Autoconclusivo

Autoconclusivo

We stasera vi viziamo XD allora questa fan fiction, scritta naturalmente con la mia gemellina Kira, è nata da una mia idea piuttosto malata lo ammetto XD
Spero che vi piaccia anche se stenterete a riconoscere Kakashi che sarà reso quasi irriconoscibile da una certa ossessione…ma non vi svelo altro, dovete correre a leggere XD mi raccomando postate numerosi, ci fa sempre molto piacere leggere i vostri commenti ^^
Ringraziamo Inu-chan che ci ha fatta da beta

Tutti i personaggi di questa fic non sono mia invenzione ma di Masashi Kishimoto di cui ne detiene tutti i diritti.

Iruka Umino si stava dirigendo come tutte le mattine all’accademia ma quel giorno, più degli altri, la sua mente era oppressa da cupi pensieri e per questo non riusciva a smettere di rivivere nella propria testa quanto era accaduto solo poche ore fa…

‹‹Cosa gli sarà saltato in mente? Per quale motivo mi ha dettocerte cose, e perché poi si è comportato in quel modo…?›› si ripeteva.

La sera prima, infatti, rincasando dopo essere stato a mangiare fuori con dei colleghi, accendendo la luce di casa aveva trovato Kakashi Hatake, il suo compagno, seduto al tavolino della sala-cucina così, stupito per il fatto che se ne stesse a in una tale oscurità ma felice poiché era tornato dalla missione per la quale era partito solo quella mattina, gli aveva chiesto:

“Sei tornato finalmente! Ma perchè eri qui al buio?”.

“Dov’eri?” aveva invece domandato l’altro senza rispondere.

“A cena con Senichi-san, Yoshi-kun e Fujima-kun. Mi avevano invitato e, pensando che non saresti rincasato prima di due giorni, mi sembrava brutto rifiutare” e, poggiata la giacca sulla sedia, continuò “hai fame? Ti preparo qualcosa?”.

“Mi sembrava di averti detto che non mi piace se esci senza di me, specialmente quando non ci sono” lo aggredì Kakashi con tono duro alzandosi a sua volta finché, andatogli vicino, proseguì “e poi da quando in qua sei così in confidenza con quei due?”.

A tali parole Iruka lo aveva guardato nell’unico occhio lasciato scoperto dal coprifronte e, vedendo che era terribilmente irritato, non aveva osato contraddirlo ma nel frattempo non aveva potuto fare a meno di pensare:

‹‹Non me lo ha mai detto…perché ora te ne esci con questa frase?›› poi, per rispondere alla sua domanda, aveva replicato “beh lavoriamo insieme da molto tempo…e durante la tua degenza mi hanno aiutato molto con le lezioni e le missioni…arrivando anche a sostituirmi quando ne avevo bisogno”.

“Non me ne frega nulla! Non tollero una tale confidenza da parte tua nei confronti di altri uomini!” urlò sbattendolo contro il muro.

“Kakashi ti prego calmati…!” lo supplicò con la voce rotta.

“Come posso farlo al pensiero che quando non ci sono tu esci con altre persone e magari gli permetti anche di portarti a letto? Lo sento il loro odore…” lo aveva aggredito con rabbia annusandogli il collo che poi morse, avvertendo in realtà qualcosa che era solo nella sua mente offuscata.

A quel feroce contatto, per il dolore, Iruka aveva emesso un sonoro urlo e poi istintivamente lo aveva spinto via dicendo:

“Non puoi sentire nulla perché non è successo nulla! Io non ti tradirei mai e tu lo sai benissimo” e, mentre parlava, si era portato la mano sul punto dolente pensando ‹‹maledizione, ci manca solo che mi lasci segni visibili della sua pazzia››.

“Ah no?” chiese slacciandosi il coprifronte e guardandolo ora con entrambi gli occhi “allora vediamo di esserne sicuri al cento per cento” così, con uno scatto rabbioso, l’aveva scaraventato con la faccia a terra e, insinuando una mano nei suoi pantaloni, l’aveva portata tra le natiche inserendovi un dito constatando “si, da qui non è passato nessuno”.

A quell’intrusione forzata Iruka aveva lanciato un urlo strozzato, mai il compagno era stato tanto rude nonostante i suoi recenti eccessi di gelosia, per non parlare del disagio che quell’occhio color sangue gli metteva addosso quando lo fissava con sguardo severo.

“Kakashi mi fai male fermati…!” lo aveva implorato incapace di reagire visto che l’amante gli aveva bloccato un braccio dietro la schiena che, in quel modo, gli doleva ad ogni minimo movimento.

“Anche se nessuno ti ha preso non vuol dire che non sia successo nulla, fammi sentire la tua bocca” continuò ignorando le sue proteste e, tenendolo sempre fermo, si era abbassato la maschera per poi farlo girare quel tanto che gli serviva per infilare con la forza la lingua tra le sue labbra.

Impotente Iruka lo aveva lasciato fare però, quando finalmente si era staccato, gli aveva urlato:

“Kakashi smettila!” ora iniziava non solo ad esagerare ma anche a fargli una certa paura.

