Gualtiero Cannarsi presenta: Studio Ghibli al Festival del cinema di Roma

Gualtiero cannarsi, curatore della rassegna film relativa allo Studio Ghibli, che si svolgerà al Festival del cinema di Roma dal 28 Ottobre al 5 Novembre 2010, presenta lo Studio Ghibli!

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Ghibli: il vento che solleva la sabbia del deserto…?

Dopo la prima invasione settantina, seguita poi da un fiero ritorno cominciato nei primi Novanta, ormai all’alba della seconda decade del nuovo millennio, l’animazione giapponese sembra essersi ben radicata nell’immaginario di più di una generazione di spettatori del vecchio e nuovo continente. Nel mondo del consumo globalizzato e forsennato dell’immagine, proprio lo stile grafico del disegno giapponese sembra diffondersi come il veicolo ideale di una nuova cultura popolare, soprattutto giovanile.

Nel clima di un immaginifico narrativo occidentale così controcontaminato da quello nipponico, c’è una sola firma che svetta come marchio della tradizione stilistica giapponese e garanzia di eccellenza: si tratta indubbiamente dello Studio Ghibli, parto mentale e fortino dell’acclamato regista Miyazaki Hayao. Se in patria il nome di Miyazaki Hayao è ormai consacrato come quello del dio dell’animazione e il logo del suo studio è istituzionalmente associato a capolavori animati senza età, destinati al plauso del più vasto pubblico nazionale quali ultime espressioni di un mondo produttivo nipponico che non è più, in occidente proprio i film di Miyazaki Hayao e dello Studio Ghibli sono stati gli araldi del definitivo sdoganamento dell’animazione giapponese, infine accolta sinanco dall’accademica oltre che dai suoi entusiasti consumatori.

Ma in mezzo a tanto clamore e compiacimento, sospinti dal falso mito di progresso dell’esotismo pseudointellettuale, quanto potranno riuscire davvero a comprendere il pubblico e la critica occidentale dei film dello Studio Ghibli, ovvero prodotti realizzati in Giappone, da giapponesi e per giapponesi? Quanto la globalizzazione consumistica e mai realmente culturale può rendere realmente sterile un simile tentativo di comunicazione, proprio nell’autoinganno della sua stessa efficacia?

Se lo stesso Miyazaki Hayao si è sempre sorpreso del successo internazionale dei suoi film, dichiarando candidamente come per le sue creazioni si riferisca sempre e solo al proprio pubblico domestico, questa rassegna si propone infine come un percorso di conoscenza reale, volto a vivificare i messaggi sensibili insiti nelle opere animate dello Studio Ghibli. Tramite la presentazione genuina e l’analisi onesta dei più significativi autori dello studio, si intende tracciare un cammino ermeneutico intrinseco per estrinsecare i contenuti effettivi delle opere, parti di una tradizione espressiva nata in oriente da una contaminazione occidentale e poi destinata a controcontaminare l’occidente stesso, in un vorticare di correnti che si vogliono qui rendere meno aride della sabbia del deserto sollevata dallo spirare del vento… Ghibli.

Poiché non può esservi cultura umana senza umana coltura,

Gualtiero Cannarsi, 12 Settembre 2010


Miyazaki Hayao e il Museo d’Arte Ghibli

Nel bosco di Mitaka, ai bordi di Tokyo, si trova una singolare struttura: il Museo d’Arte Ghibli. Non si tratta di un mero luogo di raccolta di cimeli e mementi relativi ai celebri film dello Studio, quanto piuttosto di un luogo totalmente infuso dello stile, delle suggestioni, delle atmosfere che caratterizzano gli immaginifici dei loro creatori. Quindi, come invito e supporto alla percezione empatica e sensibile dei contenuti della rassegna, la si è voluta affiancare a questo particolare documentario.

Il Museo d’Arte Ghibli è stato dichiaratamente concepito da Miyazaki Hayao come “un posto in cui smarrirsi”: in schietta antitesi con la logica museale tradizionale, la struttura è nata come un groviglio di ambienti suggestivi da non potersi visitare ordinatamente, ma da scoprire lasciandosi trascinare dalle suggestioni, proprio come farebbe un bambino. Lo stile degli ambienti è tuttavia preponderantemente europeo. Le architetture sono infatti ispirate ai luoghi che i fondatori dello Studio Ghibli hanno visitato in cerca d’ambientazioni per loro opere animate, dalla Svezia di Pippi Calzelunghe all’Italia di Dagli Appennini alle Ande. E così tra le mura del Museo emergono ulteriori punti di contaminazione culturale: da sempre affascinato dagli scenari della letteratura per l’infanzia europea, Miyazaki Hayao si è ispirato ai paesaggi del vecchio continente, non da ultimi quelli italiani, poi riemersi nelle atmosfere incantate del museo come delle sue opere, pure contaminate dalla cinematografia neorealista europea, che tanta influenza ha esercitato sullo sperimentalismo dell’animazione giapponese, di cui proprio Miyazaki Hayao e soprattutto Takahata Isao sono storici rappresentanti.

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