mettere da parte Luke e di andare avanti. Ma ogni volta che le capitava sottomano una foto di loro due insieme scoppiava a piangere e la notte dormiva con indosso una sua maglia stringendone al petto un’altra. No, non poteva lasciarlo andare. Non ancora.
Andava avanti così, come una macchina, finché un giorno bussarono alla sua porta. Era la prima visita che riceveva da sette mesi. Per un folle momento le balenò in testa l’idea che potesse essere Luke, ma subito si diede della stupida. Luke non sarebbe più tornato.
“Chi è?” chiese con voce stanca. Non aveva voglia di vedere nessuno, voleva solo stendersi sul divano e addormentarsi.
“Agenti federali, signorina Frost. Abbiamo ordine di prelevarla.” le rispose una voce da fuori. Miranda spalancò gli occhi e s’attaccò allo spioncino.
“Fatemi vedere i distintivi.” intimò. Non appena gli uomini le ebbero mostrato distintivi sembra ombra di dubbio autentici, la ragazza aprì.
“Perché siete qui? Non ho fatto niente.” disse Miranda, più stanca che stupita. Niente la stupiva più, ormai.
“Lei ha avuto una relazione con quest’uomo?” domandò l’agente, estraendo una fotografia. Miranda strabuzzò gli occhi. Era Luke.
“Sì.. cosa gli è successo? Avete notizie di lui?” domandò a raffica. L’agente restò impassibile.
“Mi segua, signorina.” ordinò perentorio. Miranda afferrò il suo gatto e seguì l’agente così come era vestita, con una maglietta di Luke addosso, che la copriva solo fino a mezza coscia.
Gli agenti la condussero in una macchina nera, anonima, che partì silenziosa come un fantasma.
“Dove andiamo?” domandò Miranda, cercando di controllare la voce. L’agente non le rispose e non rispose a tutte le domande che pose nel tentativo di estorcere qualche informazione. Era una tomba.
A un certo punto Miranda si addormentò e al suo risveglio si accorse che erano arrivati. La fecero scendere dall’elicottero su cui l’agente, che si chiamava Coulson, l’aveva caricata mentre era addormentata e la condussero in quello che sembrava un bunker. All’interno, trovò un gruppo di uomini: un uomo alto, nero, con una benda sull’occhio, un tizio biondo dalla pettinatura anni Quaranta, una donna dai capelli rossi, un altro uomo che sembrava uscito da una saga vichinga e.. il suo capo, Tony Stark, che, voltatosi, borbottò un “E lei chi diavolo è?”
Miranda si fece timidamente avanti e tese la mano a Tony Stark.
“Signor Stark, sono una sua dipendente. Mi chiamo Miranda Frost.” iniziò, ma prima che potesse finire l’uomo con la benda parlò.
“Era la compagna di Loki.” disse e quelle parole la colpirono come un pugno. Loki? Chi era Loki?
“Siamo sicuri?” domandò la donna, lanciandole uno sguardo che sembrava pregare che si fossero sbagliati.
“Sicuri. Lo ha riconosciuto dalla foto.” comunicò l’agente Coulson. La ragazza vide gli occhi della donna intristirsi. A quel punto Miranda si sentì in dovere di far sentire la propria voce.
“Intendete dire Luke? Luke Nott, il mio compagno? Ma.. perché lo chiamate Loki?”
“Ti ha mentito, Miranda. Non si chiama Luke Nott. Si chiama Loki, è mio fratello e come me viene da Asgaard.” disse l’uomo che sembrava un vichingo. Miranda si sedette; le tremavano troppo le gambe.
“Cosa state dicendo? Cos’è Asgaard, chi è Loki e voi.. voi chi siete?” domandò debolmente. A risponderle fu l’uomo con la benda.
“Il mio nome è Nick Fury e sono a comando dello S.H.I.E.L.D., una società che si occupa della sicurezza planetaria. Loro sono la nostra arma segreta. Lei è Natasha Romanoff – e indicò la donna dai capelli rossi – Lui è Steve Rogers, anche se lo credo lo conosca meglio come Capitan America – indicò il tizio biondo – Tony Stark, penso che già lo conosca e infine questo è Thor.” concluse Nick Fury indicando il vichingo.