Udendo tali parole, ma soprattutto avvertendo l’inquietudine che vi albergava, questi gli aveva lasciato andare il braccio e fatto voltare per metterlo con la schiena a terra dopo di che, sempre standogli sopra, gli carezzò dolcemente il viso e sorridendogli teneramente affermò:

“La tua bocca è dolce come sempre…” poi, chinandosi, la baciò nuovamente ma con gentilezza stavolta.

Sentendo che lo stava facendo con dolcezza, Iruka lo aveva assecondato ma nel mentre non aveva potuto fare a meno di domandarsi:

‹‹Perché si è comportato così? Come può solo immaginare che io possa tradirlo? È da quando è tornato da quella stupida missione di livello S che si comporta in modo strano… Cosa ti è successo di così terribile da non volerlo raccontare nemmeno a me?›› e, facendo risalire le mani lungo le sue braccia per accarezzarle, quando si furono staccati per rassicurarlo dichiarò “la mia bocca è solo tua lo sai”.

“Lo so bene, TU sei solo mio!” aveva esclamato convinto Kakashi continuando a sfiorargli il viso “il tuo corpo, la tua anima mi appartengono, finché avrai vita non potrai amare nessun all’infuori di me, non tollererei mai che qualcun altro ti toccasse” e, nel dirlo, era sceso al collo comprimendolo lentamente con una mano “solo la morte ti separerà da me e, se non starai attento, sarò io stesso a infliggertela” concluse stringendo con più forza ‹‹sei tutto per me, la mia vita, il mio respiro…impazzisco al pensiero che tu possa lasciarmi e andare con qualcun altro!››.

Iruka, sentendo quella presa farsi più intensa, gli aveva afferrato il polso serrandolo per bloccarlo e nel mentre sibilò:

“Kakashi…mi fai male…” ‹‹perché fai così?››.

“Ricorda bene le mie parole, non mi vorrei vedere costretto a fartene sul serio” lo avvertì lasciandogli il collo.

Non appena lo ebbe finalmente liberato Iruka si tirò su a sedere massaggiandoselo e poi, quando si fu calmato, guardandolo aveva ripreso il coprifronte lì accanto e, porgendoglielo, gli aveva intimato:

“Mettitelo” non riusciva a sopportare quello sguardo inquietante.

“Perchè? Hai forse paura che ti legga nel pensiero con lo sharingan e scopra i tuoi segreti? Peccato che non si possa fare…” insinuò beffardo allacciandoselo di nuovo, togliendosi successivamente il giubbotto della divisa e i guanti che, in seguito, gettò a terra vicino al tavolo.

“Lo sai che non è per quello…mi metti solo in soggezione” spiegò abbassando lo sguardo e sperando che non la prendesse come una giustificazione infatti, quando faceva così, non sapeva davvero come comportarsi poiché aveva sempre paura di dire qualcosa di sbagliato e farlo arrabbiare un’altra volta.

“Allora spero che ora tu non sia ritroso” sussurrò tranquillamente Kakashi prima di baciarlo con passione e infilargli le mani sotto la maglia. Non riusciva a pensare di stargli distante, presto avrebbe smesso di andare in missione o sarebbe impazzito lontano da lui, dal suo corpo, dalla sua anima…lo amava troppo ed ogni secondo senza di lui era un’agonia.

Dal canto suo Iruka lo aveva ricambiato ma non voleva farlo in quella stanza, né in quella posizione così, non appena gli si presentò l’occasione, lo tranquillizzò dicendo:

“Assolutamente…ma non restiamo qua, andiamo in camera ti va?”.

“Anche qui va bene” replicò il jonin, togliendogli la maglia e sciogliendogli i capelli che gli ricaddero liberi sulle sue spalle prima di spingerlo fino a farlo stendere a terra.

“V-va bene” aveva acconsentito il compagno non osando contraddirlo.

A quel punto, senza aspettare oltre, Kakashi lo aveva baciato di nuovo mentre con una mano gli slacciava il coprifronte che l’altro ancora indossava, poi gli prese le braccia portandogliele sopra la testa per legare insieme i polsi con quel pezzo di stoffa. Voleva vederlo sotto di lui, alla sua completa mercè. Ora lo avrebbe fatto impazzire perché doveva capire anche lui, una volta per tutte, a chi apparteneva ma Iruka, a quel gesto, si era dimenato urlando:

“Che fai…? Slegami…!”.

“Sshhh…ancora non hai capito quando devi stare zitto, vero?” lo ammonì passandogli la lingua sul ventre sfilandogli al contempo pantaloni e biancheria.

