MAN-GA: Il primo canale SKY interamente dedicato all’animazione giapponese!

Dal 1° luglio, sul canale 149 di SKY, arriva Man-Ga, il primo canale interamente dedicato all’animazione giapponese edito da Man-ga TV, in collaborazione con Yamatovideo.

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Man-Ga offrirà la possibilità, a tutti gli appassionati di animazione giapponese, di vedere le vecchie e nuove serie, tra cui alcune inedite in Italia e altre già entrate nell’immaginario collettivo di più di una generazione di fan del genere.

Il palinsesto del canale sarà diviso in specifiche fasce tematiche che offriranno una programmazione in grado di soddisfare i gusti di un pubblico ampio ed esigente.

Su Man-Ga (SKY, canale 149) saranno protagoniste le grandi serie d’animazione in prima visione, come l’avanguardistico Il Conte di Montecristo o l’elegante Le Chevalier D’Eon, esempi di prodotti inediti di prossima programmazione. Il Conte di Montecristo, in particolar modo, è una vera esperienza sensoriale oltre che visiva, in cui l’uso di un gamma infinita di barocche e coloratissime texture computerizzate, unite ad animazione digitale e a sfondi spesso animati in 3D, ne fa un prodotto d’avanguardia.

Inoltre Man-Ga (SKY, canale 149) dedicherà una specifica area della sua programmazione al genere dei “robottoni”, tanto amato dagli appassionati di animazione giapponese, proponendo un’ampia lista di titoli che include un vero e proprio “cult” come Astroboy, proposto nella originaria versione anni ’80. E ancora, il canale dedicherà particolare attenzione al genere sportivo dei manga, offrendo la possibilità di rivedere titoli mitici come L’Uomo Tigre e Rocky Joe. Le due serie, prodotte a circa dieci anni di distanza l’una dall’altra, saranno ora programmate consecutivamente sul canale 149 di SKY, restituendo al pubblico la storia con la giusta continuità narrativa.

Man-Ga ha pensato anche al giovane pubblico femminile, a cui riserva la speciale programmazione dell’area comedy, in cui trovano spazio titoli celebri come la favola ecologica Nadia – il mistero della pietra azzurra, serie che verrà riproposta per la prima volta senza censure, e con modifiche e correzioni rispetto al passaggio televisivo degli anni ’90 e il ciclo fantasy di Record Of Lodoss War.

Particolare attenzione sarà rivolta al pubblico dei fan di Man-Ga, attraverso una costante proposta di sondaggi sul profilo di Facebook del canale, l’invio di post e di newsletter, così da consentire agli spettatori di indicare le proprie preferenze nell’ampia offerta di titoli in programmazione. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito ufficiale del canale www.man-ga.it, attraverso il quale si accede alla pagina Facebook di Man-Ga (SKY, canale 149)

Astroboy

anime astroboy

Astroboy ©Tezuka Productions / All rights reserved

Era il 1951 quando Osamu Tezuka, che sarebbe stato soprannominato da lì a qualche anno il “Dio dei Manga”, creò Astroboy. Era da poco finita la guerra e il Giappone era un paese in ginocchio, devastato da due bombe atomiche, eppure sull’orlo di una rinascita economica che lo avrebbe fatto diventare uno dei Paesi più ricchi al mondo. E’ in questo clima che Tezuka guardava all’America, terra di cinema e da qualche anno anche di animazione. In particolare quel Walt Disney che aveva saputo creare personaggi memorabili, primi fra tutti Topolino, utilizzando una tecnica davvero sorprendente. Da questo momento nasce tra le due nazioni una dialettica fitta proprio da un punto di vista dei modi di fare animazione e, tale rapporto, porterà entrambi i Paesi a sviluppare tecnologie all’avanguardia pur partendo da basi differenti.

Nel 1963 Astroboy calca per la prima volta la scena televisiva diventando la prima storica serie animata giapponese trasmessa in TV. Successivamente il robottino dal cuore di bimbo ritornerà per altre due volte sul piccolo schermo: nel 1980 (questa la serie trasmessa da Man-ga) e nel 2003. Ma non basta. Anche Hollywood si è accorta del fascino intramontabile di Astroboy portandolo sul grande schermo con un film in 3D.

