Lei l'arma finale

Chise è una piccola, sbadata, candida, debole ragazza innamorate del proprio fidanzato, Shuji, con i consueti problemi che possono attanagliare qualsiasi adolescente; Chise è un’arma creata dalle “Forze di Autodifesa Giapponesi”, per fronteggiare l’invasione di una forza straniera militarmente superiore, su cui pesa il destino dell’intera popolazione. Nel suo fragile corpo albergano due nature così diverse tra loro, una che distrugge innumerevoli vite umane, un’altra che nonostante il mondo sembra andare in frantumi riesce a coltivare un sentimento d’amore che vive del futuro.

Shuji che inizialmente sembrava quasi infastidito dal carattere “appiccicoso” di Chise e dal suo continuo scusarsi di ogni cosa, una volta scoperta l’altra terribile natura della ragazza non fugge come avrebbero fatto tanti altri, bensì finisce per innamorarsi perdutamente di lei.

Così il loro rapporto continua a crescere nei piccoli periodi in cui non c’è da combattere, il desiderio di vedersi diviene impellente, predominando ogni cosa.
Shuji diviene per Chise il legame con la sua umanità nonostante il suo corpo in continua evoluzione pian piano venga sempre più snaturato.

La storia racconta un sentimento più forte di tutto, della guerra, dell’apparenza, della vita e della morte, e lo fa in modo incredibile, coinvolgendo come poche altre storie, atterrendo letteralmente il lettore trasmettendo un pathos intenso e folgorante che porta ad avere “fame” di leggere le vignette successive.

”Lei, l’arma finale” è un capolavoro: Shin Takahashi ci regala un affresco di emozioni per cui, attraverso la sensibile descrizione psicologica dei personaggi e la drammaticità degli eventi, ci spiega l’intimo significato dell’Amore come raramente ho avuto modo di leggere, raccontandoci la sua genesi, la sua evoluzione, i dubbi e le difficoltà da superare, la sua estasi. Questo è un manga da leggere e rileggere con attenzione, senza lasciarsi sfuggire nemmeno una parola, soffermandosi a contemplare ogni particolare delle vignette, perché ogni virgola, ogni sfumatura, ogni espressione, è una pennellata necessaria per “mordere” il pieno significato che l’opera vuole trasmettere.

Anche lo strumento descrittivo, il disegno, è di altissimo livello. Lo stile dell’autore sembra essere “nato” per questa opera: i volti minuti perennemente imbarazzati, le lacrime sproporzionate rispetto al viso, la frenetica alternanza di immagini forti, crude, comiche, incantate, romantiche, tutto è vivo e desidera vivere in queste pagine.
L’edizione italiana, firmata da Planet Manga, non delude: la traduzione ad opera di Claudia Baglini e calzante e riesce nella difficile impresa di rendere i dialoghi giusti per le emozioni che implicite che portano. La carta di stampa è quella standard Panini e i vari fogli sono ben incollati. Le immagini risultano definite.
Unico difetto per un manga di questa caratura è la mancanza di sovracopertina bussorata.