Intervista: Chiedilo ad un italiano in Giappone

Come promesso Nanoda vi riporta l’intera intervista fatta ad Enzo Intiso, un ragazzo che ha vissuto in Giappone per circa quattro anni. Le domande che troverete nell’intervista sono quelle proposte ed accettate dagli utenti nel topic Chiedilo ad un italiano in Giappone!

Spazio ora all’intervista!

D: Salve Enzo. Siamo di Nanoda,ti ringraziamo per l’opportunità che ci stai dando. Per prima cosa potresti presentarti ai nostri cari lettori?

R: Ciao a tutti gli utenti di Nanoda,
è un piacere trovarmi qui a soddisfare qualche vostra curiosità sul nostro caro Giappone.
Mi chiamo Enzo, ora sono tornato a vivere a Milano, ma fino all’anno scorso ho vissuto per quattro anni in Giappone, uno a Osaka e tre a Tokyo.
Sono stato prima un insegnante di Italiano e poi un programmatore. In quattro anni ne sono successe di cose, così tante da sembrare una vita intera.
Tornando a noi, spero di trovare nelle mie risposte il giusto equilibrio tra “schiaffi e carezze”, per un paese molto affascinante come il Giappone, che ha tanto da offrire, ma che troppo spesso, ingiustamente, viene mitizzato ed elevato a nuovo paradiso terrestre.
Mi scuso in anticipo per la mia tendenza alla prolissità, ma è la mia natura che è incline al dover essere esauriente. Ho cercato, comunque, di fare il bravo e mi sono auto-censurato (anche perché gli argomenti sono molti e vasti), e mi auguro che le mie risposte vi stuzzichino altre domande e qualche riflessione.
Buona lettura.


D: Ma c’è davvero tutta questa gran considerazione dell’Italia e degli italiani in Giappone?

R: La considerazione c’è. Ma il Giappone ha in generale grande interesse per tutto ciò che viene dall’Occidente. Questo interesse, però, è di stampo “folkloristico” ed “esterofilo”, diciamo. Infatti ben diverso è l’interesse che un giapponese può dimostrare nei confronti di un amico o conoscente italiano (o chi per lui) e l’ “interesse” che possono dimostrare i Giapponesi ad avere italiani (o chi per loro) residenti in Giappone.


D: Cosa sono le prime cose che vengono in mente a un giapponese che pensa all’Italia?

R: “tabemono” e “fa-shon”. Cibo e moda. Se entriamo nello specifico “pizza” e “spaghetti”, “Ferrari” e “Prada”.


D: Dimmi 10 cose che hanno importanza per i giapponesi.

R: E’ difficile, non sono giapponese… allora non in ordine di importanza:

  1. cibo;
  2. la propria rispettabilità nel gruppo (che è, volta per volta, l’azienda, la società, i vicini, la famiglia, ecc);
  3. l’essere accettati dal gruppo (vedi su);
  4. lo shopping;
  5. bere (di solito birra) fino a stortarsi;
  6. non essere mai in ritardo (ma in generale non essere mai in condizione da dover essere ripresi o biasimati);
  7. l’ofuro (il bagno nella vasca);
  8. guardare alla TV programmi comici;
  9. il sesso
  10. non mettere e non essere messi mai in imbarazzo (ma diciamo l’ “atarimae” in generale, anche se non è una cosa a cui danno propriamente importanza ma più semplicemente posseggono e mettono in pratica naturalmente)

D: In Giappone solitamente quando si entra in casa si tolgono le scarpe e si mettono le ciabatte, ma un buon padrone di casa quante paia di ciabatte deve avere?

R: I giapponesi non sono abituati ad avere molti ospiti e spesso, ma in ogni caso togliersi le scarpe non significa necessariamente mettersi le ciabatte. In casa si va tranquillamente a piedi scalzi (certo meglio non a piedi nudi!).