Ma a cosa si deve questo grande successo? Sicuramente all’abilità di un maestro come Tezuka capace di delineare in modo veloce ed efficace i caratteri dei suoi personaggi (tra i più conosciuti in Italia Black Jack, anch’esso compreso nel palinsesto Man-ga, La Principessa Zaffiro, Simba il Leone Bianco ecc). Astroboy, in particolar modo ha anticipato alcuni dei temi più ricorrenti della fantascienza, ma non solo, di questi ultimi anni. Che cos’è umano e cosa non lo è? (vedi Blade Runner e Matrix in campo cinematografico mentre, in letteratura, scrittori come Isaac Asimov o Philip Dick). L’umanità è una questione biologica o sono piuttosto i modi di comportamento a darne la marca? Astroboy nasce per sostituire Tobio, il figlio morto del dott. Tenma, suo inventore. Novello Frankenstein, questi crea il surrogato illudendosi di poterlo mettere al posto del figlio scomparso. Alla fine, com’è facile dedurre, ciò non è possibile. Tuttavia la spiegazione di Tezuka, rivoluzionaria per l’epoca in cui la concepì, è che tale fallimento non è dovuto alla natura meccanica di Astroboy, al suo essere una cosa priva di anima, ma perché è diverso da Tobio proprio in quanto essere vivo. In quanto creatura senziente, con un cuore, un’anima ed uno spirito, non può venire ridotto a fredda copia. Per di più il suo è un corpo speciale. Può, grazie alle armi di cui dispone, diventare una macchina terribile. Eppure il suo candore e la sua innocenza, nonostante la paura che gli umani provano verso di lui, non lo fanno mai vacillare nelle proprie convinzioni, rimanendo sempre una figura positiva, priva di incertezze ed ambiguità in un mondo dominato da queste.

Tezuka è chiaro: l’umanità (intendendo tale termine in senso morale) non è qualcosa di acquisito geneticamente a priori e non va mai data scontata. E’ come si vive che determina il tipo di uomo che si è, e tale nozione Tezuka la illustra attraverso il suo personaggio e nelle avventure che egli vive.

TRAMA:

Siamo nel 2030 nella megalopoli di Tokyo, e Astroboy viene creato dal Dottor Tenma, il Ministro della Scienza, ad immagine e somiglianza del figlio morto in un tragico incidente stradale. Il piccolo robot, anche se all’inizio un po’ impacciato, dimostra il suo animo profondamente generoso, rischiando la vita pur di salvare persone in pericolo. Nel frattempo un altro scienziato malvagio e privo di scrupoli crea Atlas, un super androide munito del “Fattore Omega”, un circuito che riflette in lui il lato oscuro dell’animo umano.

Il Conte di Montecristo

anime Il Conte di Montecristo

Il Conte di Montecristo ©2004 Mahiro Maeda • GONZO / MEDIA FACTORY • GDH All Rights Reserved

Mahiro Maeda, regista ormai di culto, è uno di quei nomi che spesso ricorrono tra i titoli di anime che hanno avuto un grande successo anche al di fuori del Giappone. Citiamo ad esempio il sodalizio con Hayao Miyazaki, la collaborazione con lo Studio Gainax nella realizzazione di Neon Genesis Evangelion e la realizzazione di parte dell’anime contenuto in Kill Bill vol. 1, celebre film diretto da Quentin Tarantino.

Nel caso del Il Conte di Montecristo Mahiro Maeda si è spinto ancora oltre trasfigurando, in un modo nuovo ed incredibilmente originale, un classico della letteratura di tutti i tempi. L’opera di Alexandre Dumas è stata riproposta ormai in moltissime versioni, da film e telefilm e serie televisive. Nel caso di questo anime, invece, l’interessante rivisitazione nasce anche dal cambio di genere, ovvero dal racconto storico alla fantascienza. Un’ulteriore nota di originalità deriva dal tipo di science fiction utilizzata che coniuga, in una sorta di steampunk allucinato ed estremo, due epoche storiche diversissime: il futuro e l’ottocento di Dumas. A rendere poi questo anime ancora più particolare ci pensa la tecnica di animazione. Barocche e coloratissime, vengono usate un’infinita gamma di texture computerizzate unite ad animazione digitale e a sfondi spesso in 3D che ne fanno un prodotto d’avanguardia, tanto da essere stato insignito negli USA di diversi e prestigiosi riconoscimenti. In questo modo Il Conte di Montecristo riesce a creare un universo in cui passato e futuro si fondono dando vita ad un contrasto che, attraverso gli occhi che ne registrano la macchinosità scenica, diventa sensoriale e tattile.

