Autoconclusivo

Autoconclusivo

Disclaimers: I personaggi non sono miei, ma di Masahi Kishimoto che ne detiene tutti i diritti.

Sakura Haruno, colei che era sempre stata insicura della sua forza, che si sentiva un peso per gli altri, adesso aveva tra le mani la sua vita.

Per una volta, tutti si stavano affidando a lei.

Era l’unica che poteva salvarlo, l’unica che in quel momento aveva la possibilità di curare le sue profonde ferite.

Perchè il veleno che circolava nel suo corpo era mortale.

Perchè solo un medico esperto avrebbe potuto estrarre quel siero fatale.

Perchè era allieva di Tsunade-sama e sapeva perfettamente come guarirlo.

Era un intervento difficile, la possibilità di riuscita era inferiore al 50%, ma sapeva che se ce l’avesse messa tutta ce l’avrebbe fatta.

Ma perchè allora non trovava il coraggio per farlo?

Perchè ancora una volta non si sentiva all’altezza della situazione?

Sapeva di essere capace di eseguire un intervento simile, ma nonostante tutto, aveva paura di fallire.

Aveva il terrore di sbagliare qualcosa e di farlo morire per mano sua.

Doveva fare una scelta. Doveva agire.

I suoi occhi, lucidi di lacrime, scrutavano quel corpo inerme, così esile e provato.

‘La sua vita dipende da me. Per una volta solo io sono in grado di salvare qualcuno… e allora perchè non ci riesco? Perchè non credo nelle mie possibilità?’

La ragazza sbattè con rabbia un pugno sul suolo erboso e lentamente si lasciò cadere sul ragazzo.

Le lacrime bagnavano la veste da kazekage che indossava il giovane e mentalmente Sakura si dette della stupida, i ninja non mostrano mai le loro emozioni. È una delle prime regole che si imparano in accademia, ma che lei aveva già tragredito troppe volte.

I singhiozzi continuavano ad uscire dalla sua bocca, si sentiva davvero inutile e stupida.

‘Non posso lasciarlo morire… davvero, non posso. Ma come posso fare qualcosa se le mie mani non la smettono di tremare?’

Piano piano si calmò, prese un lungo respiro e alzò lentamente il capo, ritrovandosi due pozze color acquamarina puntate su di sè.

Fu allora che schizzò indietro, rendendosi conto di essere ancora accasciata su di lui.

Velocemente si asciugò le lacrime, anche se ormai l’aveva vista piangere.

“Cosa c’è Sakura-san? Qual è il problema?” disse atono. Le parole gli erano uscite a fatica.

La giovane kunoichi sussultò, come poteva confessargli di non avere il fegato per curarlo?

Gaara attendeva una risposta, che mai arrivò. Aveva intuito dall’espressione insicura della ragazza che c’era qualcosa che non andava.

A stento cercò di mettersi seduto, di avvicinarsi a lei.

Fece forza sulle braccia, ma non appena fu a quindici centimetri dal terrendo, i muscoli gli cedettero.

All’impatto col terreno gli scappò un gemito di dolore.

Sakura allora scattò verso di lui, con preoccupazione, chiedendosi che cos’avesse avuto intenzione di fare.

“Devi stare fermo! Se ti muovi il veleno agirà più velocemente.” esclamò con voce tremante.

Lui le tese la mano, aveva bisogno di sedersi, di guardarla meglio.

La ragazza capì e afferrando la sua mano lo aiutò a tirarsi su.

“Allora? Posso sapere cosa succede? …morirò?” a quelle parole le lacrime le bagnarono nuovamente gli occhi.

Se solo avesse avuto le palle di medicarlo non sarebbe morto.

“No… non morirai…” il giovane ninja la guardò storto.
“E allora cosa c’è?” voleva sapere cosa diavolo avesse da piangere. Non aveva mai tollerato le lacrime. Mai.

“Non c’è niente…” l’espressione di Gaara si addolcì impercettibilmente.

“Sei tu che mi vuoi morto allora? Dì, non mi hai ancora perdonato da quella volta all’esame dei Chuunin?” Sakura sobbalzò.

Perchè aveva pensato una cosa simile? Da dove gli erano usciti simili pensieri?

“Ti sbagli!” disse con fermezza.

Per la prima volta Sakura si accorse che la stava guardando con occhi diversi. Sembrava quasi… sereno?

“Allora… se mi dici così, posso morire tranquillo…” da dove gli uscivano quelle parole?

Lei si sentì stupida. Gli stava dando la certezza che dovesse morire anche se non era così.

O perlomeno, lo sarebbe stato se lei non si sarebbe data una mossa.

Abbassò lo sguardo, non riusciva più a guardarlo in faccia. Era una codarda, solo questo.

Improvvisamente sentì il contatto con le dita fredde del ragazzo, che lentamente la costrinsero a guardarlo.

Non lo reggeva quello sguardo, avrebbe dovuto detestarla per ciò che [non] stava facendo.

“E va bene! Ok! Io non posso curare le tue ferite, sono una buona a nulla! Potrei farlo ma mi manca il coraggio! Ho paura di sbagliare, ho paura di ammazzarti con le mie mani! Io…” Sakura non riuscì a finire la sua frase che Gaara le mise un dito sule labbra.

