Prologo

ritorno al passato(1)

A Kyoto:

pov Naru.

Sempre le stesse cose dice la mamma, mi hanno offerto un posto migliore ma non lontano da qui! O sennò… cosa devo fare? Ho due offerte di lavoro, non so cosa scegliere! Ma mai una cosa del genere. Insomma cambiare tutto, ma proprio tutto! Un po’ mi sa di ridicolo, cambiare città, gente, magari là ci sono posti più interessanti di qua! Insomma a Tokyo! Si sta parlando di Tokyo! La cosa forse migliore che può capitare a uno sfigato come me… già proprio fortuna questa!Sempre meglio che pensare al bicchiere mezzo vuoto! Quell’uomo ha rovinato la mia vita, ormai per sempre… ha minacciato di uccidermi se provo a dire qualcosa, o anche accennare alla mamma le cose che mi fa. Quando mi fa quelle cose mi picchia e forte e quindi non penso che menta. Quando la notte sto per dormire, ho paura che lui entri nella mia camera e mi uccida, è una cosa ormai che dura da anni e la notte dormo poco o non dormo affatto, sto solo là a pensare al giorno seguente, in attesa di qualcosa che cambi la mia vita radicalmente. Fortunatamente questo momento è arrivato. Giuro su me stesso che tutto finirà quando sarò arrivato a Tokyo, avrò una vita sociale e anche la ragazza! Questo è il mio obbiettivo e nulla mi farà cambiare idea! Questo è il mio sogno e si realizzerà!

In questi giorni è festa, Natale è vicino e qui a Kyoto le strade sono tutte illuminate, anche di notte sembra quasi che sia giorno. Una sola parola per descrivere dicembre, solamente fantastico! A me il freddo non piace, le giornate sono più corte, forse questo è più un male che un bene per ovvi motivi, ma soprattutto adoro questo mese dell’anno perché le strade e i tetti delle case si dipingono di quel bianco candido, adoro la neve. Ma dalle cose belle si passa subito alle cose orribili. Quel maniaco non mi fa mai uscire di casa, giusto quelle sei ore per andare e tornare da scuola. Quando esco di casa e quando rientro lui è sempre là, davanti alla porta ad osservarmi e, dopo aver mangiato indovinate cosa succede? Mi prende di peso e mi sbatte sul letto, fottendomi tutte le volte che vuole, in tutti i modi più perversi che la sua mente elabora e tutto questo all’insaputa di mia madre…

E’ orribile pensare che lei lavora fino a tardo pomeriggio solo per mantenere un pervertito e la sua “puttana”. Perché quello alla fine sono, una puttana che viene fottuta senza obbiettare, mi faccio schifo da solo.

Ah… eccomi davanti casa. Ora mi ritoccherà la scopatina delle due e magari oggi pomeriggio riesco a sgattaiolare di casa per andare a quella fiera in città. A passi lenti mi avvio verso la porta, calpestando la fredda neve che scende anche dal cielo appoggiandosi su di me e sui ciliegi ormai privi di fiori, piccoli fiocchi di neve, freddi come il mio cuore.

***

-ehm… s-sono a casa…- dice balbettando.

Quel giorno non c’era Ichijo sulla porta di casa ad aspettarlo. Molto strano per il biondino. All’entrata si levò le scarpe per mettersi le pantofole e camminare sul pavimento di legno. La cartella della scuola la appoggiò all’inizio delle scale per poi correre per tutta la casa a cercare l’uomo. Era stranamente euforico, anche perché non trovò traccia di lui. Nemmeno un più piccolo indizio che lui c’era, il nulla più assoluto, quella casa rispecchiava completamente il concetto di silenzio. Sul suo viso si stampò un sorriso degno di primato da quanto grande e luminoso, era dettato dal cuore. Era felice, anche se solo per un giorno non avrebbe dovuto essere sottomesso da quella sottospecie di mostro sottoforma umana. Le guancie si tinsero di un leggero rosso e le risa non si fecero attendere. Sguaiato si diresse verso la cucina ridendo di gusto e insultando mentalmente l’uomo e ringraziando chiunque avesse avverato il suo sogno.