La vicenda prende il via sulla Luna durante il carnevale. Albert e Franz, amici di vecchia data, in quanto rampolli di “buona famiglia” si possono permettere una vita di svaghi e divertimenti. I loro vestiti, l’ambiente, le atmosfere, ricordano l’ottocento di Dumas, e persino il tipo di società rappresentata, fortemente divisa in classi, è senza dubbio legata ad un ben preciso momento storico. Inoltre, come nel romanzo dello scrittore francese, il Conte di Montecristo è stato tradito da tre persone che considerava amiche per essere poi segregato a vita. A questo punto l’uomo invece di stringere un patto con l’abete Faria come accadeva nel libro, lega un accordo con il demone Gankutsuou.

A differenza del romanzo originale, però, l’anime nel narrare la storia non usa il punto di vista del Conte, antieroe ormai logoro per i motivi di cui sopra si diceva, ma quello del giovane Albert, figlio della donna amata dal Conte di Montecristo, e che sarà utilizzato suo malgrado come mezzo di vendetta.

TRAMA:

Albert e Franz, due giovani aristocratici, arrivano sulla Luna per assistere alla famosa festa di Carnevale dove conoscono uno dei nobili più importanti del luogo, il misterioso e carismatico Conte di Montecristo. C’è chi sostiene sia uno speculatore arricchitosi in galassie remote, c’è chi pensa sia un alieno venuto da un lontano pianeta, e c’è chi crede addirittura che sia un vampiro. Ma una cosa è certa, il conte nasconde nel suo oscuro passato un grande amore perduto e il giovane Albert che si è appena affacciato all’età adulta, ne è incuriosito e affascinato.

Nadia – Il mistero della Pietra Azzurra

Nadia - Il mistero della Pietra Azzurra

Nadia – Il mistero della Pietra Azzurra ©1989 NHK ∙ SOGOVISION

Di chiara ispirazione verniana, Nadia – Il mistero della Pietra Azzurra è stato un anime che ha riscosso un grandissimo successo in televisione. Man-ga lo ripropone per la prima volta senza censure, correggendo tutti gli errori apportati dal passaggio televisivo degli anni ’90. Il nuovo doppiaggio ha cercato di mantenere, dove possibile, le voci della prima versione, con un recupero delle scene tagliate e il riadattamento di nomi e dialoghi, rendendolo finalmente fedele alla versione originale.

La storia è tratta molto liberamente come già detto, dai romanzi di Giulio Verne come Ventimila leghe sotto i mari, Cinque settimane in pallone e L’isola misteriosa, ma anche ai film di animazione di un grande regista come Hayao Miyazaki e, in particolar modo Laputa: il castello nel cielo. Da quest’ultimo titolo vengono ripresi moltissimi elementi, primo tra tutti il rispetto della natura che ben si rispecchia nel carattere di Nadia, la protagonista. La ragazza, infatti, dalle origini misteriose e che va in giro con un leoncino, è vegetariana e profondamente legata alla natura. D’altra parte Jean insieme a lei protagonista della serie, è un giovane inventore giunto a Parigi per partecipare all’esposizione universale. Proprio per questa doppia anima rappresentata dai due personaggi principali, Nadia – Il mistero della Pietra Azzurra, non pone mai in contrapposizione natura buona contro industria cattiva. I due protagonisti rappresentano gli elementi positivi di entrambe le filosofie e, in quanto adolescenti e (forse) non ancora corrotti dal mondo adulto, riescono a dialogare tra di loro trovando sempre una base comune.

