Fatal Fury the movie

La saga videoludica di Fatal Fury (Garo Densetsu in origine) ha goduto di tre trasposizioni animate nel corso degli anni: a differenza delle prime due, OAV che ricalcavano più o meno fedelmente la trama dei primi due episodi ludici, il qui recensito anime, oltre ad essere nato come prodotto cinematografico, si distacca dalle precedenti lavorazioni grazie ad una sceneggiatura originale, la quale, pur non rinunciando a presentarci vecchi e nuovi eroi della saga SNK, introduce nuovi personaggi e situazioni che poco o nulla hanno a che fare con la storia originale.

Cronologicamente situato poco dopo la sconfitta del temibile Krauser, la narrazione vede Terry Bogard ed il suo gruppo (costituito da suo fratello Andy, dal kickboxer Joe Higashi e dalla ninja Mai Shiranui) contattati dalla giovane Sulia Godamas: il di lei fratello Laocoon ha infatti deciso di radunare i sei pezzi della mitica armatura di Marte, appartenuta ad un suo lontano avo, e di sfruttarne gli incredibili poteri per conquistare il Mondo (domanda: ma i cattivi dell’animazione non hanno mai fini un tantino più originali?), ed ovviamente solo Terry Bogard, l’uomo che ha sconfitto l’invincibile Krauser, può fermarlo.

Chissà perché tutto questo mi dà un senso di deja-vù…

Ironia a parte, la sceneggiatura di Takashi Yamada non brilla certo per originalità, nonostante alla psicologia dei personaggi sia riservata una cura maggiore rispetto alla media del genere; del resto, dato il soggetto ispirante, difficilmente si sarebbe potuto ottenere qualcosa di diverso.

È evidente infatti che è sulla spettacolarità delle scene d’azione che un prodotto come questo trova la sua ragione d’essere, e affinchè questo obiettivo possa essere conseguito sono pressocchè indispensabili buone animazioni, una regia adeguata, effetti speciali e personaggi all’altezza.

Partendo proprio da quest’ultimo punto, notiamo come Masami Obari, qui anche in veste di regista e di supervisore all’animazione, sia rimasto estremamente fedele al design SNK, di per sè più che valido, regalandoci personaggi estremamente slanciati, col tipico tratto pulito-spigoloso made in Japan, e curando particolarmente i pittoreschi costumi dei protagonisti; a voler cercare il pelo nell’uovo, forse i volti possono apparire poveri di dettagli, ma potrebbe benissimo essere solo una mia impressione.

Niente da ridire neppure per quanto riguarda le animazioni dello Studio Comet, di cui, come sopra scritto, Obari è stato supervisore: fluide, precise, gommose al punto giusto (il realismo non è proprio di casa in questa pellicola!) senza incertezze ed in linea con un prodotto di classe cinematografica.

Quello che meno mi ha convinto è stata la regia che, pur non presentando nessun particolare demerito, appare eccessivamente piatta, priva di quei guizzi e di quella vivacità di ripresa che dovrebbero essere di casa in un action movie, risultando eccessivamente al servizio della pur ottima fotografia e degli eccellenti effetti speciali: sembra quasi che la macchina da presa si preoccupi solo di mostrare il lavoro di Seiichi Morishita (direttore della foografia e dei visual effects), concedendo poco o nulla alle inquadrature o ai movimenti di macchina che dovrebbero essere il punto di forza in un titolo di tal fatta.

Anche sul fronte delle musiche siamo nel regno del senza infamia e senza lode, con melodie tecnicamente ineccepibili, ma sostanzialmente anonime e di scarso impatto, purtroppo in linea con la medietà della regia.
Discreto anche l’adattamento Yamato, con voci nel complesso adatte ai personaggi, pur non brillando certo per espressività, ed un adattamento fedele all’originale.

In conclusione, un film valido, ma inevitabilmente penalizzato dalla scarsa inventiva di sceneggiatura (perdonabile in un titolo rivolto ai fan del videogioco) e regia (su questo nessuna attenuante: è un action, non un documentario!).
Solo per gli appassionati del coin-op e per gli amanti del genere, che comunque non troveranno un capolavoro.

Recensione di Antonino Mirenda