Per la pace nel mondo combatterà i Meganoidi con il Daitarn III! Se non hai paura di questa potenza, fatti avanti!
Con queste parole cominciava ogni volta un combattimento del Daitarn 3.
Qualcuno lo ricorda?
Quel robot giapponese che veniva pilotato da Haran Benjo… Chi non ha mai sognato di vivere avventure come le sue, combattendo le ingiustizie, salvando il mondo dalla rovina ed essendo circondato da due stupende ragazze (Reika, la mora, e Beauty, la bionda)? Oppure di volare a bordo di un Varitech Valchiria nelle perenigrazioni spaziali a bordo dell’SDF1 di Macross (o Robotech per dirlo nella versione italiana)?
Il filone dei cartoni animati, nel corso del tempo, si è evoluto… premetto che non voglio fare paragoni tra le epoche in cui le serie andavano in onda o sulle serie stesse, ma non posso esimermi dal tirare le somme sulle varie generazioni di cartoni animati che si sono succeduti nel corso del tempo, crescendo migliaia di giovani in Italia e milioni nel mondo.
Dapprima, con l’avvento delle reti private, abbiamo potuto variegare il panorama televisivo e anche, di conseguenza, quello spazio riservato più giovani.
Mediaset e le reti private, così come la Rai, acquisivano le serie TV di cartoni principalmente dagli Stati Uniti d’America, le riadattavano e le trasmettevano in Italia. Nell’adattamento prendevano i nomi americani o italianizzavano quelli giapponesi, limitando l’accesso a quella cultura, giudicata incomprensibile, da parte delle giovani menti.
Così Optimus Prime della serie Transformers diviene Commander, in “Robotech” Hikaru Ichijo divenne “Rick Hunter” e Misa Hayase diviene “Lisa Eyes”, e via via tanti altri personaggi che hanno affollato le nostre giovani menti.
Tuttavia l’amore del pubblico giovanile sorvola ampiamente sui nomi (Capitan Tsubasa per Holly Hatton) e consacra al successo serie quali: Angie Girl, Babil Junior, Bem, Blue Noah, Capitan Harlock, Capitan Futuro, Brave Star, Candy Candy, Cyborg, Carletto il principe dei mostri, Rocky Joe, Star blazer, Starzinger… e molti altri.
Chiunque riconosca, o meglio si ricordi, almeno quattro o cinque dei titoli sopracitati, deve avere almeno una trentina d’anni sulle spalle (o poco meno), o avere una buona cultura cartacea.
La trasformazione a cui ho assistito nel corso del tempo ha favorito, a mio parere, il lato tecnico rispetto alla trama vera e propria. Sono cambiati gli obbiettivi, la tipologie delle storie e il modo di farle. Dove non sopperiva la tecnologia era lo sceneggiatore a dover intervenire per correggere eventuali lacune o mancanze… oggi, invece, si può tutto con un semplice click di un mouse. La sceneggiatura propone storie a mio parere un po’ tirate e comunque finalizzate al merchandising dei prodotti, perché, anche quando il cartone finisce, le vendite di carte, collane, pupazzi, magliette e altro prosegue molto tempo dopo la fine di una serie.
I cartoni animati cambiano con gli anni, così come cambia chi li crea… ma, purtroppo, sta cambiando anche lo spirito con cui vengono scritti e realizzati.
Bah, mi pare il solito articoletto da nostalgici che non riescono a stare al passo con l’avanzare dell’età. È ovvio che con il progredire delle tecnologie e la relativa maggiore facilità con cui può essere creato un cartone fa sì che ci siano molte serie scadenti atte al merchandising ma, se ai tempi un produttore ci pensava due volte prima di spendere capitali per creare una cosa che non fosse di qualità (allora “qualità” era solitamente sinonimo di “vendite”, poiché i produttori non sono mica case di beneficenza per il bene degli appassionati) e il numero delle serie erano relativamente molto poche, ora nel marasma generale degli anime prodotti si possono trovare comunque molte serie di qualità con belle trame e, solitamente, è proprio grazie al giro di denaro prodotto dalle serie commerciali a permettere la produzione di questi altri anime più maturi. Inoltre dacché io sappia il merchandising c’è sempre stato e sempre ci sarà nella cultura “animofila” giapponese, anche, e soprattutto, per le serie da te citate. Anzi, forse è proprio in questi anni che vengono create serie, in Giappone, che si basano il meno possibile sulle vendite di gadgettistica ma cercano di sopravvivere perlopiù con le vendite dei dvd e i ricavati delle pubblicità.
Quello che ho scritto tra l’altro è una minima parte di quello che si potrebbe dire a riguardo e probabilmente non sarò neanche riuscito a esprimermi al meglio… Quindi, per favore, i “pensierini” li si scrivono, solitamente, nei temi delle elementari e forse delle medie, ma non in un articolo che sarebbe potuto risultare interessante se sviluppato meglio…