Da segnalare la produzione per mano dello Studio Gainax sotto l’attenta regia di Hideaki Anno. Lo stesso mix vincente qualche hanno dopo avrebbe concepito uno degli anime più rivoluzionari degli ultimi anni: Neon Genesis Evangelion.

TRAMA:

La storia è ambientata nel 1899 in Francia. Jean, un piccolo genio inventore è appena arrivato a Parigi in occasione dell’esposizione universale con lo zio. I due si sono iscritti ad una gara aperta a tutti coloro che hanno cercato di costruire della macchine volanti. Proprio mentre nipote e zio stanno assemblando il loro aeroplano, Jean vede una bellissima ragazza in bicicletta passare lungo la Senna. Se ne invaghisce immediatamente e la segue, scoprendo che si chiama Nadia ed è un’acrobata che lavora in un circo. Alle sue calcagna ci sono tre strani individui pronti a tutto pur di rubarle la misteriosa pietra azzurra che possiede e che tiene al collo come ciondolo. Jean salva Nadia e i due fuggono insieme.

Rocky Joe

Rocky Joe anime

Rocky Joe © Asao Takamori • Tetsuya Chiba / Mushi Productions

Come L’Uomo Tigre, anche Rocky Joe può essere fatto rientrare in quel macro genere che, nell’animazione giapponese viene detto “sportivo”, calderone nel quale finiscono titoli come Holly e Benji, Mimì e la nazionale di pallavolo, Slam Dunk ecc. In realtà la boxe non ha l’univoco significato di misura della propria abilità come atleta ma è metafora della lotta e della fatica fisica e morale che il protagonista compie per trasformarsi da delinquente qualunque a campione.

Ancora una volta il protagonista è un orfano, un emarginato della società che sembra possedere un solo e unico talento, quello di fare a botte. Tuttavia, sin dalle prime battute Rocky Joe è presentato come un personaggio negativo, un vero e proprio antieroe che ha bisogno di tempo (la serie ha una stretta continuity e gli episodi sono collegati tra loro in un’unica storyline) ed esperienze per maturare. Il suo essere egoista e menefreghista non è dovuto a un qualche allenamento speciale ma alla sua condizione di orfano vagabondo e di emarginato che lo ha indurito e reso ciò che è. Così, anche di fronte a momenti di generosità o ad occasioni di cambiamento (come l’incontro con Danpei e l’opportunità di diventare un boxer) Rocky non vede alcuna opportunità e non riesce a integrarsi nella società. Non ha la pazienza né la costanza, non riesce a tollerare soprusi o angherie, gli sembra un crimine la disoccupazione e non riesce a sottostare alle regole. Oggi la vita è squallida e misera, è per il domani che vale la pena di lottare ma, forse, quando arriverà non sarà migliore del presente. Questo è il tema di fondo che pone l’opera, e la scelta radicale di Joe è quella di percorrere l’unica strada per lui possibile senza alcun compromesso.

Pur appartenendo allo stesso periodo storico e ritraendo la medesima società giapponese appena uscita dal disastroso conflitto mondiale, Uomo Tigre e Rocky Joe hanno un tono e un ritmo di racconto differente. Se, infatti, entrambi questi eroi seguono la via della redenzione attraverso lo sport (che equivale a una vera e propria lotta fisica), nel caso dell’eroe mascherato la divisione tra ciò che è Bene e cioè che Male è netta, e acquista una valenza pedagogica per lo spettatore. Lo stesso cambiamento di Naoto è repentino, egli modifica sostanzialmente i propri valori nel giro di una manciata di episodi. Anche in Rocky Joe è semplice stabilire, per chi osserva, dove risiede il Bene e dove il Male ma, in questo caso è il protagonista a non capirlo. Per lui è indispensabile cadere e rialzarsi innumerevoli volte (e in molti episodi) per aver modo di maturare e ottenere un cambiamento vero.

Dal punto di vista del design grafico, anche Rocky Joe fa parte di quei prodotti vintage che Man-ga ha deciso di riproporre nel suo palinsesto e, proprio per caratteri simili eppure diversi rispetto a Uomo Tigre, è stato inserito nella stessa fascia tematica di programmazione. Da segnalare, infine, che anche Rocky Joe è composto da due serie, la prima di 79 episodi, priva di un epilogo che invece trova conclusione nella seconda di 47 puntate, realizzata a dieci anni di distanza.

