La città incantata
Locandina italiana di La città incantata, di Hayao Miyazaki

La città incantata

“Quando incontri una persona nella tua vita non la dimentichi, puoi non ricordarti di lei ma non la dimenticherai mai!”

Ho cominciato con questo estratto poetico di un discorso all’interno di questo altro pezzo di storia dell’animazione, targato Studio Ghibli per farvi capire il livello qualitativo a cui andrete incontro, una volta che vi siederete sulle vostre poltrone al cinema. Eh si, perché il film La città incantata è stato proposto al cinema dalla Buena Vista qualche anno fa, e se sarà giustamente sponsorizzato si porterà dietro un buon successo al botteghino.

Detto questo e detto che Sen To Chihiro no kamikakushi è un bellissimo film d’animazione, scatta una piccola polemicuccia che mi è consona per carattere, personalmente considero Spirited Away (il titolo internazionale) un ottimo lungometraggio, che si attesta ai livelli degli altri made in ghibli, ma che non riesco a ergere sopra che so ad un Tenku no Shiro Laputa o a un Porco Rosso e allora mi pongo la domanda: perché solamente ora ci si accorge internazionalmente dei film di Miyazaki (della cui bravura tutti narrano, ma di cui ben pochi hanno visto tutte le pellicole… io sono tra quei pochi e me ne bullerò all’infinito, ma questa è un’altra storia) e gli si conferiscono riconoscenze internazionali (l’ultima al festival di San Francisco) tra cui l’orso d’oro, sebbene siano ormai 18 anni che fa film di questo livello?

Sarà perché ora ha un canale distributivo internazionale e una potenza mediatica sufficente da sponsorizzare l’eventuale premiazione?

Il canale distributivo come tutti sanno è la Buena Vista che in quanto a potere internazionale è ben nota. Tra l’altro tanto per farsi venire altri dubbi in quanti credono che Benigni avrebbe vinto le sue belle statuette se non fosse stato spinto dalla Miramax (che guarda un po’ è una controllata della Buena Vista)? Ma aldilà delle magagnette che nascono tra i banchi dei giurati, su cui si può discutere all’infinito non avendo prove documentate, alla Buena Vista concediamo questo e altro sopratutto per il fatto che finalmente potremo godere di tutte le opere di Miyazaki, da questa a quelle in fieri sul grande schermo, e di quelle passate sul supporto ottico (quando finalmente usciranno).

Tra l’altro a meno di smentite e facendomi due ragionamenti posso con un certo coraggio affermare che questa volta la buena vista, per questo Spirited Away, proporrà una campagna stampa di buon livello, uno perché ha avuto a disposizione il tempo necessario per allestirla e due perché questo Sen to Chihiro risulta meno ostico e meno violento (quindi più Studio Ghibli) di Mononoke Hime e per i più piccini, proprio perché come ha detto lo stesso Miyazaki “è indirizzato ai bambini di 10 anni e a tutti quelli che si sentono ancora di avere l’allegria e la spensieratezza dei bambini di 10 anni”.

Ma di cosa parla questa La città incantata?

Beh, se masticate il giapponese il titolo originale (Sen to Chihiro no Kamikakushi) vi dirà già tutto, è il viaggio spirituale di Chihiro e Sen. Un viaggio spirituale per 2 motivi…

Il primo perché Chihiro si ritrova in un mondo di Spiriti o meglio di divinità e il secondo perché questo è anche un viaggio dentro lo spirito di Chihiro e che la porterà a crescere e a rendersi indipendente. Non a caso il simbolismo di voler utilizzare 2 nomi, Sen nel viaggio nel mondo spirituale e Chihiro nel viaggio nel mondo interiore credo sia una scelta apposita.

A detta dello stesso Miyazaki questo anime gli è venuto in mente denotando la condotta apatica di molti bambini di quella età, con poca forza di vivere e molto legati ai genitori.

In questo viaggio noteremo una Chihiro molteplice che si evolverà col passare dei minuti, dalla apatica ragazzina tremolante che troviamo sulla macchina dei genitori, ad una ragazzina che si ritrova sola a dover sopravvivere e infine una ragazza che con la innocenza dei bambini si ritrova ad essere migliore di tutti gli altri comprimari e aiutare un po’ tutti. Molto bello è che questa crescita interiore non viene forzata come spesso capita nei film, ogni elemento è verosimile.

Lo stesso Miyazaki tende a far rilevare che, si i bambini tendono a non uscire dal bozzolo perché troppo curati dai propri genitori (lo sono un esempio lampante i genitori di Chihiro all’inizio, ma maggiormente YuBaba con il suo “piccolo” bambino Boh), ma anche che senza un aiuto esterno, un conforto di qualcuno, non riuscirebbero mai a superare determinati ostacoli che gli si parano davanti.

Chihiro trova Haku e Kamaji, Haku trova Kamaji e Chihiro, Boh trova Chihiro e Zeniba è un’intersezione di aiuti reciproci un inneggiare alla socialità (tema ricorrente in Miyazaki ma che per la prima volta viene espresso in questo modo) per riuscire tutti insieme nella crescita sociale e propria.