Iruka era rabbrividito, il compagno raramente si era spinto a tanto e sinceramente non sarebbe stato un problema se non gli avesse rivolto quelle ultime parole e se non gli avesse fatto una tale scenata nel momento in cui era rientrato tuttavia, sebbene provasse un po’ di disagio, aveva deciso di lasciarlo fare. In fondo non sembrava più violento e inoltre gli era mancato, era sempre in apprensione quando partiva e così, al suo ritorno, non riusciva mai a negargli nulla. Al contrario suo Kakashi, già notevolmente eccitato, gli leccò il sesso finché non si indurì dopo di che gli aprì le gambe e, mettendosele sulle spalle, gli allargò le natiche infilando la lingua nella sua fessura e prendendo a muoverla piuttosto velocemente. Voleva sentirlo urlare come mai aveva fatto, doveva imprimersi bene nella mente quella sera poiché in quel modo il pensiero di tradirlo non lo avrebbe mai sfiorato, o almeno così pensava visto che vedeva potenziali nemici in qualsiasi uomo l’altro incontrasse. Come il compagno desiderava, a quel gesto Iruka aveva mugolato piuttosto sonoramente ma, essendo con le braccia legate, non aveva potuto abbracciarlo e così aveva iniziato a muovere i fianchi, per andare incontro a quegli affondi, ansimando ed invocando il suo nome. Kakashi, soddisfatto per il suo comportamento che rispecchiava esattamente i suoi voleri, aveva continuato cercando di premere i suoi punti più sensibili come faceva abitualmente con le dita e, ormai arrivato al limite, Iruka si era lasciato andare ma nel mentre aveva pensato:

‹‹È stato bellissimo però lo sa che questo mi imbarazza…soprattutto a luci accese…tra l’altro stavolta sono sicuro che non si sarebbe fermato neanche se gliel’avessi chiesto… Che sia successo qualcosa durante quest’ultima missione?›› .

Nel frattempo, nonostante il jonin avesse capito che era arrivato all’orgasmo grazie al suo intenso gemito, aveva continuato ancora un po’ e, una volta staccatosi, prese a leccargli l’inguine per ripulirlo dal suo seme sfiorandogli ogni tanto anche il membro e, non appena ebbe finito, si abbassò i pantaloni che lo comprimevano per stendersi sul suo corpo baciandolo con foga sulla bocca. Ma a quel semplice gesto Iruka era rimasto ancora più perplesso, solitamente il compagno non lo baciava mai dopo aver tolto la lingua dal suo corpo, anzi, spesso doveva pregarlo e alla fine quello che riusciva ad ottenere era solamente un casto quanto innocente bacio a stampo. Senza dire nulla lo aveva ricambiato sentendo così il sapore del proprio piacere tra le sue labbra poi, poi, visto che aveva ancora i polsi legati, con un po’ di fatica gliele aveva fatte passare oltre la testa, come a non volerlo far scappare e, quando l’altro si era scostato, dolcemente mormorò:

“Ti amo”.

“Anch’io ti amo, sei tutto per me…senza di te non saprei come fare…” rispose mentre gli alzava le gambe e lo penetrava baciandolo nuovamente prendendo a muoversi fin da subito piuttosto velocemente e con forza.

Voleva di più e quella sera non aveva la pazienza di aspettarlo né di rispettare i suoi tempi, desiderava solo sentire la sua carne stringerlo e accogliere il proprio seme. Infatti poco dopo staccandosi dalle sue labbra mugolò più forte e riversò tutto il suo piacere nel corpo dell’amante che, anche se gemette sonoramente, al suo contrario non era venuto non essendo riuscito a stargli dietro visto la foga che ci aveva messo. Kakashi se ne era accorto, ma non fece nulla a parte sfilarsi da lui e slegarlo. Il compagno doveva capire che ogni cosa, persino ricevere piacere o dolore dipendeva dalla sua volontà, che lui era creta nelle sue mani. Così si era alzato senza dire nulla per andare in bagno lasciando Iruka steso sul tatami a chiedersi, per l’ennesima volta in quella serata, cosa diavolo gli fosse preso. Sentiva un leggero dolore al basso ventre per non essere venuto e un’immensa insoddisfazione per quel rapporto avuto quasi come se fosse solo uno sfogo per il compagno e quindi era rimasto lì a terra, per cercare di calmarsi.

Tuttavia Iruka quel mattino non ebbe tempo di perdersi ulteriormente in quei tristi pensieri poiché un bambino, correndo senza guardare dove andava, gli sbatté contro le gambe riportandolo alla realtà.

Improvvisamente si rese conto di essere arrivato davanti l’accademia e così entrò dirigendosi nella sua aula per fare lezione. Poi nel pomeriggio andò nella sala delle riunioni dove assegnò delle missioni di livello A ad alcuni jonin ed infine si mise ad archiviare alcuni rapporti.