“Adesso capisco… ma non deprimerti per questo… morirei comunque, sciocca ragazza…” la tristezza si era impossessata dello sguardo del ragazzo.

‘Si… moriresti comunque… ma non per mano mia. Sono una vigliacca, non l’hai ancora capito, Gaara del deserto? Non voglio avere sensi di colpa…’

“Preferisco morire per mano tua…” disse, come se le avesse letto nel pensiero.

Sakura spalancò le grandi iridi verdi, quel ragazzo era davvero lo stesso Gaara che conosceva? Cos’era tutta quella dolcezza?

A quelle parole le sue guance si erano imporporate di rosso e aveva cominciato a sentire un gran caldo diffondersi in tutto il corpo.

“Sono una vigliacca… non sono degna di essere un ninja…” si detestava, perchè doveva continuare a fare la vittima?

Si sentiva una grandissima stronza in quel momento.

Se ne stava lì a parlare di morte con lui, con la consapevolezza che il veleno si propagando in tutto il suo corpo e lo stava a poco a poco uccidendo, invece di provare a salvarlo.

Se aspettava ancora, sarebbe stato troppo tardi.

Con rabbia strinse le mani a pugno. Le unghie conficcate nel palmo, un rivolo di sangue si era formato sulla sua pelle candida.

Il ragazzo le prese dolcemente la mano nella sua, che portò alla bocca per leccarne il liquido rosso.

Lei sussultò.

“Non farti del male. C’è già troppo sangue… non…” le parole gli morirono sulle labbra e fu scosso da uno spasmo. Il veleno stava facendo il suo effetto.

Gaara si accasciò su un lato, il dolore aveva cominciato a diventare insopportabile. Sentiva tutti i muscoli doloranti e le forze che lo abbandonavano.

“Gaara! Te l’avevo detto di non sforzarti!” gridò, buttandosi sul suo corpo.

Le lacrime stavano per traboccare nuovamente dai suoi occhi, ma riuscì a trattenersi.

‘Se non faccio qualcosa è la fine… io… io… CAZZO SAKURA! SEI UN MEDICO!’

Finalmente si decise, lo avrebbe medicato, avrebbe fatto il possibile pur di salvarlo.

Quella che si meritava di morire era lei.

Lei che aveva aspettato troppo tempo prima di agire.

Lei che si sentiva in colpa nonostante tutto.

Lei, che avrebbe potuto salvarlo.

Lei che era l’allieva prediletta di Tsunade-sama, ma che in realtà non valeva niente.

Si stava tormentando da sola, ma era così che si sentiva.

Con tutta la delicatezza, stava svolgendo l’intervento. Non un movimento falso, non un gesto impulsivo.

La sua espressione era ora seria e concentrata e Gaara la guardava con stima.

Ammirava il suo volto, così bello anche quando era in tensione.

“Grazie Sakura…” disse con le poche forze che aveva.

‘Ma perchè mi ringrazi? Non ti ho ancora salvato la vita! Risparmia il fiato, Gaara, ti prego!’

I minuti scorrevano inesorabili.

Improvvisamente Sakura si bloccò.

Una lacrima cadde sul petto del ragazzo, seguita poi dalle altre.

La mano del ragazzo si posò nuovamente sul viso disperato della kunoichi per asciugarle le lacrime.

“Ti ho mai detto che non sopporto vedere piangere la gente? Lo reputo stupido…” il tono della sua voce era flebile, ma le sue labbra erano distese in un sorriso.

‘Ma perchè non mi odi, stupido! Fra poco morirai… per colpa mia…’

Avrebbe voluto gridarglielo, ma dalla sua gola non provenne nient’altro che un gemito strozzato.

Con tutta la forza che gli era rimasta, il Kazekage si mise seduto, con l’aiuto di Sakura, ma era troppo debole per reggersi dritto, così si lasciò andare sul corpo della ragazza, che lo strinse a sè.

“Per favore, non sforzarti più…” disse lei supplichevole.

“A cosa servirebbe? In pratica sono già morto…” non era triste, era quasi sollevato.

Il dolore che provava in quel momento però fu alleviato dalla dolce presenza che adesso poteva stringere fra le sue braccia. Dal profumo inebriante dei suoi capelli. Dal battito ritmico del suo cuore.

Fu un attimo, lui le mise una mano dietro la nuca e l’attirò a sè lentamente.

Un veloce bacio, prima di chiudere gli occhi per sempre. Prima che il suo cuore smettesse di battere.

Fu allora che Sakura lanciò un grido disperato.

“Adesso capisco perchè mi hai ringraziato, stupido!” disse nascondendo il volto fra i capelli fulvi di lui.

L’aveva ringraziata semplicemente perchè voleva morire per mano della persona che amava.

Solo ora lei lo aveva capito.

La ragazza alzò lo sguardo, nonostante fosse senza vita, era pur sempre bello.

Solo in quel momento notò che aveva un’espressione serena.

Gaara del deserto si era spento quel giorno. E lo aveva fatto sorridendo.

*Owari*