D: Ma in Giappone come sentono il problema dell’ecologia? Ad esempio, spesso negli anime si vedono i personaggi che fanno il bagno (e a volta anche la doccia prima) in grandi vasche d’acqua piene fino all’orlo. Nella realtà c’è ancora questa pratica? Non pensano che sia uno spreco di risorse? Insomma qui in Italia continuano a dirci di fare la doccia, chiudere i rubinetti, non tirare l’acqua del wc, ecc.ecc. anche da loro ci sono questi appelli ecologisti?

R: Se pensiamo all’ofuro (il bagno) in particolare, tutto sommato non c’è questo spreco che si pensa, in quanto nella vasca non ci si entra per lavarsi, ma per rilassarsi. Ci si lava prima di entrarci. Per cui una vasca viene utilizzata da tutta la famiglia, se a casa, o da tutti i clienti nel caso di bagni pubblici (ma le vasche sono molto più grosse). Certo si può anche pensare che, riciclo dell’acqua a parte, è comunque una montagna di acqua che viene utilizzata (anche perché le docce comunque se le fanno).

Detto questo, qui si tocca un tasto dolente. Per mia esperienza, che non pretendo di assurge a verità indiscussa, i giapponesi poco si curano dell’ecologia e poco conoscono dei problemi ecologici loro e del pianeta. E non è solo una questione di acqua, ma anche di elettricità (54 centrali nucleari che coprono a malapena il 30% del fabbisogno – non per nulla a Tokyo pare non venire mai la notte), di rispetto del territorio e degli animali.

Purtroppo il discorso è molto articolato da poter esaurire senza consumare pagine di parole, ma di certo non fa onore ai giapponesi l’ignoranza (nel senso che non sa e non si interessano) e l’indifferenza che hanno verso tematiche che al giorno d’oggi sono estremamente di attualità.

Peccato, avrei voluto spiegare di più ma capisci anche tu che non c’è lo spazio. Al massimo se qualcuno vorrà fare altre domande in merito risponderò.


D: E’ vero che per un giapponese la lingua francese è incomprensibile come per noi lo è l’arabo?

R: Beh, a questa domanda che rispondere? Il Giapponese non è una lingua importata da popolazioni straniere ed è proprio autoctona del Giappone. Non ha nemmeno mai avuto la fortuna di uscire dai confini del proprio paese. Essendo il Giappone un’isola, gli scambi col mondo esterno sono sempre stati pochi e difficoltosi, almeno fino all’epoca moderna.

Pertanto possiamo affermare che il Giapponese non ha parentele con altre lingue, diversamente dalle lingue romanze (italiano,spagnolo,francese ecc) per citare un esempio, che appartengono allo stesso ceppo linguistico e sono così riconoscibili tra di loro.

Nonostante la cultura Cinese abbia influenza quella Giapponese, a livello linguistico non c’è stata la stessa infiltrazione (se non a livello di vocaboli) e il Giapponese ha sempre fatto storia a sè.

Quindi, per tornare alla domanda, ad un Giapponese qualsiasi lingua sembra radicalmente diversa dalla propria. Certamente, ma qui divaghiamo parecchio, alcune lingue sono più ricche di suoni complessi più di altre, e questo contribuisce a percepirle come più “aliene” alla propria.


D: E quindi parallelamente a noi che diciamo “non si capisce niente di quello che dice, pare arabo” loro dicono “non si capisce niente di quello che dice, pare francese”?

R: Non posso né confermare né smentire, non ho mai sentito questa espressione.


D: Vorrei quindi capire se loro vedono l’italiano come una lingua impossibile…

R: Assolutamente no! Intanto la cultura italiana (in primis cibo, moda e design) è molto apprezzata nel paese del Sol Levante. I Giapponesi guardano con grande interesse al nostro paese e quindi per riflesso anche alla nostra lingua. Infatti girando per il Giappone è pieno di ristoranti, negozi e aziende che portano un nome Italiano!