“Asgaard è un posto molto lontano. E’ un mondo così distante che non potresti neanche immaginare la distanza che separa il vostro pianeta dal mio. Mio padre, Odino, è il re di Asgaard e io sono l’erede al trono. Loki, che credevamo morto, si era solo nascosto qui sulla Terra a tramare un nuovo piano di vendetta e conquista ai danni di questo mondo che io proteggo. Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Miranda. Dobbiamo sapere cosa ha fatto in questi anni, come ha agito, come si è comportato. Ne abbiamo bisogno, per il bene della Terra.” disse Thor. Miranda cercò di regolarizzare il respiro.
“Sapete dove si trova Luk.. Loki?” domandò. Nick Fury e Thor si scambiarono un’occhiata.
“L’abbiamo catturato. E’ in una gabbia da cui non potrà scappare.” rispose Nick Fury. Miranda saltò su come una molla.
“Cosa? E’ qui? Voglio parlarci. Vi prego, fatemi parlare con lui. Solo per qualche minuto. Devo parlarci.” disse, con una nuova fiamma negli occhi. Natasha Romanoff le rivolse uno sguardo strano, forse di comprensione.
“E sia. Cinque minuti, non di più. Agente Romanoff, accompagnala.” ordinò Nick Fury. Natasha Romanoff la condusse in silenzio verso Loki, o Luke, o come si chiamava veramente.
“Non sei costretta a farlo.” disse lei, mentre l’accompagnava.
“Devo farlo. Voglio capire e sentire cosa ha da dire.” replicò Miranda, risoluta. Natasha sospirò, arrivarono alla porta della stanza dove l’avevano rinchiuso.
“Quando vuoi uscire batti un colpo. Buona fortuna.” le disse, prima di aprirle la porta. Miranda entrò, e la porta le si richiuse alle spalle. Avanzò verso la gabbia di vetro in cui stava rinchiuso il suo compagno, voltato di spalle; indossava un mantello verde e una divisa dal sapore antico e quasi mitologico. Quella vista le fece sembrare tutto più reale, più verosimile. Davvero Luke era Loki. Davvero non veniva dal Connecticut ma da un altro mondo. E davvero l’aveva ingannata.
I suoi piedi nudi non facevano rumore mentre avanzavano. Si fermò a un paio di metri dalla gabbia e solo a quel punto Loki si girò. Rivedere quegli occhi di un azzurro quasi bianco le fece venire le lacrime agli occhi. La carnagione già chiara di Loki sbiancò nel vederla.
“Manda.. cosa ci fai qui?” sussurrò. Miranda scosse la testa.
“Potrei chiederti la stessa cosa, Luke.. o preferisci che ti chiami Loki?” Loki, a udire tali parole, sbiancò ancora di più.
“Cosa ti hanno detto? Manda, cosa ti hanno detto?” domandò Loki, avvicinandosi al vetro, quasi volesse trapassarlo. Miranda si avvicinò a sua volta.
“Mi hanno detto che mi hai mentito. Che mi hai ingannata. E’ vero, Loki? Mi hai ingannata? Non mi hai mai amata, era tutta una farsa? Sii sincero, almeno per una volta.” rispose Miranda, amara. Ingoiò le lacrime che premevano per scorrere. Non voleva piangere, doveva essere forte.
“No, no, Manda, io.. io ti ho amata davvero. E ti amo ancora. Devi credermi, Manda. Ti prego.” replicò Loki, posando una mano sul vetro che li divideva. Miranda inclinò la testa.
“Come posso crederti ancora, dopo tutte le bugie che mi hai detto? Dovevi andare in Canada, eh? Pensavo che lì esistessero le comunicazioni! Hai idea di cosa ho passato in questi mesi?” gridò, lasciando trapelare per la prima volta la rabbia che si celava dietro il dolore. Piantò gli occhi in quelli di Loki, in attesa. Vide le sue pupille dilatarsi, diventare enormi, occupare quasi tutta l’iride.