Kakashi, che quella mattina l’aveva visto andare via, non appena il compagno si era chiuso la porta di casa alle spalle aveva sentito la solita angoscia assalirlo, quella sensazione aveva iniziato a farsi strada in lui poco dopo il suo risveglio dal coma e si rinnovava ogni volta che l’amante lo lasciava solo. Infatti circa due mesi prima si era risvegliato dallo stato semi-comatoso in cui era caduto dopo una missione a causa delle ferite, e soprattutto per lo shock causatogli da un’illusione, e da allora era andato a vivere con Iruka, con cui aveva già una relazione, in modo che questi potesse prendersi cura di lui più facilmente. Ci aveva messo quasi un mese a riprendersi e, durante quel periodo, l’amante aveva dovuto lasciarlo solo per parecchio tempo a causa del lavoro. Lui all’inizio si chiedeva semplicemente, come ogni innamorato, cosa facesse e dove fosse in quelle ore ma, a poco a poco, nei suoi pensieri avevano preso a farsi largo dei sospetti terribili. Immaginava che il compagno approfittasse di quella situazione per tradirlo dato che non poteva muoversi e così, nella sua mente già debole, si susseguivano immagini in cui Iruka era tra le braccia di altri uomini, godeva e faceva cose che con lui non voleva fare o che lo imbarazzavano. Per questo, quando il ragazzo rincasava, di solito litigavano e Kakashi gli lanciava le peggiori accuse ma l’altro alla fine lo riconduceva quasi sempre alla ragione. Non appena si ristabilì un po’ prese a seguirlo di nascosto e, nel vederlo ridere e andare d’accordo con i colleghi, il suo precario equilibrio era crollato. Iniziò ad essere molto più cattivo, anche nei gesti, infatti qualche volta lo aveva preso con la forza e il fatto di dover ricominciare ad andare in missione peggiorava solo le cose. Difatti, non appena metteva piede fuori dal villaggio, il suo chiodo fisso era quello di ritornarvi subito per controllare il compagno che immaginava lanciato in chissà quali orge e spesso, come la sera precedente, tornava quando l’altro meno se l’aspettava nel tentativo di coglierlo con le mani nel sacco. Fu appunto con quest’intenzione che si presentò al suo ufficio nel pomeriggio per consegnare il rapporto. La cosa stupì non poco Iruka che, trovandoselo di fronte, con tono gentile gli chiese:

“Cosa ci fai qui?”.

“Sono venuto a consegnare il rapporto, che altro sennò?” rispose scrutandolo, non gli era piaciuta affatto la sua reazione ‹‹che mi stia nascondendo qualcosa?›› pensò.

“Credevo che fossi passato in mattinata… Stai bene?” domandò premuroso.

“Ho avuto da fare…oppure ti da fastidio che io sia qui ora?” replicò ignorando l’altra domanda.

“Ma che vai a pensare? Anzi se aspetti tra una mezz’oretta finisco e possiamo tornare a casa insieme” propose.

“Va bene” disse più tranquillo sorridendogli da sotto la maschera per poi consegnarli il fascicolo ed uscire e, una volta fuori, si sedette sui rami di un albero in modo da poterlo tenere sotto controllo.

Iruka sospirò, per un secondo aveva temuto che volesse fargli una scenata davanti a tutti il che sarebbe stato un vero guaio… Velocemente finì di svolgere le pratiche che gli mancavano e poi, salutando i colleghi con un sorriso ed un inchino formale, si diresse da lui. Kakashi scese e in silenzio si incamminarono, era stato rassicurato come sempre eppure quella sensazione non riusciva a togliersela di dosso. A casa Iruka preparò la cena e, mentre mangiavano, il compagno gli disse:

“Domani mattina parto per un’altra missione, dovrei stare via tre giorni”.

“Ah!” esclamò stupito l’altro, difatti non ne sapeva nulla e la cosa era molto strana visto che era lui stesso a distribuirle “e in cosa consiste?” chiese un po’ agitato come ogni volta che l’amante doveva partire, specie dopo quanto gli era successo.

“Non posso parlartene è un livello S, me l’ha assegnata direttamente l’Hokage, è per questo che non ne eri stato informato” rispose scrutando con attenzione il suo viso.

“Livello S? Sarà pericoloso! Non puoi rifiutare?” domandò ansioso, la sua salute già era abbastanza precaria così, gli ci mancava solo che subisse un altro trauma per far sì che quella situazione degenerasse ulteriormente.

“Sai bene che non posso e per quale motivo dovrei poi?”.

“Perché non vorrei ti succedesse qualcosa…” mentì, non poteva certo rivelargli i suoi timori, soprattutto perché non ne prevedeva le reazioni.

“Ah si? Ti preoccupi per me?” chiese con fare indifferente gioendo invece dentro di sé.

“Certo che mi preoccupo cretino!” disse mettendo il broncio.

Kakashi sorrise e continuò a stuzzicarlo:

“E come mai? Non staresti meglio senza di me?”.

“Si ma solo perché dovrei lavare un piatto in meno…”.

“Solo per questo?” chiese gattonando per aggirare il tavolino e mettersi in ginocchio di fronte a lui.

“Mhhh…in realtà anche perché potrei spaparanzarmi sul futon e muovermi liberamente, senza aver paura di darti calci e farti male” disse sorridendogli.

“Lo sai che sei un grande egoista?” gli sussurrò a fior di labbra sciogliendogli il codino, quanto gli piacevano quei capelli serici e profumati che gli incorniciavano il volto.

“Dici?” sussurrò allacciandogli le braccia attorno al collo.

“Si e ora ti farò vedere come si puniscono i bambini cattivi” rispose prima di baciarlo e affondare le mani tra le sue ciocche scure mentre gli si sedeva in grembo.

Iruka lo ricambiò, sperando che questa volta fosse più delicato e soprattutto che non si fermasse come la sera precedente così, delicatamente, fece scendere le mani che introdusse sotto la maglia, iniziando poi ad accarezzargli la pelle calda e liscia. Tuttavia, fortunatamente, quella sera Kakashi era tranquillo, nessun brutto pensiero si affacciava alla sua mente a parte la stupenda prospettiva di fare l’amore col suo compagno e così si spostò sedendosi con le spalle al muro e, allargando le gambe, gli fece segno di mettercisi in mezzo dicendo:

“Vieni qui”.