Poi, da un punto di vista prettamente linguistico, il Giapponese e l’Italiano sono caratterizzati da suoni molto netti, cosa che le rende foneticamente molto simili. Per cui tra tutte le lingue direi che tra le meno ostiche foneticamente ci sono sicuramente l’Italiano e il Cinese. Certo, grammaticalmente è tutto un altro discorso ^^.


D: Ma la fioritura dei ciliegi è davvero così bella come dicono?? Voglio dire dopo tutte quelle città superurbanizzate i ciliegi continuano a campare??

R: No, la fioritura dei ciliegi è molto più bella di quello che dicono. Certe cose le parole non riescono a descriverle pienamente. Un errore che si fa comunemente è scambiare Tokyo con il Giappone: grosso errore perché sono due cose molto diverse.

Ma anche nella iperurbanizzata Tokyo ci sono moltissimi parchi e templi (e tempio vuol dire giardino) dove è possibile ammirare e godersi la natura. In particolare ci sono posti che sono proprio famosi per i ciliegi e che durante la fioritura dei ciliegi sono gremiti di persone.

Certo se dovessi consigliare un posto dove andare durante la fioritura non direi mai Tokyo, ma duranti i miei anni di soggiorno nella capitale non ho mai dovuto rimpiangere la mancanza di bellissimi scorci.


D: Com’è la vita in Giappone? (in senso, ampio)

R: Questa è una domanda che richiede una risposta di dieci pagine, perché gli aspetti da considerare sono molti e complessi (in senso economico? Politico? Sociale? Relazionale?).

Tagliamo la testa al toro e vi do la (mia) morale della storia. Il Giappone è un paese dove si sta bene, si vive bene e si possono fare incredibili esperienze, ma solo per un arco di tempo limitato (varia da persona a persona ma statisticamente non più di 4-5 anni, molti asseriscono che il settimo sia l’anno della crisi “o torno o rimango per sempre”). Rimanere o tornare e, nel caso, quanto rimanere sono un puro fattore personale. Ma di fatto è che pochissimi decidono di rimanere (io sono tornato dopo 4 anni).

Il perché e il per come sono molti e articolati, io ve li riassumo brevemente così: la cultura Giapponese è radicalmente diversa dalla nostra, in non pochi casi opposta. Non è facile adattarsi a vivere, se non per sempre a lungo, ad un mondo così poco riconoscibile per noi.

Purtroppo (o per fortuna) il senso di queste parole non è mai chiaro finché non lo si prova di persona. Sono quelle cose si comprendono veramente solo quando si toccano con mano. Oltre a questo il Giappone non è esattamente un paese accogliente per gli stranieri che vogliono trasferirvi.

Il mio consiglio? Giappone o no, provate a fare un’esperienza di vita all’estero, è una cosa preziosa, molto. Si arriva a capire molto di più se stessi e le altre persone, in modi che prima non potevamo neanche immaginare.


D: E’ facile abituarsi alle tradizioni?

R: Se si è un po’ aperti nei confronti di un’altra cultura (e se vivi in Giappone probabilmente lo sei) non solo è facile abituarsi alle tradizioni, ma è anche facile goderle con partecipazione. Inoltre le tradizioni non sono opprimenti, e spesso sono molto caratteristiche. Inoltre conservano ancora un alone di pathos che in occidente è quasi del tutto svanito.

Attenzione a non confondere le tradizioni con gli usi e costumi e le osservanze socio-culturali.


D: Quali sono i “punti di ritrovo” abituali per i giovani?

R: Karaoke! Ovviamente ai primi posti il sempre verde “concerto senza orchestra” (kara = vuoto, assenza, oke = orchestra) che furoreggia in ogni fascia di età.

Poi c’è il classico izakaya (una sorta di pub in stile giapponese), dove si va soprattutto per bere ma dove le pietanze non fanno affatto la figura delle cenerentola di turno. Per i più spigliati ci sono i club (discoteche, che però in Giappone hanno capienze, anzi, diciamo metrature, molto più` contenute delle nostre).