“Mentirti era l’unico modo per proteggerti.” rispose, a voce bassa. Miranda sbuffò, sarcastica.
“Certo. E così facendo mi hai gettato in una spirale di follia senza fine.” commentò, amara. Le pupille di Loki rimpicciolirono fino a diventare due spilli neri. Miranda sospirò. Improvvisamente si sentiva debole, piccola e stanca. La rabbia che l’aveva divorata per qualche minuto era evaporata, lasciandosi dietro solo uno strascico di amarezza.
“Se mi amavi, perché mi hai lasciata sola? Perché l’hai fatto?” domandò, stringendosi il busto con le braccia. Loki abbassò la testa.
“Non.. non potevo contattarti. Non ero su questo pianeta.” rispose con un fil di voce. Miranda si allontanò di un passo dalla gabbia di vetro, scuotendo la testa, sconvolta.
“Miranda, dove vai? Miranda! Non ti ricordi tutto quel che abbiamo passato, tutto quello che ci siamo detti, le promesse che ci siamo scambiati? Ha tutto perso significato? Non ti fidi più di me?” gridò, con rabbia e disperazione. Miranda scosse la testa.
“Mi hai mentito su tutto, Loki. Non immagini nemmeno il male che mi hai fatto. Vorrei fidarmi ancora di te, davvero. Ma.. per il momento non posso.” mormorò. Negli occhi di Loki vide scomparire la lucidità, rimpiazzata dal dolore e dalla furia. Indietreggiò, si voltò e si diresse alla porta, cercando con tutte le forze di ignorare Loki che la chiamava con così tanta disperazione.
Non appena fu uscita, crollò su se stessa, piangendo come una bambina. Natasha le si accovacciò accanto, le posò una mano sulla spalla, tacendo. Quando si fu ben sfogata, Miranda si rialzò, seguì con passo barcollante Natasha, di tutto quel che le disse afferrò solo che la stava portando alla sua stanza e che più tardi gli altri avrebbero voluto parlarle.
Lasciata sola nella sua stanza, Miranda si levò lentamente la maglia di Luke e la buttò con rabbia sul letto. Si infilò sotto la doccia, dove rimase a lungo, con gli occhi chiusi, sperando che l’acqua lavasse via anche il suo dolore. Dopo essersi preparata, ritornò alla sala principale, dove Nick Fury e gli altri la stavano aspettando.
“Cosa ha intenzione di fare Loki?” domandò subito. Forse fu l’aria cupa che aveva a indurre Nick Fury a rispondere.
“Sta radunando un esercito per conquistare la Terra. Abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile per contrastare questa minaccia aliena. Per adesso ad aiutarci ci sono loro, la nostra squadra d’azione, i Vendicatori, più il dottor Banner, che non ha ancora incontrato. Ma se avessimo qualche informazione in più su Loki potremo di sicuro farcela.”
Miranda stette zitta qualche secondo.
“Quando stava con me ha recitato così bene che non avrei mai detto che fosse un alieno. Come avrei potuto?” replicò, dura. Thor, il vichingo biondo, emise un sospiro.
“Ci serve il tuo aiuto. In due giorni ha ucciso più di ottanta persone e assoggettato un intero squadrone. Dobbiamo fermarlo, capire i suoi piani e contrastarli.” disse, puntando gli incredibili occhi azzurri in quelli verdi di Miranda. Miranda si passò una mano sulla guancia, riflettendo.
“Va bene. Ma voglio fare parte della squadra.” disse, senza tanti preamboli. Steve Rogers inarcò un sopracciglio.
“Tu? Non sei adatta alla squadra. Non hai abilità speciali, come tutti noi.” disse. In quell’affermazione Miranda trovò la rabbia che le serviva.
“Io sono speciale.” ribadì e dalla sua mano si levarono delle fiammelle azzurre, che si levarono vivaci sulle sue dita, le punte arancioni. I Vendicatori la guardarono, sconvolti, quasi ipnotizzati dalla danza ritmica delle fiammelle, che lentamente si stavano riassorbendo nella pelle.