TRAMA:

Rocky Joe è una testa calda che ha un grande talento ma sembra non rendersene conto. E’ bravo nel combattimento e per puro caso viene notato da Danpei, un ex boxer, ora barbone e alcolizzato, la cui fortuna è tramontata da tempo. Il ragazzo, infatti, interviene dopo che dei brutti ceffi di un quartiere di periferia se la prendono con una bambina che accusano di essere una ladra. Rocky li stende tutti riscuotendo l’ammirazione degli orfani della zona, anche se più che la generosità è la sua indole da sbruffone a portarlo a fare a botte in continuazione. Danpei vede però il lui la stoffa del campione e gli propone di diventare il suo allenatore, cosa che il ragazzo accetta cercando in realtà di approfittare unicamente della generosità dell’uomo.

L’Uomo Tigre

L'Uomo Tigre anime

L’Uomo Tigre ©Ikki Kajiwara, Naoki Tsuji/Toei Animation

L’Uomo Tigre è uno dei cartoni animati giapponesi più famosi in assoluto nel nostro Paese e racchiude uno degli elementi di maggiore importanza che caratterizzano gli anime: la presenza di una doppia chiave di lettura nel racconto. Se, infatti, ad una prima analisi questo potrebbe apparire un prodotto di semplice intrattenimento, con uno schema fisso nel quale il protagonista deve vedersela di volta in volta con un avversario sempre più terribile, in realtà il tema è quello della lotta del singolo e della sua crescita personale.

Il protagonista della prima serie (Man-ga propone immediatamente dopo anche la seconda) Naoto Date è un orfano che per non soccombere in una società in cui non sembra trovare posto, decide di diventare forte e spietato. Per questo si sottopone ad allenamenti crudeli e al limite dell’umano, entrando in un’organizzazione chiamata Tana delle Tigri. Qui impara in primo luogo a diventare un uomo freddo e individualista, pronto ad ogni sorta di scorrettezza pur di conseguire la vittoria, salvo poi ritornare sui propri passi nel momento in cui torna nel suo vecchio orfanotrofio. Qui conosce il piccolo Kenta, un orfano com’era stato lui non troppi anni prima, e la sua rabbia per non essere abbastanza forte e in grado di difendersi da solo dai soprusi di chi è più forte, porta Naoto a cambiare atteggiamento e diventare un modello positivo. Da spietato “Diavolo Giallo” l’uomo si trasforma in un eroe che combatte senza scorrettezze i sicari mandati da Tane delle Tigri con l’intento di ucciderlo a causa del suo voltafaccia. Ma è importante sottolineare che L’Uomo Tigre non ha alcun potere sovraumano. Oltre alla sconfitta fisica dietro l’angolo è sempre in agguato anche la perdita di fiducia nelle proprie capacità e la difficoltà di tenere a freno il suo istinto violento dovuto all’insegnamento di Tana delle Tigri. Naoto lotta sia per far prevalere la giustizia, sia contro se stesso, aderendo a un codice morale tipico dalla cultura giapponese, il bushido, concetto simile a quello europeo di cavalleria. La sua è una strada fatta di abnegazione e sacrificio che lo porta inevitabilmente ad un’eroica solitudine.

L’Uomo Tigre può, infine, essere anche letto come un’opera che offre un’analisi sociologica della società giapponese reduce dalla Seconda Guerra Mondiale, ritratto di una nazione in bilico tra ripresa economica e un passato doloroso.

Tali tematiche, se pure così tragiche e profonde, vengo comunque filtrate dalla lente del tempo. L’Uomo Tigre è, infatti, un titolo vintage del palinsesto di Man-ga e la sua drammaticità è oggi fortemente ridimensionata. Il carattere retrò dell’animazione e l’abilità degli sceneggiatori nell’inventare avversari sempre più temibili e bizzarri, lo rendono un prodotto a tratti leggero e assolutamente divertente. Si tenga presente, infine, che in entrambe le serie i personaggi sono stati creati basandosi su lottatori realmente esistiti (o ancora esistenti) e lo stesso Uomo Tigre in Giappone lotta realmente, tramandando la sua maschera (attualmente si è arrivati a Tiger Mask 4). Tale “passaggio di consegna” è presente anche nelle due serie, che sono quindi capeggiate da differenti protagonisti: Naoto Date per la prima e Tommy Aku per la seconda. Lo stesso Antonio Inoki e il Gigante Baba, tra i più famosi lottatori giapponesi, sono presenti in entrambe le serie animate, interpretando se stessi.