Tutti prima o poi finiscono comunque al game center, l’equivalente della nostra sala giochi. Solo che in Giappone ha conservato l’innocenza e il carattere di svago mentre in Italia ormai, quelle che resistono, non godono di buona fama.

Vengono frequentate in massa principalmente per i crane game (o ufo catcher – il gancio insomma), popolarissimi tra i giovani che tentano di accaparrarsi giochi, pupazzi e gadget di ogni sorta – l’industria dietro è attenta e prolificissima.

Poi molti ci vanno per il gioco d’azzardo elettronico (video-poker, ecc) e per i videogame (sembrerà una contraddizione ai tempi d’oggi ma in quelle sale ci si va per sfidare altre persone visto che ormai le stazioni sono tutte in rete locale).

I giovani vanno anche spesso a mangiare fuori, in quanto i costi non sono affatto proibitivi. Insomma i giovani giapponesi non fanno cose così diverse da noi, solo che uno yen più forte gli consente maggiori possibilità di svago.

Questo a grandi linee se ho inteso bene la domanda. Se invece si intendevano i posti in voga, o i punti per incontrare le persone (tipo sotto la statua di Hachiko a Shibuya) dipende ovviamente dalla città e dalla zona e dal tipo di divertimento.


D: Come sei arrivato in Giappone e cosa ci sei andato a fare? Sapevi già il giapponese o l’hai imparato sul posto? Nel primo caso dove/come l’hai imparato, altrimenti quali difficoltà hai trovato? Insomma, una presentazione generale, più approfondita possibile.

R: Mi sono avvicinato al Giappone per gradi, ma velocemente e partendo da una solida base: un’infanzia imbottita di cartoni animati!

Superata la fase “ma quanto è curioso e intrigante questo Giappone” ho deciso (si fa per dire, visto che è risaputo) che il modo migliore per indagare e approfondire questa cultura era quello di studiare la lingua: detto fatto, mi sono iscritto all’Isiao di Milano (aperto a tutti), straconsigliato a chiunque sia di Milano o Roma e non abbia in programma di studiare Giapponese all’università. Tre anni e passa di studi (dopo tre anni il diploma), intervallati da due vacanze nel Paese del Sol Levante, durante i quali un prurito è piano piano diventato una fermezza: andare a vivere in Giappone (o almeno provarci).

Conseguo la laurea e la prima cosa che faccio è cercare lavoro in Giappone (ma sapevo già come muovermi, mi ero ben informato prima) e dopo circa tre mesi arriva la mia occasione (una fortuna che è più un destino): assoldato per fare l’insegnante di Italiano a Osaka. Mollo tutto e parto alla volta del Sol Levante.

Lì il mio Giapponese sarebbe stato una buona base per iniziare il Giapponese reale (non scoraggiatevi è sempre così; sembra poco ma avere delle solide basi ti permette di imparare molto velocemente – ringrazio ancora l’Isiao).

Mi piacerebbe dilungarmi oltre sulla mia storia ma credo che vi stiate già addormentando. Provo comunque a leggere fra le righe della domanda:

  • Sì, il giapponese si può imparare come qualsiasi altra lingua. Certo non è come lo Spagnolo ma non è neanche impossibile come lo si dipinge. Lo studio pesante riguarda solo i kanji (ideogrammi), ma riguarda solo un fattore mnemonico. Se avete un po’ di voglia di studiare nessun problema.
  • In Giappone non si arriva (entra) facilmente (se non sei anglofono). Io e quelli come me hanno avuto la fortuna di provarci quando Nova era ancora la scuola di lingue più grande del Giappone è reclutava all’estero. Ora non è più così.