“Come diavolo hai fatto?” chiese Tony Stark, affascinato. Miranda strinse la mano a pugno, spegnendo definitivamente le fiammelle e sospirò.
“Non sono altro che un esperimento da laboratorio. I miei genitori lavoravano nel campo dell’ingegneria genetica e volevano vedere se si poteva mutare l’organismo umano. Mi concepirono proprio a questo scopo, per far loro da cavia. E questo è il risultato.” spiegò Miranda. Un uomo, che non aveva ancora mai visto, entrò nella stanza: aveva capelli mossi e portava gli occhiali.
“Come riesci a controllarle? – domandò, stupito, per poi tenderle la mano – Bruce Banner, è un piacere conoscerti. Tu devi essere Miranda Frost, giusto?” Miranda strinse la mano al dottore, sorridendogli.
“Loro si scatenano quando sono arrabbiata o impaurita. Se riesco a dominare la rabbia e la paura nessuno corre pericoli. Ma ci ho messo molto tempo a impararlo. Hoi imparato molto tempo dopo la morte dei miei genitori.” rispose, distogliendo lo sguardo. Thor incrociò le braccia.
“Saresti davvero disposta a combattere contro la persona che hai amato?” domandò, penetrante. Miranda lo guardò negli occhi, di un azzurro intenso.
“Non combatterò contro Loki. Combatterò contro il suo esercito.” rispose lapidaria. Nel volto di Nick Fury si aprì un lieve sorriso.
“Bene, allora benvenuta nella squadra. Dovremo informarti su qualche cosetta, così come tu dovrai raccontarci un po’ di fatti.”
Iniziarono a scambiarsi informazioni: tutto quel che le aveva detto Loki in quel lasso di tempo, il fatto che avesse rubato il Cubo Cosmico, la portata devastante dei suoi poteri sommati a quelli del Cubo.
La sera, con la testa che le ronzava per tutte quelle informazioni acquisite, Miranda tornò nella sala del consiglio pensando di trovarla vuota, trovandovi invece Thor.
“Come va, Miranda?” domandò con cortesia. A quanto pareva ad Asgaard insegnavano bene l’educazione.
“Mi fanno male i pensieri.” rispose con un sorriso. Si sedette e prese a giochicchiare con un pezzo di carta.
“Thor, posso farti una domanda?” chiese d’improvviso, rompendo il silenzio. Thor annuì.
“Tu conosci Loki da molto più tempo di me. Credi.. credi che in tutto questo tempo abbia solo finto di amarmi?”
Thor tacque per un paio di minuti prima di rispondere.
“Loki è sempre stato molto abile a ingannare. Quando eravamo bambini, era sempre lui quello che ci tirava fuori dai guai, trovando una scusa o inventando una bugia. Ed era anche molto abile a simulare emozioni che non provava. – iniziò. A Miranda sprofondò il cuore. – Ma è sempre stato molto bravo a simulare emozioni come la rabbia, la tristezza, la paura. Non è mai riuscito a fingere per più di cinque minuti sentimenti come la gioia, l’affetto, la disperazione.. l’amore. Quindi credo proprio che, in fin dei conti, lui ti abbia veramente amata, per la prima volta in tutta la sua vita.” concluse. Sul volto pallido di Miranda si aprì un sorriso. Sapere che Loki l’aveva amata veramente le scaldava il cuore, anche se non avrebbe dovuto.
“Cosa gli succederà quando tutto questo finirà?” domandò ancora.
“Riporterò il Cubo Cosmico e mio fratello ad Asgaard. Lì sarà condannato secondo la nostra giustizia.” rispose Thor in modo secco. Miranda lo osservò.
“Pensi ancora che ci sia del buono in lui, vero?” osservò, con un mezzo sorriso. Thor sbuffò un accenno di risata.
“E’ mio fratello, è naturale che lo speri. Siamo cresciuti insieme e, anche se non è mio fratello di sangue, lo è nel cuore. Lui c’è sempre stato per tirarmi fuori dai guai, per ammonirmi e per farmi da spalla. Solo ora mi rendo conto di non avergli dato tutto l’affetto che meritava. Ero davvero egoista, contavano solo i miei desideri e Loki non ha mai protestato, mai una volta che mi avesse abbandonato. E, dopo tutto quello che ha fatto per me, l’ho tradito in un modo così meschino.” disse, amaro. Miranda s’intristì. Cos’aveva fatto di male a Loki?
