Capitolo 2
X 1980 X
Gli abitanti del paese erano persone mediocri, nient’affatto alla sua altezza. Questo ovviamente includeva i suoi coetanei.
Mocciosi ottusi, rozzi e noiosi, di certo non degni della sua attenzione.
Quindi perché…, pensò, cercando rabbiosamente di liberare l’orlo della sua camicia dal ramo appuntito che l’avevo ghermito e ottenendo solo di graffiarsi le dita, si era lasciato provocare tanto da accettare una sfida così stupida?
Quel giorno era iniziato esattamente come tutti gli altri: afoso, piatto e noioso, fino a che quel manipolo di cretini l’aveva avvicinato con chiara aria canzonatoria.
Avevano cominciato con qualche domanda idiota su sua madre e su suo padre, e poi avevano continuato a parlare a vanvera fino a quando non si era arrivati alla leggenda locale del bosco del demonio.
“Il bosco del demonio”, più precisamente il luogo in cui si trovava lui in quel momento, era un esiguo raggruppamento di alberi che si ergevano a poche centinaia di metri a est del paese, sembrando altamente fuori luogo tra la sabbia e le rocce che costituivano il resto del paesaggio, quasi come una macchia verde sputata(*) a caso dal pennello di un pittore.
Nel paese era diffusa l’ idea che quell’ unico angolino verde in quel luogo infertile non potesse essere di origini naturali, ma fosse opera e dimora del demonio, che aveva fatto crescere piante e alberi dalle folte chiome per proteggersi dall’occhio infuocato del buon Dio.
Sbuffò, al pensiero. Roba buona da far bere ad imbecilli come quelli.
Probabilmente ci credevano sul serio. Forse l’avevano fatto andare lì proprio perché speravano che non ne uscisse più; per quanto stupidi, quei bambocci dovevano aver fiutato che le tensioni tra i loro genitori avevano qualcosa a che fare con sua madre. Divertente come il disprezzo dell’ opinione pubblica desse come un’ autorizzazione a dimenticare i vuoti discorsi di fratellanza, carità e bontà d’animo professati da quella Chiesa che, a detto loro, la sua famiglia offendeva.
Liberata finalmente la camicia dal ramo, mosse un paio di passi all’indietro per riprendere l’equilibrio e finì col perderlo totalmente inciampando in una radice. Borbottando imprecazioni che un bambino della sua età non avrebbe mai dovuto conoscere e che avrebbero fatto correre il vescovo in chiesa a recitare almeno tre “Ave Maria”, fece leva sui gomiti per rialzarsi, avvertendo un dolore lancinante attraversarlo da parte a parte.
L’ odore del sangue che si era abituato ad avvertire ogni volta che passava davanti al mattatoio poco lontano da casa sua gli colpì le narici, e seppe di essersi ferito.
Digrignò lentamente i denti dal dolore, mentre si rialzava in piedi e tirava un calcio alla pietra appuntita che gli aveva tagliato il braccio.
Il sangue scorse macchiando leggermente le foglie bagnate e marce che ricoprivano il suolo. (**)
Avvertì una lieve nausea, ma riuscì a mantenere il controllo di sé abbastanza da esaminare il taglio, trovandolo meno grave del previsto: si trattava di un’incisione diagonale poco più su del gomito, non molto estesa ma piuttosto profonda. Se la tamponò con l’orlo della camicia (tanto ormai era da buttare) e decise che come tour turistico poteva bastare. Se si annoiava abbastanza da accettare le proposte idiote di un gruppo di stupidi non era ai livelli di buttarsi in missioni masochiste solo per liberarsi dell’inerzia. E poi in quel luogo non c’ era davvero nulla da vedere a parte alberi anneriti… Non che si aspettasse di trovare qualcos’altro, comunque…
Un rimestio di foglie che non poteva essere opera del vento lo paralizzò.
Sorpreso, si girò verso la direzione da cui aveva udito provenire il movimento. Un coniglio forse? Una volpe? Aveva sentito parlare di quegli animali selvatici da suo padre… A suo dire, a Nord della nazione c’erano parecchie di quelle macchie di verde, e un gran numero di bestioline che le abitavano…
Mosso dalla curiosità, avanzò con circospezione fino a che non sentì uno sgocciolio d’acqua, e poi…
Il respiro gli si mozzò in gola e osò distinguere qualcosa di molto simile alla paura nell’ammasso immoto e gelido delle sue emozioni.
Nella poca luce che il fitto intrico di rami delle cime degli alberi permetteva di far penetrare, distinse una figura alta, ammantata di nero.
La figura era accovacciata nell’ acqua, con la testa china. Le estremità del suo pesante mantello nero affioravano nell’acqua rigonfie. La sua mente stordita registrò quell’insolito particolare, chiedendosi come facesse a sopportare un simile abbigliamento considerato che, nonostante nel bosco facesse più fresco, erano a metà luglio. Quasi avesse percepito il suo sguardo, lo sconosciuto si alzò lentamente, causando che una pioggia di goccioline scintillanti scivolasse giù dalla superficie nera della veste scura e dai capelli corvini.
Voleva nascondersi ma si scoprì incapace di muoversi, paralizzato contro il tronco umido cui era poggiato. Il suo cuore pompava il sangue in fretta come mai prima e si sentì quasi perdere i sensi per la tensione e un’ emozione strana, non ben identificabile.
Il mantello dello sconosciuto ondeggiò, mentre questi si voltava.
Per la prima volta nella sua vita perse il controllo dei muscoli del viso e avvertì la propria mascella cadere mollemente verso il basso, mentre il suo sguardo veniva rapito da due gemme smeraldine, luminose e lucide, incastonate in un ovale di porcellana candida circondato da ciocche corvine.
A malapena un guizzo, e in un secondo quella figura era scomparsa dalla sua vista, ma non importava. Quegli occhi, quel volto, si erano ormai irrimediabilmente impressi nella sua memoria, bruciati a fuoco nella sua mente. (***)
…Il demonio aveva fattezze più graziose di quanto si aspettasse. (****)
(*) Non mi veniva in mente nient’altro per esprimere efficacemente il concetto… ç_ç
(**) C’ è un motivo se l’ho tirata così lunga con il piccolo infortunio di Sei-chan, e penso sia facile intuire il motivo. No..? Pensateci bene… Sangue… Subaru è un vampiro…
(***) Mi sembra di aver letto da qualche parte questa espressione… °-°;;
(****) Non ho potuto resistere allì’impulso di inserire “la solita frase ad effetto”, come le chiama una delle mie recensitrici… ;-P
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