Dopo essersi ripreso un poco aprì l’anta del frigo infilando la testa dentro e uscì da là con la sua porzione di ramen istantaneo. Aprì lo sportello del microonde e ce lo infilò dentro, richiudendo lo sportello e impostando l’ora a tre minuti. Forse quella fu l’attesa più lunga di tutta la sua vita, non per particolari, ma per quel fastidioso ticchettio dell’orologio attaccato alla parete davanti a lui lo metteva in soggezione e pensava che ad ogni ticchettio della lancetta una percentuale si sottraeva alla sua giornata libera, per paura che il patrigno tornasse a casa. Furono i tre minuti più lunghi della sua vita.

Personalmente parlando lui amava il ramen, forse più di se stesso. Questa era la conferma della poca stima aveva di se. Ma lui era anche abbastanza testardo, anzi descriverlo così sarebbe stato un eufemismo. Lui era la testardaggine in persona, in tutte le sue forme, sempre che le abbia. Solo al patrigno non obbiettava nulla, sapendo in anticipo la reazione che avrebbe provocato in lui. Ma quel ramen era talmente buono che l’aveva già finito in pochi minuti. Sua madre gli ripeteva sempre “Narutochan, mangia più lentamente! Così ti gusti meglio le cose, invece di ingozzarti come un maiale!”. Ma da come gli entravano quella parole da un orecchio, uscivano dall’altro ad una velocità incredibile. Ripensando a questo fatto sorrise amaramente, guardando l’asfalto di quel banale e triste colore sotto i suoi piedi. Quel colore era troppo “vuoto” per lui, ma anche se non gli piaceva affatto erano uguali: vuoti. Rispecchiava perfettamente il suo cuore e questo lo faceva soffrire ancora di più.

Con questi pensieri in testa si avviava a ritmo sostenuto verso la strada illuminata dove erano presenti tutte le bancarelle dagli accesi colori. All’inizio della fiera, già alle prime bancarelle si sentiva come escluso, tutte le famiglie felici, la gente che scherzava animatamente, gruppi di amici che urlavano e facevano casino per tutta la strada, divertendosi. Chiuse gli occhi sospirando e gli riaprì facendosi forza e incamminandosi verso la folla.

Non ci era mai andato e per questo pensava fosse chissà cosa, si rivelò una noiosissima fila chilometrica di bancarelle per vecchiette diabetiche. Girandosi poi, verso destra vide una bancarella diversa dalle altre, piena di fiori. Rimuginandoci un po’ sopra decise di avvicinarsi per comprare una bella rosa alla madre.

Se ne tornò indietro con una rosa avvolta in della plastica trasparente, tenuta legata a sua volta da un bellissimo nastro arancione, che piacque subito al biondo. Anche se in definitiva la fiera era stata opprimente e orribile se ne era uscito con un regalo per sua madre. Sorrise tristemente, mente sulla rosa davanti ai suoi occhi si posava delicatamente un fiocco di neve, candido, puro. Questo episodio gliene fece ricordare un altro… ma più triste…

*Piangeva. Le lacrime erano mischiate alla pioggia, così da renderle trasparenti. Così nessuno poteva sapere se stava piangendo davvero. Ma i singhiozzi erano forti e anche da lontano si poteva sentire il dolore di quel bambino riversato in urla disperate. I pantaloni eleganti ora erano tutti sgualciti, bagnati e fangosi. Inginocchiato per terra ad osservare la lapide con sopra inciso quel nome che amava tanto, quello di suo padre… fissava i nomi incisi si di essa “Minato Namikaze” “25/01/1965-07/07/2001”.