“Cosa è successo?” domandò. Thor iniziò a raccontarle dei Giganti di Ghiaccio, della scoperta di Loki, a sua volta un Gigante di Ghiaccio che, da neonato, era stato adottato da Odino, della sua rabbia, dello scontro finale, della distruzione del Bifrost e della sua apparente morte.
“Questo è quanto. Ora sai che è solo per colpa del mio orgoglio se Loki è diventato quello che è.” concluse, sedendosi, fissando il vuoto. Con un minimo di esitazione, Miranda posò la mano sulla sua spalla.
“Non dartene colpa. Non potevi sapere che Loki non era un Asgardiano e che scoprirlo l’avrebbe fatto quasi impazzire.” disse per consolarlo. Thor voltò leggermente la testa e la guardò.
“Smetterò di darmi la colpa di averlo reso quello che è solo quando cesserai a tua volta di incolparti per non essere riuscita a salvarlo.” replicò, con negli occhi uno sguardo di comprensione. Miranda spalancò gli occhi, stupita. Si vedeva così tanto che si sentiva gravata da questo peso? Che si tormentava, che si rodeva per non essere riuscita a tenerlo a sé, per non essere riuscita a salvarlo dal baratro?
“Miranda, in realtà tu l’hai cambiato. C’è stato qualcosa in te che gli ha permesso per la prima volta di sperimentare l’amore. Fino ad ora non era mai andato oltre l’affetto fraterno. Tu hai sconvolto il suo mondo e lui questo non lo dimenticherà. Loki si è innamorato di te, non era mai successo prima e, conoscendolo, continuerà ad amarti per il resto dei suoi giorni, che gli piaccia o no. E’ più forte di lui. Quando inizia a provare un sentimento così forte se lo porta dietro per secoli e secoli e, visto che ciò che prova per te è di gran lunga il sentimento più forte che abbia mai sperimentato, il suo amore per te sarà per la vita. Lo conosco bene. Ascoltami, Miranda: devi fare leva su questo sentimento che continua a provare, devi riuscire a farlo ragionare. A te non mentirà.” aggiunse il dio del tuono, prima di alzarsi e lasciarla sola con i suoi pensieri.
***
Durante tutto il giorno seguente Miranda studiò i fascicoli sui suoi compagni d’armi. Scoprì di avere molto in comune con il dottor Banner: se perdeva il controllo si trasformava in una creatura dotata di forza sovrumana, incapace di ragionare, un pericolo per tutto e tutti. In fondo si assomigliavano parecchio: anche lei quando perdeva il controllo diventava un pericolo pubblico. I suoi stessi genitori ne avevano fatto le spese.
“Quel Loki non mi piace. E’ troppo tranquillo per i miei gusti. E’ come se fosse l’unico qui che vorrebbe davvero stare sull’Elivelivolo.” osservò Tony Stark nel pomeriggio. Miranda non poteva negarlo: Loki stava in piedi al centro della sua gabbia, con gli occhi chiusi, pensoso, senza badare minimamente al fatto che si trovasse nelle mani dei suoi nemici.
“Hai ragione. E’ come se avesse un piano, come se sapesse di non dover rimanere qui a lungo. Come se egli stesso fosse un diversivo.” continuò Miranda, osservando Loki dalle telecamere di sorveglianza. Le riusciva difficile conciliare la vista del volto affilato e calcolatore di Loki ai tratti decisi ma caldi di Luke. Erano la stessa persona, ma erano quasi come Dottor Jekyll e Mister Hyde, due facce della stessa medaglia, il giorno e la notte. Miranda soffriva nel vederlo imprigionato, nel rendersi conto che, quando tutto fosse finito, non l’avrebbe davvero rivisto mai più. Si posò una mano sul cuore. Mancava sempre un battito, quando pensava a lui. Forse era una caratteristica degli dei: chi si innamorava di loro era destinato ad amarli per sempre, non importa cosa avrebbero dovuto subire, cosa avrebbe dovuto sopportare, avrebbero continuato ad amarli. Ed era ciò che sentiva Miranda. Anche se aveva sofferto molto, anche se stava ancora soffrendo molto, se avesse potuto avrebbe stretto Loki con tutte le sue forze, si sarebbe nascosta fra le sue braccia, per lenire il proprio dolore. I suoi pensieri vennero interrotti da Tony.