Il compagno lo accontentò e sedendosi gli poggiò le spalle al petto, precedentemente denudato, sentendone a quel modo tutto il confortante calore che sprigionava e, a quel punto, Kakashi iniziò a baciarlo sul collo passando con molta dolcezza la lingua sui segni che gli aveva lasciato la sera precedente sperando di non dover più fare cose del genere, dopo di che gli tolse la maglia per poter fare lo stesso sulle spalle mentre gli slacciava i pantaloni e intrufolava la mano nei boxer per massaggiargli il membro con deliberata lentezza. Iruka, davanti a lui, portò un braccio all’indietro passandoglielo attorno al collo e poi, alzando il viso, quando la bocca fu vicino al suo orecchio sussurrò:

“Mi fai impazzire”

“È proprio quello che voglio, devi desiderarmi, cercarmi, invocarmi…me, solo me, sempre e solo me….” rispose aumentando la velocità del massaggio.

‹‹L’ho sempre fatto…sei tu che non te ne accorgi›› pensò ma a causa di quei gesti il respiro si fece più pesante e così, stringendo il braccio, se lo avvicinò per poterlo baciare.

Non appena fu abbastanza vicino Kakashi gli leccò le labbra per poi introdurgli la lingua in bocca andando incontro all’altra mentre, più in basso, aumentava sempre di più la velocità finché non sentì la mano bagnarsi del piacere dell’amante ma non per questo smise d’accarezzarlo. Iruka si sentì strano nell’avvertire che il compagno proseguiva ma era impaziente, voleva sentirlo dentro di sé e così disse:

“Entra”.

“Girati verso di me” mormorò l’altro togliendogli la mano e, alzando un po’ il bacino, si abbassò i pantaloni e la biancheria rivelando il suo membro eretto ed il compagno fu ben felice di farlo.

Il jonin se lo mise a cavalcioni in grembo con le gambe dell’amante che gli sfioravano i fianchi e insinuò un dito bagnato di sperma nella sua fessura mentre con l’altra mano gli carezzava il sesso.

“Baciami” sussurrò con la voce arrochita dal piacere.

A quella dolcissima richiesta, Iruka lo fece con tutta la passione che aveva sia per cancellare il ricordo dell’ultima volta, sia perché il compagno sarebbe stato fuori per tre giorni e voleva che non avesse brutti pensieri per la testa mentre era in combattimento, poi fece scendere anche le proprie mani per accarezzarlo tra le gambe fintanto che non fosse entrato dentro di lui.

“Iruka…fermati…” ansimò.

Se avesse continuato a toccarlo non avrebbe resistito e si sarebbe lasciato andare ma lui voleva farlo solo nel suo corpo e così l’altro, capendo quello che intendesse, gli spostò le mani e poi alzandosi leggermente gli si posizionò sopra, così da poter essere penetrato. Kakashi allora gli allargò le natiche e lentamente lo accompagnò giù finché non fu completamente in lui e nel mentre mugolò con forza nel sentire come sempre la sua carne avvolgerlo dopo di che, mettendogli un braccio attorno al fianco per sostenerlo e l’altro a terra per avere più stabilità, iniziò a muoversi. Iruka che prese a seguire il suo ritmo nel frattempo si avvinghiò al suo torace, era quello il Kakashi che tanto amava, gentile, premuroso e non paranoico come si dimostrava ultimamente, ma sapeva bene che anche quello era Kakashi, il suo Kakashi, o meglio una sua parte che doveva accettare per poter restare con lui e così, cercando di non pensarci, continuò a muoversi fino a che giunto all’apice del piacere si lasciò andare sporcandogli il ventre. L’amante lo seguì raggiungendo finalmente l’orgasmo, emettendo dei lunghi versi per il godimento provato. Ansimante si tolse il coprifronte che si era inzuppato di sudore, tenendo però l’occhio sinistro chiuso, e gli circondò la vita con entrambe le braccia per tenerlo stretto. Iruka lo ricambiò e poi, alzando lo sguardo, vedendo che teneva la palpebra sinistra abbassata gli sorrise pensando:

‹‹Eccolo il mio amore, attento al più piccolo gesto›› e così, accarezzando la sua cicatrice, disse “mi mancherai questi giorni…”.

“Anche a me” mormorò l’altro e poi, come per un ripensamento, aggiunse “Iruka non voglio che tu esca con nessuno in mia assenza”.

“C-cosa? E con chi dovrei uscire?”.

“Con i tuoi colleghi, i nostri amici, non so chi…ma non voglio che tu lo faccia! Sarei persino più tranquillo se non andassi a lavoro”.

“Ma non dire assurdità! Va bene non uscirò con nessuno, contento?”.

“Si, adesso si!” rispose ma la gelosia dentro di sé lo rodeva comunque e pensava che tutto ciò non era sufficiente, a nulla sarebbero valse le sue rassicurazioni.

“Bene, andiamo a letto? Domani devi alzarti presto” propose l’altro.