Consiglio: se partire allo sbaraglio non è il vostro forte o non è quello che volete per voi, e volete fare un’esperienza di vita (lavoro) in Giappone oltre i 3 mesi ecco le vostre 3 strade:

  1. Siete pizzaioli o chef
  2. Siete ricercatori universitari (ovviamente più facilmente in campi tecnici)
  3. Siete laureati in una materia tecnica e con una dose di professionalità da rivendere.
  4. (solo per le donne): siete dei tipi dall’aspetto gradevole (in su) e non disdegnate di lavorare in un hostess club (niente paura, non ha a che fare con la prostituzione, almeno non con quella fisica).

D: Com’è la tivù in Giappone? Quali sono le reti nazionali e quali i palinsesti a grandi linee, se c’è qualche differenza fondamentale con la tivù italiana, roba di questo genere.

R: Non sono esperto di TV, la guardavo molto poco. Di canali mi ricordo solo la NHK.

In generale, anzi, totalmente e senza scampo, la televisione non gode affatto della mia stima.

La maggior parte dei palinsesti (delle TV generaliste ovviamente) è votata a programmi di comici, o di cucina o di talk show con comici o un mix dei tre. Programmi di cultura, approfondimento o politici o documentari non esistono o sono in palinsesto ad orari da lupi mannari.

Di anime solo l’ombra: un po’ la domenica mattina, qualche volta in seconda serata, ma di solito in tardissima serata.

In pratica ne trasmettiamo più noi (a quanto pare a chi vuole vedersi gli anime non resta che la TV via cavo o satellitare).

La seconda grossa fetta del palinsesto è occupato dai dorama (per noi “fiction” o “telenovelas”), popolarissimi.

Sostanzialmente la TV italiana e giapponese hanno moltissime affinità, solo che i programmi di cucina (per cucina intendo dedicati al cibo ed al mangiare in generale) sono molti di più e sono assenti programmi impegnati.

Ciò dà, ad uno spettatore occidentale, l’impressione che la TV giapponese sia particolarmente frivola. Però anche noi abbiamo poco da rallegrarci.


D: In che misura è sentito il problema della sicurezza, a partire dalla microcriminalità fino ad arrivare alla Yakuza.

R: Rispetto ai nostri canoni il Giappone è un paese sicuro. Anzi, uno dei più sicuri in assoluto tra i paesi industrializzati. La percezione dei Giapponesi è…interessante.

Essendo abituati ad essere superprotetti, percepiscono come pericoloso e insicuro ciò che a noi farebbe sorridere.

Un esempio per assurdo: magari fanno tre scippi in un anno in una determinata zona e quella si becca il marchio di zona poco raccomandabile.

La microcriminalità vandalica invece si può considerare pressoché inesistente.

La Yakuza invece non è percepita. Mi spiego: la Yakuza è ben integrata nella società ed ha la connivenza del governo. Pensate che i clan hanno i loro uffici con gli indirizzi pubblici! Certo utilizzano attività di copertura, ma fa sorridere trovare una news che inizia con “oggi la polizia si recata negli uffici del clan taldeitali”.

Comunque la gente normale non ha mai a che fare con la Yakuza che sostanzialmente gestisce affari, da quelli illegali, a quelli borderline (tipo il pachinko), a quelli legali.

Controversie e conflitti interni se li gestiscono sempre tra di loro. Agguati e sparatorie, o anche solo incidenti che coinvolgono la gente comune, non esistono.

Poi ci sarebbe anche da aprire il discorso della concezione della colpa e dell’infrangimento delle regole in Giappone (essere marchiati come criminale, ovvero sovversivo dell’ordine, è un’onta gravissima, ecco uno dei motivi della bassa criminalità), però qui si straborda in un campo molto ampio e lo spazio è tiranno.


D: Qual è il livello di istruzione medio e quali sono le prospettive lavorative a seconda del titolo di studio?