“Nick Fury non ti da una sensazione di.. sospetto? Come se ci nascondesse qualcosa?” domandò, con fare noncurante. Miranda aguzzò gli occhi. Voleva comunicarle qualcosa. Bruce, dall’altra parte della stanza, sollevò leggermente gli occhi dallo schermo, su cui scorrevano dati riguardanti i raggi gamma.
“Intendi dire riguardo al Cubo Cosmico? Sì, in effetti c’è qualcosa che non torna.” replicò, lasciandosi guidare da Tony. Lui annuì con aria assente.
“Sì, era quel che pensavo anch’io. Ma cosa ci stanno nascondendo?” continuò. Miranda capì che lui già sapeva, ma che voleva che lei lo capisse da sola.
“Han detto che lo vogliono usare nel campo dell’energia pulita.. ma gli unici che stanno lavorando su nuove energie pulite siamo noi della Stark Industries e quindi.. se davvero lo stessero usando per trovare una nuova fonte di energia ecosostenibile, perché non ci avrebbero contattati?” osservò Miranda. Era un’idea che le girava in testa da qualche tempo, da un po’ aveva il sospetto che non tutto fosse rosa e fiori come volevano far loro credere. Sul volto di Tony s’illuminò un sorriso.
“L’unica cosa per cui si potrebbe impiegare il Cubo resta.. la costruzione di armi di massa.” concluse, con un sospiro. Ecco, c’erano di nuovo. Tony annuì, serio.
In quel momento Steve entrò portando un fucile tozzo e dall’aria micidiale. Lanciò un’occhiata sconsolata a Tony.
“Mi secca ammetterlo, ma avevi ragione.” disse.
“Ecco cosa il bravo S.H.I.E.L.D. nasconde. L’uso improprio del Tesseract.” disse Tony, incrociando le braccia.
“Tesseract?” domandò Miranda, girandosi di scatto. Tony battè le palpebre.
“Sì. Lo chiamano Tesseract, da queste parti.”
Lo sguardo di Miranda si perse un attimo nel vuoto.
“Tony.. quel Cubo può essere usato anche in altre cose.” disse, con voce quasi spaventata. Tony si rivolse a lei, attento.
“E per cosa lo potrebbero usare?” domandò. Miranda volse su di lui uno sguardo allucinato.
“Per fare cose ben più terribili. – iniziò, scuotendo la testa. – Per creare gente come me.”
“Cosa? hanno usato il Cubo per.. per mutarti?” esclamò Bruce, dopo che i due gli ebbero riferito tutta la storia. Miranda annuì.
“I miei genitori non facevano altro che parlarne. Voi lo chiamavate Cubo Cosmico, ecco perché non ho capito subito di cosa si trattava. Loro lo chiamavano Tesseract e mi dicevano che dovevo ringraziare solo lui se ero speciale. L’ho sempre odiato.” disse, amara. Bruce si passò una mano fra i capelli.
“Miranda, come sono morti i tuoi genitori?” domandò, serio. Nei suoi occhi Miranda lesse la comprensione. Lui sospettava. Lui sapeva.
“Li ho uccisi io senza volerlo. Avevo dieci anni.” ammise, senza però l’ombra di pentimento. Odiava i suoi genitori e l’orfanotrofio era stato quasi meglio della vita con loro. Bruce annuì, vedendo confermati i suoi sospetti. Steve, Natasha e Thor, che erano stati chiamati per essere aggiornati, si scambiarono un’occhiata.
“Non sei riuscita a controllarle, vero?” continuò Bruce. Miranda annuì.