“Si” disse e così si coricarono entrambi sebbene la mente del famoso ninja fosse rosa dai dubbi ma, alla fine, anche lui si addormentò.

Il mattino seguente Kakashi si alzò che era ancora buio e, dopo essersi velocemente preparato, si mise a fissare il compagno ancora addormentato e, mentre lo faceva, un sorriso non molto rassicurante gli incurvava gli angoli della bocca al di sotto della maschera dopo di che uscì silenziosamente.

Qualche ora più tardi si destò anche Iruka il quale si arrabbiò non poco nel constatare che l’amato era uscito senza neanche salutarlo. Dopo aver fatto colazione, come di consueto, si diresse in accademia dove, come si era prefissato, insegnò ai ragazzi alcune nuove tecniche, andando poi in sala per assegnare missioni e archiviarne i rapporti che i ninja gli avrebbero portato.

La giornata passò così tranquillamente e, terminato l’orario di lavoro, Fujita gli si avvicinò e, premuroso, gli chiese:

“Ehi tutto ok? Mi sembri un po’ giù”.

“Eh? No, no, sono solo un po’ preoccupato per Kakashi…è andato in missione” rispose Iruka cercando di sorridere per fargli capire che stava bene.

“Beh credo che tra tutti, lui dovrebbe essere quello per cui ti dovresti preoccupare di meno…sai bene quanto sia forte no? ” disse cercando di risollevargli il morale.

“Si, si…hai ragione” replicò non potendo però fare a meno di pensare ‹‹non è la sua forza che mi preoccupa bensì la sua stabilità mentale››.

Ma l’amico, notando che nonostante il sorriso aveva un’espressione tirata, volle cercare tirare su di morale così propose:

“Che ne dici di andare a mangiare un boccone insieme così ti distrai?”.

“No non posso, ho da fare a casa” sospirò l’altro ricordandosi di quanto gli aveva chiesto il compagno la sera prima.

“Mmmhh come vuoi, però cerca di stare un po’ su, ti vedo proprio male” lo esortò dandogli una pacca sulla spalla.

“Si, tranquillo” ribatté affrettandosi ad uscire dato che, se gli avesse chiesto cosa aveva da fare, non avrebbe saputo che scusa inventarsi.

Così se ne tornò alla propria abitazione ma verso le nove di sera sentì bussare alla porta. Siccome stava guardando la televisione inizialmente fu tentato di non aprire visto che non gli andava di alzarsi ma poi, rendendosi conto che non poteva farsi vincere dalla pigrizia, si alzò e dischiudendo la porta chiese:

“Si? Chi è?”.

“Sono Fujita…spero non ti dispiaccia se sono passato a trovarti ma ero preoccupato, ho portato anche qualcosa da bere” disse il ragazzo sorridendogli.

“Ah! Grazie Fujita-kun. Prego entra” rispose un po’ titubante in quanto sapeva che a Kakashi non sarebbe andato giù se lo avesse saputo tuttavia non potendo mandarlo via pensò ‹‹in fondo è stato gentile e poi sarà per poco…gli dirò che voglio andare subito a letto›› e così gli fece strada verso la cucina e, una volta che vi furono entrati, disse “accomodati pure”.

L’ospite, poggiata la busta sul tavolo, ne tirò fuori una bottiglia di saké e un incarto pieno di dango comprati lungo la strada e, guardandolo, affermò:

“Spero siano di tuo gradimento! Scusa se sono stato invadente ma ti ho visto proprio messo male e ho pensato fosse meglio non lasciarti da solo”.

“Ma no figurati, sei stato molto gentile” lo rassicurò Iruka prendendo un piattino e due bicchieri.

“Non capisco perchè tu sia così preoccupato stavolta, cioè dovresti esserci abituato, no?” chiese Fujita versando da bere e non capacitandosi del suo atteggiamento in quanto era da un po’ di tempo che i due stavano insieme ed Iruka sapeva bene che tipo di vita pericolosa conducesse il compagno viste le sue grandi abilità.

“Si è solo che dopo quella convalescenza Kakashi non è più lo stesso…non so come spiegartelo ma è diverso…” mormorò senza però dilungarsi nei particolari e bevendo.

“Beh credo lo sarebbe chiunque, in fondo è l’unico che è riuscito a tornare vivo da quella maledetta missione, tutti i suoi compagni sono stati trovati morti e non si è mai capito cosa sia successo. È un’esperienza che proverebbe chiunque, non trovi?”. Iruka assentì con la testa pensando ‹‹già non lo ha mai voluto raccontare neanche a me…›› ma dicendo:

“Sono preoccupato lo stesso, e se riaccadesse?”.

“Ne uscirà nuovamente! Pare che tu ti sia dimenticato che stiamo parlando del grande Kakashi Hatake, il famoso Copy-Ninja conosciuto in tutti e cinque i grandi stati!” lo rassicurò con voce sicura.

“È vero, hai perfettamente ragione!” affermò facendogli un sorriso per rassicurarlo ma pensando al contempo ‹‹no semplicemente ci vivo insieme e so come stanno le cose…››.