R: Il livello medio di istruzione è, senza mezzi termini, mediocre, spesso molto scarso. Colpa di diversi fattori:

  • il metodo di insegnamento è improntato alla mera memorizzazione: ragionamenti, collegamenti, analisi critiche non sono incoraggiate, anzi, spesso tutto il contrario.
  • il programma scolastico è povero o privo di materie ad “ampio respiro”, tipo filosofia, storia del mondo, ecc.
  • data l’onerosità e la complessità della lingua Giapponese, soprattutto per la parte scritta, moltissime ore di studio vengono impiegate in questa materia sottraendolo ad altre importantissime materie.

Il percorso di studi è tanto semplice quanto rigido: buon asilo -> buone elementari -> buone medie -> buone superiori -> buona università.

Ovviamente per tenere questa linea di bontà ci si deve anche un po’ impegnare. E altrettanto ovviamente un inizio negativo è un preludio di scuole di bassa leva (puoi essere anche uno bravo ma se vieni da una scuola superiore di basso livello non entrerai mai in una buona università, immaginate lo stress!).

Dalla scuola (università) al lavoro (crisi permettendo) il passaggio è banale e automatico: già il penultimo anno di università le aziende si presentano ad incontri periodici per presentarsi e “prenotarsi” i futuri dipendenti (si firmano dei veri e propri precontratti).

Anche dal loro canto gli studenti si industriano per cercare le aziende migliori. L’ultimo anno viene speso praticamente solo a fare questo. Poco male visto che tranne nei migliori atenei nelle università giapponesi si studia poco e niente.

Insomma, finita l’università si è già belli che pronti per andare a lavorare (altro che vacanze!).

Altra cosa che lascia perplessi è che per la massa di neolaurati il titolo di studio conta poco nella scelta del lavoro: una laurea è una laurea e se non sai fare nulla tanto meglio perché tanto è l’azienda che ti vuole istruire.

Quindi non è insolito vedere gente laureata in biologia lavorare in un’azienda che fa siti web.


D: Per quanto riguarda la musica, cosa ascoltano di solito i giapponesi (cioè,si limitano alla j-music oppure ascoltano anche gruppi occidentali tipo Metallica, Lady Gaga, Blink 182 e via dicendo…)?

R: Anche in Giappone ascoltano molta musica americana, sopratutto pop.

Non mi chiedete con quali criteri alcuni cantanti arrivano e spaccano ed altri rimangano sconosciuti o quasi (comunque bene o male sono gli stessi nostri).

I Giapponesi ascoltano anche musica classica (non in massa ma certamente più di noi italiani).

Ma chi la fa da padrone è il JPop, che da solo muove più di tutto il resto messo insieme: pensate che dove un album italiano arriva a record mostruosi di 1.000.000 di copie (su 60.000.000 di abitanti) in Giappone un album con buone vendite arriva benissimo a 5.000.000 (su 120.000.000 di abitanti).

Come sempre in Giappone ciò che è prodotto in Giappone ha sempre maggiore successo.


D: Ci sono elementi dello stile di vita occidentale che hanno influenzato la vita quotidiana di un giapponese? (che ne sò…tipo i tavoli da pranzo con le sedie piuttosto che stare seduti in ginocchio).

R: Mamma mia, ce n’è a bizzeffe! E non solo oggetti, ma anche parole vengono velocemente importate e integrate nella cultura.

Fare una lista è cosa complicata (lunga più che altro), ma considerate che da quando il Giappone ha aperto le porte all’occidente (anzi il commodoro Perry gliele ha aperte a cannonate nel 1850) il Giappone non ha mai smesso di assimilare dall’occidente come una spugna.

Ma non vi fate ingannare: in Giappone non c’è nulla di veramente occidentale (se non semplici oggetti), nemmeno il McDonald: tutto all’apparenza sembra occidentale, ma nella sostanza viene rielaborato e assimilato in Japanese style.

Verso la cultura occidentale ha una sorta di rapporto di amore e odio, ammirazione e invidia: da un lato stravedono per noi e per tutto quello che produciamo, e ci ammirano.