“Dissero che volevano portarmi di nuovo dal Tesseract. Io non volevo. Mi tirarono uno schiaffo e io.. io esplosi.” continuò, senza tradire alcuna emozione.
“Il Tesseract non può restare qui. Deve essere riportato su Asgaard. Lì non sarà usato per mutare la gente o per costruire armi.” concluse, osservando Thor.
“Avevo già intenzione di farlo. Non importa cosa dirà Fury; il Tesseract appartiene ad Asgaard, così come Loki.” replicò il dio del tuono. Miranda deglutì nel sentire una volta di più che Loki le sarebbe stato portato via.
In quel momento Fury fece il suo ingresso; con il suo unico occhio buono lanciò occhiate penetranti a tutti i presenti.
“Cosa ci fate tutti qui?” domandò brusco. Tony incrociò le braccia.
“Sappiamo tutto, Fury. Sappiamo che state cercando di usare il Tesseract per costruire armi e che l’avete già usato per mutare Miranda.” disse, duro. Fury gettò occhiatacce in giro una volta di più.
“Non sono cose che vi riguardano.” replicò, secco. Anche Steve si fece avanti.
“Invece credo proprio che ci riguardino. Se lei, se il governo era a conoscenza di quello che è stato fatto a questa ragazza, allora abbiamo qualche problema.” disse, con voce potente. Miranda si sentì quasi commossa nel vedere che tutti i Vendicatori si stavano esponendo per lei. Fury sospirò, fissandoli come uno zio fisserebbe i nipotini che fanno i capricci per una sciocchezza.
“Il governo ne era a conoscenza. Monitoriamo la signorina Frost da quando i suoi genitori sono morti. Non l’abbiamo mai persa. – iniziò. Miranda per qualche secondo perse il controllo della mascella. – Lei è stata la prima su cui sono stati provati gli effetti che il Tesseract può avere su una persona. E i risultatati sono andati oltre ogni nostra aspettativa.”
“Miranda, devi capire che tu non controlli semplicemente il fuoco. Tu sei il fuoco. Scorre dentro di te come sangue, è parte di te e tu sei parte di lui. Ci servi. Tu sei l’arma più potente nel caso di un’invasione aliena.” continuò Fury, rivolgendosi direttamente a lei. Miranda stentava a credere alle sue parole.
“Quindi io sarei solo un’arma?” mormorò, disgustata. Fury aggrottò la fronte.
“Miranda..” la ragazza lo interruppe.
“Così io non sarei nient’altro che un’arma?” gridò. Dalle sue mani sprizzarono scintille. Fury si fece cauto.
“Miranda calmati. Agitarsi non serve a niente.” disse, conciliante. Fiammelle azzurre iniziarono a danzare lungo tutto il corpo della ragazza.
“Tu non hai idea di che vita ho passato, tutto per colpa vostra!” esclamò ancora. Le fiamme facevano evaporare le lacrime di rabbia che sfuggivano dai suoi occhi e si levavano minacciose sopra la sua testa, come serpenti feroci. La temperatura della stanza si stava alzando a temperature preoccupanti. Fu Bruce a dare una svolta alla situazione, che stava degenerando.
“Miranda, controllale. Domale. Non lasciare che siano loro ad avere la meglio. Reagisci. Noi siamo tuoi amici, non ti faremo del male! Nessuno te ne farà più.” disse, andandole di fronte e mettendo le mani avanti. Miranda lo guardò negli occhi e lì vi lesse il suo stesso dolore, la sua stessa furia. Lentamente, le fiamme si abbassarono fino a riassorbirsi nella pelle. Bruce le avvolse le spalle con le braccia, protettivo come un fratello maggiore.
“Ha altro da dirci?” chiese duro al capo dello S.H.I.E.L.D. Fury scosse la testa.
“Nient’altro che voi non sappiate g..” iniziò, per poi venire interrotto da una violenta esplosione che distrusse metà della sala. Attraverso i rombi delle esplosioni, risuonarono stridule le sirene. L’Elivelivolo era sotto attacco.
Lascia un commento