L’amico vedendo che si era rabbuiato nuovamente decise di cambiare discorso, era andato lì per tirarlo su e non certo per farlo stare peggio e così prese a parlare di altre cose, spostando la conversazione sull’accademia e sui ragazzi che non perdevano occasione per trasformare tecniche serie in veri e propri obbrobri, sebbene nessuno di loro avrebbe mai superato Naruto in questi. I due scherzarono e risero di gusto, arrivando a perdere la cognizione del tempo finché a Fujita non cadde l’occhio sull’orologio ed esclamò:

“Ma è tardissimo! Meglio che vada!”.

“Accidenti il tempo è volato! Ti accompagno alla porta” disse Iruka che si alzò e gli fece strada.

“Allora ci vediamo domani in ufficio, buonanotte” disse l’altro andando via.

Iruka lo salutò a sua volta e, quando si fu allontanato, sospirando chiuse la porta dirigendosi in camera dove, dopo essersi spogliato, si infilò sotto al futon e nel giro di poco tempo si addormentò.

Il giorno seguente si svegliò di buon ora e, dopo aver rassettato la casa ed fatto una doccia, uscì per dirigersi a lavoro ma venne fermato a metà strada da Senichi che sconvolto gli disse:

“Iruka! Stavo per venire a chiamarti…Fujita è stato ucciso!”.

“Cosa?!” urlò questi “non è possibile…come? Quando?”.

“Hanno trovato da poco il suo cadavere davanti agli uffici, è ridotto in condizioni a dir poco penose…l’assassino deve esserglisi lanciato contro come una furia…ma chi può essere stato? ” gemette sconsolato.

“Non lo so, ma sta pur certo che lo troveremo” disse correndo in direzione della scena del crimine e, una volta arrivato, si sentì mancare di fronte allo spettacolo che gli si parò dinanzi agli occhi.

Fujita, riverso sugli scalini dell’entrata dell’accademia, aveva tutti e quattro gli arti piegati in angoli innaturali evidentemente spezzati, il giubbino, una volta verde, ora era rosso a causa del sangue e sopra vi erano numerosi squarci, senza dubbio opera di coltellate, ed il viso era stato picchiato tanto forte da risultare irriconoscibile. Inoltre tutto attorno a lui era macchiato di sangue, i muri, a terra e persino le piante. Quella scena era così agghiacciante che pareva quasi difficile credere che fosse opera di una sola persona.

“Chi può aver commesso un assassinio così efferato?” mormorò Iruka mettendosi una mano sulla bocca. Ne aveva visti di combattimenti e di cadaveri ma raramente aveva assistito ad una scena così cruenta però, avvicinandosi ancora, notò che aveva dei tagli irregolari sul petto, segno che il corpo era stato sfregiato e che non potevano essergli stati inferti quando era vivo, o almeno così si augurava visto che l’amico doveva aver già sofferto abbastanza.

‹‹Chi lo ha ucciso doveva odiarlo a morte per ridurlo così…queste ferite sono post mortem›› pensò sentendo l’orrore crescere a ogni secondo di più che lo osservava.

“Chiunque sia stato non la passerà liscia” affermò duro Yoshifumi, il ninja che aveva ritrovato il corpo.

“Avete già avvertito…” chiese Iruka.

“Si, a breve arriverà la squadra investigativa…credo che non ci saranno lezioni per oggi”.

“Capisco…” rispose.

Il ragazzo rimase sul posto a lungo, sperando di ricavare qualche informazione importante ma l’assassino non aveva lasciato alcuna di traccia e così, stremato ed addolorato, dopo aver detto a Senichi di informarlo nel caso ci fossero state novità, andò a farsi un giro per cercare di schiarirsi la mente, ora piena di pensieri.

‹‹Solo ieri sera abbiamo parlato…scherzato…mi è stato vicino… Perché è successo? Fujita non aveva nemici, era benvoluto da tutti…chi mai…›› e per un secondo, al nome che gli era sorto nella mente, sbiancò ‹‹stai diventando paranoico…›› si ammonì per aver fatto quell’assurda quanto reale considerazione e così, dopo essersi lavato la faccia nell’acqua ghiacciata del ruscello che aveva raggiunto camminando, volendo smettere di rimuginare decise di rincasare ma, una volta aperta la porta, notò qualcosa di alquanto strano, le tende erano tirate e quindi era tutto buio.

‹‹Stamattina le ho aperte… Possibile che qualcuno sia entrato qui dentro non appena io sono uscito?›› si chiese afferrando un kunai e tenendo i sensi all’erta mentre si dirigeva verso l’interruttore più vicino.

Tuttavia non ne ebbe il tempo di premerlo in quanto, prima che vi potesse arrivare, una mano si posò sulla sua e una voce gli intimò:

“Fermo, non accenderla”.

“Kakashi!” esclamò l’altro riconoscendolo “che ci fai qui? Non dovevi essere in missione? E poi perché diavolo sei al buio?”.

Questi, invece di rispondere alle sue domande, gli mise le mani sulle spalle, lo sbatté alla parete con forza e, furente, disse:

“Ti ho visto, ti ho visto!”.

“Mi hai visto cosa?!” gridò l’altro avvertendo al contempo un forte dolore propagarsi lungo la schiena.

“Tu hai portato in casa nostra quell’uomo…lo hai fatto entrare, ti ho visto sporco traditore…” sibilò.

