Koko no Hito – The Climber

Kokō no hito, l’uomo solitario, narra le vicende di Buntaro Mori giovane studente delle superiori e della sua passione per il climbing.

Il giorno stesso in cui si trasferisce nella sua nuova scuola, viene sfidato dal compagno di classe Miyamoto e tenta di scalare l’edificio scolastico; Buntaro prova il brivido del rischio di fare un passo falso e morire, e riuscito nell’impresa, la sensazione di successo, il sentirsi vivo come non si era mai sentito prima. Così nasce nel ragazzo il desiderio di cimentarsi con vere montagne.

Altri nella sua scuola condividono con lui la stessa passione così dopo numerosi allenamenti decidono di confrontarsi con una scalata.

Il gruppo quindi inizia la salita. All’improvviso si imbattono in una forte nevicata trovandosi in difficoltà. Si sa, la montagna non uccide nessuno ma ogni distrazione può essere fatale; in un ambiente difficile e reso ostile dal clima avverso quasi inevitabilmente avviene una tragedia: un ragazzo della cordata muore.

Questo genera enormi sensi di colpa in Buntaro che lo porteranno a riflettere sul senso delle sue azioni e sul suo futuro. Ma troppo forte è il richiamo della sfida, dei paesaggi, così non può non seguirlo e ritentare aggredire le montagne; però nulla sarà più come prima, quella tragedia fa sprofondare il ragazzo verso la solitudine più cupa, quasi che ogni scalata sia per lui una ricerca di vendetta contro la natura o forse più contro se stesso. Solo una ragazza riuscirà forse a fargli riaccettare il rischio di avere come responsabilità la vita dei propri amici.

The Climber ha un taglio narrativo simile a manga sportivi come Slam Dunk ma il tutto visto con un’ottica seinen drammatica. Il protagonista infatti cresce come abilità e passione pagina dopo pagina, senza quasi rendersene conto, trovando nel climbing la sua ragione di vita. Il paragone può anche portarsi sul piano grafico: i primi piani specialmente denotano una cura e una forma di rappresentazione da parte di Shinichi Sakamoto molto simile a quella del primo Takehiko Inue.

In generale il disegno è nettamente uno dei punti di forza di questo manga. Graficamente meraviglioso riesce a far provare al lettore la sensazione che un alpinista vive raggiunta una vetta: lo fa grazie a meravigliosi scenari, panorami, a particolari ambientali perfettamente riprodotti; la montagna è nettamente ‘un personaggio’, una protagonista.

Il chara è tagliente nei volti, caratterizzati da occhi molto grandi ed espressivi, da bocche quasi parlanti senza testo. Molto curati infine i tecnicismi delle strumentazioni da scalata.

Il manga è tratto da un romanzo dallo stesso titolo, scritto da Jirō Nitta nel 1969, da cui è stato tratto anche un film: l’autore dei testi Yoshiro Nabeda ha mantenuto l’elemento caratterizzante dell’introspezione, piano principale di evoluzione sia della scoperta del climbing sia delle relazioni tra compagni e d’amore, aggiungendo però numerosi spunti sportivi.

Un novello “Il Vecchio e il Mare” dove giovani si confrontano con “la montagna” per confrontarsi con se stessi.