Autoconclusivo
Note: Tre flashfic e una longfic (più o meno) su Gundam Wing, tassativamente HeeroxDuo.
() Sotto le lenzuola ()
Duo adorava rotolarsi sotto le lenzuola.
Adorava ricoprirsi con quel candido manto, osservare il bianco che scorreva davanti a lui fino ad avvolgerlo completamente.
A Duo piaceva pensare che quel piccolo ritaglio di spazio era solo per lui, un piccolo mondo dove era lui a dettare legge.
Prima fredde e poi riscaldate dal suo corpo.
Gli piacevano le lenzuola.
Però non gli piaceva solo crogiolarsi in quel posto per lui fantastico.
Gli piaceva anche Heero.
Gli piaceva sorridergli quando tentava di allontanarlo con sguardi gelidi.
Gli piaceva tenergli la mano quando dormiva sopra il lettino dell’infermeria.
Gli piaceva tenergli la mano quando lo trascinava in giro sotto sue costanti proteste.
Gli piaceva quando erano soli e poteva concedersi di stringerlo, accarezzarlo e baciarlo, ma senza alcuna protesta da parte sua.
Ma quello che gli piaceva di più era il restare assieme sotto le lenzuola a toccarsi e ad amarsi.
Sì, perchè Heero sotto le lenzuola diventava come loro.
Non più freddo, ma caldo.
() Un’importante risposta ()
Lo osservi e non puoi fare a meno di ridere.
Però forse sarebbe meglio che tu sia perplesso.
Bè, è anche abbastanza difficile non esserlo.
Tu lo avevi solo detto per zittirlo, ma lui ti deve aver preso sul serio.
Accidenti!
In fondo è solo colpa sua che non sta mai zitto!
Vuole subito le risposte alle domande e non c’è modo di fermarlo!
E tu hai solo buttato una risposta a casaccio.
L’unico modo che avevi per stare tranquillo era quello!
Speri solo che il danno non sia irrimediabile.
L’acconciatura è davvero strana…
E speri che i capelli gli ricrescano.
Perchè è impossibile vederlo con un taglio così!
– Duo, non mi avrai mica preso sul serio quando ti ho detto che preferivo le persone con i capelli corti, vero? –
() White Grave ()
Il tuo sorriso…
Bè, penso di poter dire di essere stato l’unico a vederti piangere.
Tu ridevi sempre.
Ridevi anche a me.
Non perchè volevi che io ricambiassi, solo perchè ti andava.
E l’unica cosa a cui pensavo era di allontanarti da me.
Proprio perchè ridevi sempre.
E io detestavo esternare le mie emozioni.
Mi seguivi come un cagnolino.
Ma non credo che un cagnolino sbuchi da un angolo per sorprendere il suo padrone.
Alla fine ho iniziato ad abituarmi.
Non sbuffavo più, disapprovando i tuoi metodi infantili.
Non me ne andavo più, lasciando quell’alone di gelo dietro di me.
Non ti scansavo più, evitando di subire i tuoi caldi sorrisi.
Però forse l’ho fatto troppo tardi.
Perchè mi sono abituato a te, al tuo modo di salutarmi, al tuo modo di sfiorarmi solo quando te ne sei andato.
Dove non posso raggiungerti.
E questa rosa rossa spicca sul marmo niveo.
Candido come te, come il tuo sorriso, come il tuo animo… Duo…
() Una sfida da non perdere ()
– Ehi, come ti chiami? –
Ecco uno dei motivi per cui detestava le persone.
Troppo insistenti.
– ….. –
– ….. –
Probabilmente era la trentesima persona che tentava un approccio umano con lui quella mattina.
Ambientarsi in una nuova scuola era un incubo.
Ragazzine inghirlandate in gioielli e coperte di trucchi che rivaleggiavano tra loro sotterrando le loro presunte amicizie solo per potersi vantare di essere riuscite a diventare sue amiche, o ragazzi stolti che pensavano di poterlo avere come compagno nei loro gruppetti.
Era fin troppo stomachevole.
E a nulla lo aiutava essere lì da una settimana. Anzi, sembrava ogni giorno la ripetizione dell’inizio.
Heero sbuffò internamente e mantenne lo sguardo fisso sul pavimento, anzi, per la precisione sui lacci delle sue scarpe, evitando il malcapitato che si era cimentato nella prova del momento.
Parlare con lui.
All’inizio si era trattato di instaurare un dialogo, ma alla fine sarebbe stato tanto strappargli di bocca anche un solo insulto.
– Ehi, come ti chiami? –
– ….. –
– ….. –
Di nuovo la stessa voce.
Detestava chi persisteva inutilmente.