Dall’altro sono molto nazionalisti e fanno di tutto per primeggiare o per tenerci alla larga dal loro paese (anche qui discorso spinoso che abbandono per mancanza di spazio).


D: Negli anime si vede che inviano mail al posto di sms con i cellulari, quindi volevo chiedere come funziona un po’ la questione (cioè, è più meno la stessa cosa o serve costantemente una connessione internet per poter inviare messaggi alle altre persone?)

R: No, ci hai visto bene. In Giappone è in uso il servizio di skymail, grazie al quale ad ogni cellulare è associato un indirizzo email (fornito dal provider) e ci si può scambiare email con altri utenti (di solito gratuitamente con utenti dello stesso gestore ed al costo tipo di un SMS per gli altri).

Ovviamente ci sono anche gli SMS ma nessuno li usa di proposito (anche perché giapponesi adorano le emoticon e gli SMS non le supportano).

PS: piccolo tecnicismo: il sistema Skymail converte tutte email in SMS automaticamente laddove i requisiti sono soddisfatti (ovvero per brevi messaggi di solo testo), ma avviene in trasparenza e gli utenti manco lo sanno.


D: Lo sport italiano in particolare il calcio italiano in Giappone è seguito? Se sì, molto? Quali sono le squadre italiane e i calciatori di calcio italiani più seguiti?

R: Il calcio è diventato sempre più popolare da quando si sono svolti mondiali Giappone-Korea nel 2002, prima era poco seguito.

Oggi se ne parla molto, ma i loro sport nazionali rimangano ancora il Sumo e il Baseball, molto più popolari del calcio.

Certamente le squadre italiane più note sono quelle che è facile immaginare: Inter, Milan e Juve. Ma in Giappone sembra sempre prevalere il lato “idol”-istico delle cose, per cui sono molto più famosi i singoli giocatori delle squadre o dello sport in sè (uno per tutti Baggio).

PS piccola curiosità scomoda: agli ultimi mondiali il Giappone, molto nazionalisticamente e simpaticamente, ha trasmesso integralmente solo le partire giocate dal Giappone e la finale. Le altre a quanto pare non erano degne di essere trasmesse e sono state lasciate a riassunti o mere comunicazioni dei risultati.


D: L’immagine che in generale si ha di loro e dei loro comportamenti (serissimi nel lavoro, formali e discreti in ogni situazione, riluttanti verso dimostrazioni di affetto, quali baci e abbracci, in pubblico), è la realtà, siamo noi (o solo io…XD) ad estremizzare questi luoghi comuni o dipende dai casi e dalle persone?

R: Per mia esperienza, e di molti miei conoscenti, questa immagine corrisponde alla realtà (ovviamente si parla di generalizzazioni, esistono sempre voci fuori dal coro).

Non sono abituati ad esprimere chiaramente le proprie emozioni, e nemmeno ad aprirsi con le persone più care. A noi risultano piuttosto criptici, tra di loro si comprendono molto meglio.

Anche se, in un mondo di gesti sottesi, parole non dette, sensazioni nell’aria non c’è spazio per una comprensione profonda. Ma ai giapponesi pare non interessare, gli basta intendersi, noi diremmo, a pelle. Le esternazioni e la psicologia non fanno per loro.

Questo modo differente radicalmente diverso porta spesso grosse difficoltà nelle coppie miste giapponese-straniere, in quanto rende la comunicazione e il confronto molto ostici. Ma non sempre sono così i Giapponesi. A parte quando bevono (e lo fanno non di rado), spesso i Giapponesi sentono di potersi comportare in modo un po’ diverso con gli stranieri, lasciandosi andare ad una confidenza maggiore e ad una apertura maggiore.

Ciò porta talvolta a situazioni un po’ paradossali, in cui dal loro cantuccio di riservatezza possono uscire con osservazioni o domande molto poco discrete, che nemmeno noi oseremmo fare. Questo perché per loro noi occidentali ci diciamo tutto, senza peli sulla lingua, cosa vera fino a un certo punto. Punto che però sfugge spesso ai giapponesi.