Morto in un incidente di lavoro. Così gli avevano detto. Non sapeva nemmeno se quella cosa fosse vera, ma non gli interessava, era morto e come lo era non gli interessava affatto. Da dietro di lui i tonfi sordi, le scarpe della donna infrangersi dentro le pozze d’acqua e chinarsi accanto al figlio con una rosa rossa in mano. Mise quella rosa davanti al volto del figlio. Lui la osservò per bene, vedendo le gocce infrangersi su di essa. Tremante afferrò la rosa portandosela ancora più vicino al viso, osservando tutto il suo colore, quasi vuoto appoggiandola sopra la tomba di suo padre. Dopo prese la mano di sua madre e si incamminò dalla parte opposta.*

***

Ad aspettarlo a casa c’erano una preoccupata madre e un furioso patrigno. La rossa corse verso di lui abbracciandolo, dicendogli poi che l’aveva fatta preoccupare tanto. Ricambiò teneramente l’abbraccio spostando il suo sguardo sul patrigno. Quello era uno sguardo omicida, se avrebbe potuto sarebbe già accasciato per terra morto. Alla scena mielosa brontolò qualcosa di incomprensibile girandosi l’attimo successivo.

‹ mamma ora vado in camera un attimo. ›

‹ ok, ma scendi subito che la cena è quasi pronta! › disse la donna riavviandosi verso i fornelli e il figlio gli rispose con un cenno della testa. Tutto questo osservato dal castano che di soppiatto seguì il biondino che sgattaiolò in camera buttandosi a peso morto sul letto e rabbrividendo per lo sguardo crudo del patrigno.

L’uomo mentre Saliva le scale, sulla destra dove si trovava il muro, vide una foto attaccata al quest’ultimo. la cornice era semplice, era stata fatta da Naruto quando aveva circa cinque o sei anni. Tutta contornata di conchiglie e colorata di blu. La foto ritraeva Kushina e Naruto dodicenne abbracciati. Quell’immagine ebbe il potere di fargli ricordare un ricordo impresso nella sua mente, indissolubile negli anni. “mi ricordo bene… era di primavera, i ciliegi erano in fiore e le strade profumate… forse se non erro il quindici di aprile, si! Proprio quando il moccioso aveva dodici anni… ah quanto tempo è passato!”

*Con la macchina si erano entrambi fermati davanti a uno squallido edificio. La vernice era quasi tutta andata via e i mattoni erano in bella vista. Donne con vestiti molto succinti si avvicinò alla macchina appoggiandosi sensualmente. L’uomo con poco riguardo le scacciò offendendole. Uscì di macchina seguito a ruota dal bambino. Lo prese per la mano sorridendogli in un modo strano per il bambino, un’espressione nel suo volto che non capì, ma lo seguì pensando che forse doveva fare qualche commissione prima di andare al parco giochi. Entrati una signora anziana cominciò a parlare animatamente con l’uomo, lasciando Naruto seduto su una sedia lontana da loro, così da non poter sentire la loro conversazione. Appena ebbero finito, riprese il biondino per mano salendo le scale, tenendo con l’altra mano una chiave.

Ehi appena scendi mi devi il doppio! Sai che queste cose sono contro legge stupido pervertito!

Certo vecchia puttana! Rise.

La porta sembrava quasi tutta ammuffita, quasi da cadere a pezzi da un momento ad un altro. Naruto si chiese cosa ci facessero in un posto così lugubre, quasi da fargli paura, ma non chiese nulla restando in silenzio, anche perché quell’uomo non gli piaceva affatto e non aveva nemmeno una minima confidenza con lui.

Poco tempo dopo che furono entrati, Naruto venne quasi buttato sul letto, mentre l’uomo lentamente si spogliava, levandosi prima la giacca, le scarpe eleganti, la camicia buttandola per terra scompostamente avvicinandosi al bambino che aveva osservato tutta la scena rimuginando nella sua piccola testolina cosa avesse in mente l’uomo. Di certo nulla che gli fosse piaciuto vista l’espressione quasi sadica impressa sopra al suo volto. Si chinò ai piedi del bambino ancora seduto sul letto, levandogli le scarpe e iniziando a spogliarlo tutto, fino a farlo restare completamente nudo. I vestiti avevano fatto come da tappeto per terra, comprendo anche la moquette tutta strappata. Il biondo lo guardava con occhi sgranati tremando come una foglia. Ora l’uomo completamente nudo di ogni veste si apprestò a tirare fuori un coltellino dai pantaloni prima di gettarli a terra. Puntò il coltello al collo del biondino che cominciò a piangere e tremare ancora di più, senza muoversi completamente immobile nella sua paura.