TRAMA:

La vera identità di Uomo Tigre è Naoto Date. Da piccolo Naoto viveva in un orfanotrofio ma, a causa di cattive condizioni economiche, l’istituto era stato chiuso. Il bambino aveva così promesso di non tornare fino a quando non fosse diventato forte come una tigre. Sono passati gli anni e nello stesso istituto, ora riaperto grazie alla buona volontà di due ex allievi, il piccolo Kenta guarda in tv l’Uomo Tigre sognando un giorno di diventare forte come lui.

Record Of Lodoss War

Record Of Lodoss War

Record of Lodoss War © 1998 Ryo Mizuno – Group SNE – Masato Natsumoto – Rei Hyakuyashiki / “Record of Lodoss War” Project / TV Tokyo – all rights reserved. Licensed through Kadokawa Herald Pictures, Inc.

Record Of Lodoss War è un universo fantasy creato da Ryo Mizuno, uno scrittore giapponese che ha avuto un grande seguito in patria. La sua opera ha, infatti, dato seguito anche a manga, serie animate e videogiochi. La fonte d’ispirazione, ha dichiarato l’autore, sono stati i diari tenuti durante una sessione del celebre gioco di ruolo Dungeons & Dragons fortemente ispirato all’universo creato da J.R.R. Tolkien e da lui descritto nel Signore degli Anelli. Da qui nasce anche la particolarità di Record Of Lodoss War che, a differenza di altre serie di animazione giapponese di derivazione fantasy (macro genere per sua natura), è riproposto in termini classici, privo di contaminazioni. Se, infatti, spesso negli anime giapponesi il fantasy viene scecherato insieme ad elementi steampunk o fantascientifici, nel caso di questo anime la narrazione si lega proprio al racconto tolkeniano, con tanto di nani, elfi e cavalieri.

Il protagonista della storia è Parn, un orfano che eredita lo stesso destino del padre e si fa cavaliere per difendere il proprio regno dall’avanzata delle forze del male. Il suo è soprattutto un viaggio di formazione poiché, con l’incedere della storia, dovrà affrontare non solo nemici terribili ma anche i propri limiti. La sua evoluzione è accompagnata dall’esplorazione di territori sempre più vasti e nemici sempre più difficili da affrontare. Ad aiutarlo nell’impresa un gruppo eterogeneo di eroi munito di diverse abilità ma uniti da una missione comune.

Caratteristica dell’universo di Record Of Lodoss War è soprattutto la divisione netta tra Bene e Male, e l’utilizzo di una contropartita malvagia per ogni personaggio positivo. Come si evince dal prologo, infatti, la stessa nascita di Lodoss ha avuto origine dallo scontro tra la divinità delle creazione Marfa e quella del caos Kardis (che nella lotta si uccisero a vicenda). Allo stesso modo Parn ha la sua figura speculare nel cavaliere nero Ashram, si lega alla chiara elfa Deedlit, mentre la scura Pirotase si unisce a Ashram. Tuttavia tale netta opposizione che potrebbe apparire a prima vista alquanto semplicistica e stereotipata, in realtà non è così estrema. Record Of Lodoss War illustra certamente un mondo in cui Bene e Male s’incarnano in figure separate e riconoscibili, tuttavia, alla resa dei conti, Parn ha bisogno di usare entrambe le forze per salvare Deedlit, come a dire che solo attraverso l’equilibrio di entrambe le forze si può raggiungere un fine giusto.

TRAMA:

Una spietata lotta tra la Dea della luce e la Dea delle tenebre aveva spaccato i cieli in due fazioni. Le ostilità continuavano senza fine fino a quando, da questi scontri, emerse una nuova terra e le due Dee perirono scomparendo. Molti migliaia di anni dopo questo continente aveva preso il nome di Lodoss, l’isola maledetta.