Qualche volta anche se non c’è neanche questo strabordamento,pongono semplicemente domande che per loro sono normalissime mentre per noi ricadono già in una certa sfera di riservatezza (o comunque non sono tra le prime domande che fai quando conosci una persona). Per cui attenti ai giapponesi! ^^


D: Mi ricollego alla domanda fatta riguardo la tv giapponese… Ad assere sincera ho visto pochissimi drama e film, ma nelle commedie romantiche la mia impressione è stata quella di sceneggiature in cui tutto viene un pò “addolcito”, dove raramente sono presenti scene di baci appassionati o ancor meno di sesso… E’ un mio errore? Mi riferisco soprattutto alla mia esperienza personale riguardo la trasposizione di alcuni manga in live-action. In questi casi, avendo letto prima il manga, in cui le scene incriminate sono presenti, sembra evidente la volontà di togliere certi momenti dalla narrazione della storia…

R: Nessun errore. La TV Giapponese è molto puritana. Sebbene i costumi sessuali siano molto più disinibiti dei nostri, la televisione rimane una sorta di isola immacolata dove violenza brutale, sesso e nudi non sono ammessi (ho aggiunto brutale per riferirmi a violenza del tipo di quella di certi film americani, mentre quella di altro tipo, più comica ma subdola se vogliamo, tipo quella di “Mai dire banzai” (Takeshi’s Castle), invece abbonda).


D: Forse per questa non avrai elementi per rispondere, ma la pongo lo stesso: visto che nello stesso Giappone il dibattito sull’argomento sembra ancora aperto, che opinione hanno i giapponesi riguardo il materiale shotacon e lolicon che viene prodotto?

R: Domanda un po’ particolare, non mi è mai capitato di parlarne con amici giapponesi. Intanto chi è appassionato di questo genere di materiale se ne guarda bene dal condividere la notizia con gli altri.

In generale, comunque, i giapponesi sono molto tolleranti e liberali in materia sessuale.

Nello specifico del materiale tipo editoria e video, non pare essere un grosso problema che materiale di stampo pornografico sia in bella vista in tutti i combini (minimarket aperti 24 ore) e che siano virtualmente accessibili a tutti, dai vecchi ai bambini. Anzi, le riviste erotiche (non porno) più tradizionali vengono sfogliate bellamente davanti agli scaffali incuranti di altre persone (che a loro volta non se ne curano).

Riguardo al materiale shotacon e lolicon, che abbonda mostruosamente, diciamo che in generale non viene apprezzato dalla massa, e chi viene beccato a fruirne viene bollato come un vecchio pervertito (eh si che credete? Che sono i ragazzi a sfamare questa industria? Sono i salary-man di mezza età e oltre, spesso sposati e con figli).

In generale i giapponesi sembrano non ritenere che l’abbondanza di questo materiale e la facile reperibilità costituisca un pericolo per l’educazione dei proprio figli.

Ovvero, non è che una madre sarebbe contenta di trovare suo figlio grande che fa uso di questo materiale, ma di crociate o lamentele anti-shotacon non ne ho mai sentite.

Che non sia una piaga sociale, ma un modo per fare business è evidente semplicemente andandosene in giro e vedendo con quale abbondanza vi viene attinto.


D: Ti ringraziamo davvero tanto. Gentilissimo. Spero che questo soddisfi le curiosità (come hai già detto tu) dei nostri lettori. Ultima cosa: ci puoi dire in giapponese un augurio per nanoda?

R: Si certo! E’ stato un piacere!! Mi spiace essere stato così prolisso, ma spesso non si immagina che dietro una semplice domanda c’è un mondo. Nanoda ganbatte!!


Ecco qui tutte le vostre domande con una risposta! E’ stato abbastanza esaudiente per voi?

Alla prossima!

Banner