Prendilo in bocca! impose il bruno.

L’uomo si avvicinò ancora di più al bordo del letto, in piedi guardava dall’alto il bambino come fosse un oggetto, praticamente nulla. Il bambino guardava il membro duro e gonfio davanti al suo volto, quando sentì premere con più forza il coltello sul suo collo, sempre tremante si avvicinò al sesso dell’uomo. Non sapendo cosa fare esattamente decise di fare come lui gli aveva detto “prenderlo in bocca” e così fece. Dalla sua piccola bocca prese interamente tutto il membro turgido e cominciò a muoversi con la testa, avanti e indietro, così sempre,interrottamente, sempre con quel coltello puntato sul suo collo che gli doleva. Sentiva sospiri compiaciuti provenire dalla bocca dell’uomo che senza accorgersene, preso dall’eccitazione mise una mano dietro la testa del biondo, prendendo i capelli, stringendoli e spingere più a fondo il suo membro nella cavità orale del piccolo. Continuando così per pochi minuti forse… nemmeno lui lo capiva, solo si sentiva strozzare quando il sesso di Ichijo affondava in lui, finché un liquido dallo strano sapore invase la sua bocca e nell’aria un gemito riecheggiò sovrano. Un po’ di sperma uscì dagli angoli della bocca del biondino che dovette ingoiare tutto quel liquido sotto ordine dell’uomo. Con fatica buttò tutto giù, cominciando a piangere sommessamente, senza fermare i singhiozzi e dalla sua bocca uscirono solo frasi sconnesse, senza senso. Ripresosi un poco dall’orgasmo e sentendo quei pianti si irritò ulteriormente.

hm, a prenderlo in bocca non sei affatto bravo! Ma non disperarti è solo la sua priva volta, imparerai! Ora distenditi a pancia in giù! Muoviti moccioso! urlò l’uomo alla fine.

sigh… p-perché… sigh sob… p-per-perché mi f-fai q-questo?! chiese stremato dal pianto il ragazzino.

tsk! Questi non sono affari tuoi! Ora mettiti giù! rispose puntando nuovamente il coltello contro di lui. Senza obbiettare oltre il bambino si distese come gli aveva ordinato. La testa poggiata da una parte e lo sguardo fisso al muro, osservava il vuoto, forse perché lo inghiottisse e lo portasse via da là. Ma il pianto non si fermò mai, anche se piccolo aveva capito in parte quello che voleva fare l’uomo. Sentì il letto sobbalzare, lui era dietro di lui, chiuse gli occhi. Ichijo prese per i fianchi il biondino alzandolo a quattro zampe e, senza perdere tempo lo penetrò.

Forse la concezione di dolore in quel momento era una cosa che pochi potevano comprendere davvero. Da quel momento, il momento in cui il membro dell’uomo aveva violato la piccola e stretta apertura del ragazzino, un urlo inumano uscì dalla bocca di Naruto. Si era sentito spaccare in due, quasi il desiderio di morte era superiore al suo desiderio di vivere così. Ad ogni affondo come risposta un urlo di dolore. Il sangue cominciava ad uscire dalla sua entrata, scendendo tra le sue cosce, sporcando successivamente il letto di rosso. Ad un certo punto il dolore anche se tanto, cominciava a diminuire, fu in quel momento che le sue braccia cedettero, ma l’uomo continuò ad tenerlo per i fianchi ed entrare ed uscire in lui, ritmicamente e sempre più velocemente. Il ragazzino stava con la guancia pigiata contro il letto. Quella era l’espressione più vuota, come se fosse solo un guscio vuoto, come se proprio il suo stesso corpo fosse vuoto, inerme e morto.