Il giovane Parn abbandona il proprio villaggio tormentato da continue scorrerie di goblin, per cercare informazioni ed aiuto nel regno di Allania. Si unisce così a una compagnia di avventurieri: un’elfa, un mago, un chierico e un nano guerriero, ognuno con differenti motivazioni. Insieme sfideranno i pericoli dell’isola maledetta.

Il ciclo di Recordo Of Lodoss War è costituito da un prequel di 13 episodi intitolato Cronache della guerra di Lodoss (mai trasmesso in TV) e da una serie di 27 episodi, La saga dei Cavalieri, trasmessa in televisione nel 1998.

Le Chevalier D’Eon

Le Chevalier D'Eon

Le Chevalier D’Eon ©TOW UBUKATA • Production I.G./Project Chevalier 2006

Francia XVIII secolo. Le Chevalier D’Eon potrebbe apparire come l’ennesimo anime ambientato poco prima o durante la Rivoluzione Francese, vedi la celebre Lady Oscar ma anche La Stella della Senna o D’Artegnan e i moschettieri, titoli entrati di diritto nell’immaginario di ben più di una generazione. Tuttavia, a differenza dei prodotti sopra citati, l’autore Tow Ubukata pare non essere rimasto affascinato dalle vicende sfarzose e decadenti della Reggia di Versailles, quanto da un personaggio storicamente esistito. Un Chevalier D’Eon è, infatti, vissuto per davvero. Abilissimo con la spada, eccelleva anche nelle scienze economiche ma, cosa davvero singolare, venne assoldato dal Re e costretto a fingersi una donna per svolgere la funzione di diplomatico e di spia.

Tale singolare figura ha impressionato moltissimo Ubukata, in patria ormai diventato uno dei più importanti e riconosciuti scrittori di science fiction, il quale decise di arricchire questa singolare storia guidato anche dalle suggestioni che il secolo dei lumi porta con sé. E’, infatti, proprio in questo periodo storico, ovvero durante l’illuminismo, che crollano valori tradizionali vecchi di secoli e nascono uno dopo l’altro nuovi modi di vivere e nuove teorie sociali.

Scienza e fede, magia e ragione, sono il cuore di questo cartone animato. Per tale ragione Chevalier D’Eon è un titolo che riesce a mixare varie suggestioni e generi diversi. Fin dal principio, con il ritrovamento del corpo di Lia, la sorella del protagonista, chiusa in una bara e trascinata dalla corrente della Senna e, sul cui feretro sono incise strane e misteriose parole, è chiaro, come ha giustamente notato Mario Rumor, che ci troviamo più dalle parti di Twin Peaks (Chi ha ucciso Lia? Perché?) che di Lady Oscar. Episodio dopo episodio cresce soprattutto la suspense e il mistery in una storia che ha come fonte d’ispirazione la struttura dei telefilm americani e la cura nella caratterizzazione della psicologia dei personaggi, il tutto infarcito da elementi soprannaturali. Sono anche questi ultimi a fare da marca distintiva a Le Chevalier D’Eon.

Da non dimenticare, infine, la cura di costumi e ambientazioni ricchissime da un punto di vista scenografico, la cui impeccabile resa è stata possibile anche grazie ad un sapiente uso della computer grafica. Tuttavia, come ha precisato Ubakata, Le Chevalier D’Eon è sì un prodotto che deve stimolare i sensi ma sono stati volutamente evitati elementi troppo vistosi, lasciando che prevalesse invece la storia e l’aspetto del dramma storico.

TRAMA:

D’Eon de Beaumont, alla ricerca della verità sulla morte di sua sorella Lia e sui misteriosi fenomeni paranormali a cui ha assistito, è seguito da Robin, giovane paggio della Regina, Durand, un abile spadaccino e Teillagory, il vecchio maestro di spada dei fratelli Beaumont. I “Quattro Moschettieri”, così come si soprannominano in onore dei cavalieri dei tempi andati, seguono D’Eon come compagni leali e coraggiosi.

Fonte: man-ga.it, yamatovideo.com