E quel ragazzo era da una settimana che tentava con tenacia di udire la sua voce.
Era di un’altra classe, non aveva avuto occasione di udire quei rari epiteti che fluttuavano con difficoltà in classe, privilegio solo dei suoi coetanei.
– Ah! Ho capito! Vuoi stare in silenzio! Allora sto zitto anch’io! –
– ….. –
Forse era scemo, o forse non aveva colto la sottile e muta insinuazione di Heero di non volere nessuno accanto.
Non se ne andò.
Rimase probabilmente seduto su un banco, un paio di scarpe dai lacci rosso vivo dondolavano avanti e indietro come se ad averle ai piedi fosse stato un bambino delle elementari.
– ….. –
– ….. –
– ….. –
– ….. –
– …ehi… adesso il tuo nome me lo vuoi dire? –
Non era scemo, era senza cervello.
Agli scemi il cervello funziona male, ma quel tipo doveva essersi addormentato il giorno in cui avrebbe dovuto riceverne uno.
Il suo nome era sulle labbra di tutti, volava di voce in voce, insinuando maldicenze o eroismi sulla sua persona, a seconda di chi pronunciasse le parole.
– Sai, a scuola tutti parlano di te, ma io voglio sentire da te il tuo nome! Non vorrei che fosse tutto uno scherzo! –
Iniziò a frugare dentro un astuccio verde.
Almeno poteva variare il repertorio, non ripetere continuamente le stesse frasi.
– Io penso che una cosa sia vera solo quando esce dalle labbra del diretto interessato, perchè dal suo tono sai se si tratta di una bugia o di verità! –
Heero continuò nella sua osservazione del silenzio.
Poteva essere una semplice affermazione o un vile trucchetto per sfilargli di bocca le tanto agogna
te parole, anche se quest’ultima era una cosa di cui dubitava.
O una semplice certezza.
Perchè cosa avrebbe dovuto aspettarsi da qualcuno che ingannava il tempo costruendo una torre con ogni cosa che avrebbe potuto contenere un astuccio?
E, osservando, seppur distrattamente, il piccolo nuovo “capolavoro”, Heero non potè fare a meno di notare che la concentrazione di quello sconosciuto si era scollegata ancora da lui.
Sconosciuto…
Non si era neanche premurato di conoscere il suo nome.
Ma neanche l’altro si era dato pena di riferirlo.
E continuava ad aspettare, sovrapponendo oggetti dalle forme più svariate.
Con attenzione posò una gomma su un temperino, la mano tentennò all’ultimo istante e dei rumori soffocati seguirono il crollo delle sue “fatiche”.
– Accidenti! Non mi viene mai! Ma perchè?!? – agitò un pugno in aria – Scommetto che è perchè non mi concentro abbastanza! Me lo dice sempre anche il professore! Però non penso che c’entri qualcosa… forse semplicemente non sono portato! O questa mano non dovrebbe smettere di trem…mpf! –
Heero bruscamente gli aveva afferrato la testa e lo aveva costretto a tacere sigillandogli le labbra con le proprie.
Il ragazzo non oppose resistenza a quel semplice sfiorarsi, ma i suoi polpastrelli toccarono la bocca taciuta.
– Senti, ogni volta è la stessa storia! Ma io questa l’ho presa come una sfida, sai? Ti sentirò pronunciare il tuo nome! – scese dal banco e gli si avvicinò – Così potrò avere il piacere di zittirti io! Ciao! –
Alzò una mano in segno di saluto.
E Heero sbuffò.
Poteva anche essere una noia trovarsi sempre davanti quel ragazzino…
Ma quella era assolutamente una sfida da non perdere.
ANGOLINO AUTRICE
Uffaaaaaaa!!! Non mi piace questa tale, ma non mi veniva altro in mente…ç__ç A dire la verità sono già presa dalla long fiction e ho anche in mente una storia su Kingdom Hearts, ma questo argomento meglio archiviarlo per un po’, perchè su KH sarà lunga se la inizio e voglio assolutamente fare quella su FF VII.
Scusa Sky! Io ce l’ho messa tutta per immaginarmi Heero e Duo e alla fine li ho accomunati alla tipica coppia shonen ai: il seme freddo e scostante, ma gentile con il partner e l’uke solare, che sembra un po’ tonto, ma che in realtà non lo è. Capirò se non piacerà, per me è una schifezza…-_-
Per fortuna ho già in mente per Slam Dunk e xxxHolic, così potrò iniziare la long fic… *luccichio negli occhi* anche se mi manca un titolo!^^”’
Sono proprio una frana… ma il sopo vacanze mi butta giù in un modo assurdo…
Tau!^_-
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