L’uomo come lo violò una prima volta, affondò un’ultima venendo dentro il biondino. L’ultimo a quella sensazione mai provata e strana non ci fece molto caso, anche perché il dolore a quell’ultima spinta violenta era aumentato, facendolo gridare di nuovo. Uscito da dentro di lui Ichijo si risistemò alla meglio, riagganciando i bottoni della camicia un po’ stropicciata, tirando su la cerniera dei pantaloni e riallacciandosi la cintura alla vita. Subito dopo spostò lo sguardo verso il ragazzino accasciato sul letto malamente. Era sporco di sperma mischiato al sangue provocando un odore non tanto piacevole. Con il lenzuolo lo ripulì alla meglio e quando fu abbastanza soddisfatto lo prese per il braccio tirandolo in piedi e lo rivestì a fatica, anche perché mai in vita sua aveva vestito qualcuno, grande o piccolo che sia. Il piccolo stava in piedi per miracolo, il fondoschiena gli doleva, anzi dire così era un eufemismo, gli faceva un male cane. Teneva una mano sul sedere tremando, forse sarebbe cascato per terra per la poca forza nel suo fisico. Improvvisamente Ichijo gli si parò davanti guardando fisso i suoi occhi impauriti e poi parlare.

allora chiariamo bene alcuni punti: uno, non provare mai e ripeto MAI a farne parola con nessuno, se solo provi a parlarne con qualcuno soprattutto con tua madre sei un moccioso morto! Secondo, io sposerò tua madre che tu lo voglia o no e vivremo come una famigliola felice tutti e tre. Capito moccioso? disse freddo, proprio come il ghiaccio.

snif… s-sei un m-mostro! TI ODIO!!! Sigh… sob… sigh sigh… ›› Le gambe gli cedettero inginocchiandosi a terra continuando a piangere.

ehi stupido marmocchio non me ne frega nulla cosa pensi di me! Devi solo promettermi che non dirai nulla a nessuno, sennò sai che fine fa il tuo bel collo? Tagliato a metà da questo coltello!

Era spaventato, quell’oggetto dalla lama appuntita lo impauriva da morire, così fece la cosa più intelligente per lui in quel momento di pura follia.

si, lo pro-prometto…

bravo moccioso! Ora alzati e andiamo! Sennò quella puttana mi farà pagare ancora di più. dopo queste ultime parole si avviò alla porta seguito a ruota dal ragazzino biondo, ma più lentamente… e così uscirono da quella stanza, spettatrice della violenza e unica complice di quell’atto.*

Sussultò al ricordo. Si stava eccitando. Ma dentro di se si convinse di stare buono, anche perché ora con la moglie in casa era sconveniente approfittarsi del biondino. Con una mano si appoggiò al muro del corridoio, poco prima della porta della camera di Naruto. Lentamente si avvicinò, spalancandola l’attimo seguente. La stanza era tutta buia fatto eccezione per i pochi spiragli illuminati dalla luna, che anche se in parte illuminavano la stanza. Là dentro non c’era anima viva, il ragazzo forse era in bagno, lui intento a ricordarsi di quell’episodio di tanti anni fa non si era accorto che era uscito di camera. Poco gli importò, almeno non poteva spalancare la porta del bagno e parlargli. Lo avrebbe fatto dopo cena.

Proprio l’ultima era stata silenziosa, dopo il piccolo rimprovero della madre, né Naruto né Ichijo aveva proferito parola, soltanto mangiavano silenziosi, ormai la donna aveva intuito che c’era qualcosa che non andava tra i due, ma decise di non indagare oltre, tanto non sarebbe stato alcunché(ma io la strozzo! è.é ndme). Preda dei suoi funesti ricordi che tornavano a galla pungenti. Si ricordò di una volta che era venuto Ichijo a casa loro, ormai stavano insieme da un po’ di tempo, ma Naruto non sembrava tanto entusiasta di questa cosa, così li mandò entrambi al parco giochi per passare un pomeriggio come tra padre e figlio. “mi ricordo bene… era di primavera, i ciliegi erano in fiore e le strade profumate… forse se non erro il quindici di aprile, si! Proprio quando Naruchan aveva dodici anni… ah quanto tempo è passato!”

*Dall’entrata della casa provenivano piccoli colpi alla porta, la donna dai rossi capelli corse verso di essa per aprirla subito e abbracciare l’uomo fuori.