Altro fattore classico di Miyazaki è la denuncia ambientalista, in questo caso interpretata da un Dio Fiume completamente irriconoscibile perché ditrutto internamente dall’inquinamento. Piccola pillola su cui discutere che il nostro regista lascia in ogni sua opera, ma che tristemente non viene recepita dai potenti (chissà se Georgie Boy si vedrà questo film e ripenserà al Protocollo di Kyoto che ha disatteso perché per lui è più importante il business).

Abbiamo parlato un po’ delle tematiche affrontate (io ne ho accennate un paio, voi trovatevi da solo le altre tra cui il motivo della presenza di Kaonashi, o Senzafaccia come credo verrà tradotto in italiano visto che nella versione inglese è stato scelto il nome di No-face, oppure del perché gli umani puzzino come si sente durante il cartone e tanto altro ancora), ora parliamo un po’ della trama in se e per se, cosa che io personalmente detesto fare visto che mai e poi mai vi renderà l’idea di quello che andrete a vedere, ma che mi tocca altrimenti il Vultus mi prende a nerbate come fanno i fantini al palio di Siena (vai Cianchino!!).

Chihiro è una semplice ragazzina che si ritrova a dover abbandonare tutti gli amici per un trasloco, per motivi lavorativi dei genitori credo, e quindi ricominciare tutto da capo.

Per una ragazzina apatica come lei, fare nuove amicizie e cambiare gli standard di vita è una prospettiva poco entusiasmante ed è per questo che non ne è per nulla felice. Una volta arrivati nella nuova città il nostro nucleo familiare si smarrisce per la periferia e finisce davanti ad un’entrata di quello che sembra un Parco Giochi abbandonato.

In realtà però quello in cui si addentreranno non è affatto ciò che sembra ma l’anello di congiunzione tra il mondo reale e quello spiritico e in particolare l’entrata di uno stabilimento termale per divinità in cui queste possono riposarsi e ripulirsi. Non appena arrivati i genitori di Chihiro si ritrovano davanti un banchetto luculliano e ne approfittano per strafogarsi fino a diventare dei maiali. La nostra Chihiro invece non attratta dal cibo decide di farsi un giro per il parco incontrando Haku che l’avverte dell’imminente pericolo che la può colpire non appena calata la notte. La nostra però con i genitori diventati maiali non può più ritornare indietro ed è per questo che si ritrova a dover chiedere un lavoro alla strega che gestisce lo stabilimento, Yubaba, che dopo varie incazzature e scenette divertenti acconsente. Di lì in poi il viaggio di Sen (è quello il suo nome nello stabilimento) inizierà e sarà tutto un succedersi di avvenimenti.

E ora un po’ di lato tecnico che non fa mai male!

Questa volta la regia di Miyazaki utilizza pochissime sessioni in volo il che è un particolare non da poco, si vuole dar risalto principalmente alla figura di Sen e ci si riesce egregiamente. Semplicemente straordinarie alcune scelte, in particolare quelle iniziali con Chihiro in macchina, sembra proprio che la telecamera sia posizionata all’interno dell’auto e subisce tutti i sobbalzi delle sconnessioni della strada. State attenti durante il film perché in alcune situazioni vi potrebbe pure capitare di fare un saltino durante la proiezione per l’ottima commistione di scena ed evento musicale.

La direzione delle animazioni è affidata al trittico Masashi Ando, Kitaro Kosaka, Megumi Kagawa, in particolare il primo aveva già supervisionato le animazioni nel video musicale On your mark e in Mononoke Hime, sempre ritornando a quello che ti colpisce subito e ti lascia basito, vorrei sottolineare la maestria nel riportare le animazioni delle folate di vento sui capelli. Oltre a quello notate i riflessi del sole sull’acqua e rimarrete estasiati.

Della sceneggiatura ho già detto tutto, un piccolo cenno al produttore Toshio Suzuki e a quello esecutivo Yasuyoshi Tokuma, oramai chi è appassionato dello studio ghibli credo che li conosca quanto e come Hayao Miyazaki e Isao Takahata.

Per ultimo mi tengo la musica che guarda un po’ è affidata a Joe Hisaishi e guarda un po’ è straordinaria. Accompagna perfettamente ogni momento del film, vi è una buona varianza degli strumenti per lo più orchestrali e raggiunge i suoi picchi nei momenti più concitati. La sigla finale “Tsumo Nando Demo” (sempre con me) è cantata da Yomi Kimura, mentre i testi e la musica sono di Wakako Kaku.

Che dire di più?

Stavolta più che mai dare un voto finale non conta niente! Ha vinto l’orso d’oro… ci sarà un motivo! Non ci sarà un motivo e non sarete giustificabili se non ve lo vedrete!

In Giappone ha superato ai botteghini gli incassi di Titanic, non dico che debba fare qui in Italia 234 milioni di euro come ha fatto in madrepatria, ma se lo vedrete con i vostri figli, i vostri nipoti o i vostri fratellini vi divertirete voi e farete divertire quelle piccole pesti e darete pure i soldi alla Buena Vista (ah-ah amerikanische!).

A parte gli scherzi… E’ tutto… buona visione!

Recensione di Massimo Valenghi