Ciao amore! Oggi sei in anticipo! Lo salutò baciandolo dopo.

Eheh lo so, ma mica potevo stare troppo lontano da te, amore mio!

Entrarono dentro casa, Kushina chiamò il figlio. Pochi secondi dopo una testa bionda fece capolino dalle scale, ma la sua espressione felice si tramutò subito in uno sguardo triste, rassegnato. I suoi occhi privi di gioia salutarono l’uomo per poi correre in salotto dove alla televisione stavano trasmettendo il suo cartone animato preferito. Era seduto scomposto sul divano nero, le due figure grandi si posizionarono davanti ai suoi occhi.

Mamma così non vedo nulla!!! Aveva cominciato a lamentarsi il bambino, piagnucolando.

Io e Ichijo abbiamo deciso che oggi andrete al parco giochi! Così vi conoscerete meglio! Forza niente storie, mica ti mangia! dichiarò entusiasta la rossa.

Mamma devo proprio! Lui non è papà! Io andavo con lui al parco! rispose innocentemente.

Ma lo diventerà presto! Quindi non fare storie e vai a metterti le scarpe! Ora!

Usciti di casa il biondino si girò per vedere la madre che lo incitò a continuare a camminare. Si girò e con lo sguardo sempre basso si diresse dentro la macchina dell’uomo. Pochi secondi dopo sparirono dietro l’angolo. La donna rientrò trionfante dentro casa prevedendo un futuro roseo.*

Sorrise cominciando a sparecchiare la cena. Si poteva dire che il suo cuore era felice. Finalmente aveva ritrovato l’amore della sua vita. Come i piatti lavati con l’acqua, anche le sue paure e le sue preoccupazioni venivano lavati via dal suo cuore.

Almeno così lei credeva…

Dopo aver aiutato la madre a sparecchiare e a pulire tutte le stoviglie si diresse verso il divano, dove si trovava anche il patrigno. Sussultò, ma non cambiò direzione, con la madre in casa ben poco poteva fare. Si sedette dalla parte opposta del divano rannicchiandosi e guardando la televisione, ma si sentiva un tantino osservato. Infatti l’uomo lo stava fissando con un sorrisino malizioso il faccia, osservando le sue gambe, il petto che si intravedeva dalla maglia abbastanza stretta e la bocca, che tante volte in questi anni gli aveva dato piacere, adorava quelle labbra. Qualche idea gli frullò in testa, doveva parlargli e così decise di fare la cosa più ovvia.

‹ ehi Naruto dai vieni accanto a me! Dai vieni accanto al tuo papà! › disse sorridendo dolcemente, mentre la madre assisteva alla scena dalla porta della cucina felice.

Naruto fissò malamente l’uomo davanti a una proposta tanto stupida per i due quanto macabra ai suoi occhi. Vide che anche la madre lo stava osservando, vedendo ogni suo minimo spostamento. Alla fine si decise ad avvicinarsi cautamente all’uomo fino ad arrivargli accanto. Ichijo gli mise un braccio attorno al collo sorridendogli e poi sorridere di rimando alla moglie. Quando la rossa se ne tornò in cucina nella stanza si alzò una tensione pazzesca e il sorriso dolce dalle labbra dell’uomo svanì proprio come era comparso.

‹ riprova a uscire di casa nel pomeriggio e vedi cosa ti fo stupido moccioso! › sussurrò quelle parole. Ebbero un effetto penetrante e spaventoso nei confronti del biondo che sgranò gli occhi spaventato. Il suo cuore aveva preso a battere forte dalla paura. ‹ o-ok… › e l’uomo si alzò dirigendosi verso le scale. Molte volte si era chiesto il motivo per cui aveva sposato sua madre, trovando come risposta il fatto delle violenze. Ma non ne era certo. Sembravano felici insieme, innamorati. Alcune volte li trovava sul divano a scambiarsi effusioni, ecco quelle scene gli facevano tremendamente male al cuore. Non erano innamorati!

Quelle scene dolci erano tutte grandi cavolate…