“Smettila di dire assurdità! Fujita era venuto solo perché preoccupato per me in quanto mi aveva visto triste e non per ciò che pensi tu! Cosa avrei dovuto fare? Sbattergli la porta in faccia?” cercò di farlo ragionare.

Kakashi però, troppo accecato dalla gelosia per credergli, gli diede un ceffone talmente forte che gli fece sbattere la testa al muro, dopo di che urlò:

“Sta zitto, zitto! Lo so, lo so che hai approfittato del fatto che me ne ero andato per fare i tuoi comodi, non mentirmi!”.

Iruka, che non aveva potuto fare altro se non incassare il colpo dato che lo teneva stretto, sempre più spaventato ed esasperato non riuscì a dire altro che:

“Se non credi alle mie parole perché non lo appuri tu stesso?”.

“Non serve, lo so già…! Se lo hai capito non sono partito bensì sono rimasto qui ad osservarti e quindi ho notato come tu e quel maledetto vi parlavate in ufficio, i vostri sguardi…e infine tutto il tempo che è rimasto qui” rispose passandogli minaccioso la lama di un kunai su una guancia.

“Se ci hai spiati allora saprai anche che non è successo nulla!” ribatté il compagno ‹‹dove ti sta portando la tua pazzia? Come avevo sospettato sei stato tu ad ucciderlo ma perché? Cosa ti ha cambiato?›› .

“Non mentirmi… lo so, vi ho visti” insisté. Infatti, accecato dal sospetto, la sua mente ormai distrutta gli aveva fatto credere di aver visto quello che naturalmente si era solo immaginato “tu gli hai dato il tuo corpo, lo hai accolto come accogli me…non posso tollerarlo” disse facendo più pressione e procurandogli una ferita sulla gota.

Da essa Iruka sentì colare del sangue e a quel punto, dato che né le parole né i fatti sarebbero bastati a calmare la pazzia dell’amante, decise di passare alla forza sferrandogli una ginocchiata ben assestata nel basso ventre che costrinse l’altro a lasciare la presa così che lui poté quantomeno accendere la luce. Ma se ne pentì un momento dopo poiché, quando la stanza si illuminò, ebbe modo di vedere il compagno interamente coperto di sangue. Kakashi intanto piegato in due dal dolore singhiozzando gemette forte:

“Come hai potuto? Come hai potuto tradirmi? Proprio tu….”.

“Io non ti ho mai tradito! Tu piuttosto come hai potuto uccidere un nostro compagno?” chiese con le lacrime agli occhi ma nel vederlo in quello stato non resistette e, buttandoglisi contro, lo abbracciò mormorando “Kakashi per quale motivo? Che ti è successo? Come puoi pensare che io possa farti questo?”. “Perchè ti ho visto e ho scoperto che quello che avevo sempre immaginato era vero” rispose mettendogli una mano tra i capelli tirandoglieli forte, ormai la sua mente aveva completamente perso il contatto con la realtà e le sue fantasie, le sue ossessioni erano divenute la sua verità.

“No, no tu hai visto quello che avevi paura di vedere…ti prego torna in te…” lo implorò.

“Non sono mai stato più lucido, infatti ora mi è tutto chiaro! Non avrei mai dovuto affidarti il mio cuore… ecco cosa ne hai fatto, lo hai spezzato e poi calpestato!” ribatté passandogli una mano insanguinata sul viso e il collo lasciando delle piste rosse.

“Io…” mormorò Iruka paralizzato e nel mentre sentì le lacrime, fino ad allora faticosamente trattenute, scendergli dagli occhi “perché lo hai ucciso? Per quale motivo non hai eliminato subito me?” .

“Perchè devi soffrire…dovevi vedere il tuo amante morto e sapere di esserne stato tu stesso la causa” gli rispose passandogli un dito sporco sulle labbra per poi infilarglielo in bocca “dì, il suo sangue è buono quanto il suo sperma?” .

Ma Iruka inorridito glielo morse e, quando l’altro lo ebbe levato, sputò a terra poi, guardandolo negli occhi, con voce strozzata disse:

“Tu sei pazzo…non volevo crederci, ho lottato con tutto me stesso per far finta che non fosse vero ma la realtà è una ed una sola. Sei diventato completamente folle ed io non posso fare più nulla per te…” .

“Oh no…visto che è stata tutta colpa tua una cosa puoi farla ancora….” disse carezzandogli nuovamente il viso con la lama gelida del pugnale.

Iruka lo guardò impietrito. Gambe e braccia erano totalmente paralizzate, non aveva il coraggio di fare nulla per paura di un qualche gesto inconsulto da parte del compagno dato che quando era in quelle condizioni era imprevedibile. Inoltre era fin troppo consapevole che il jonin era molto più forte di lui ma, anche se non lo fosse stato, non sarebbe mai riuscito a sostenere uno scontro, lo amava troppo per potergli fare del male piuttosto preferiva morire. Invece alla sua reazione Kakashi, compiaciuto in quanto erroneamente la scambiò per terrore di essere stato scoperto, lentamente fece scendere quel kunai sul collo, il petto finché arrivato al ventre non glielo piantò con forza dicendo:

“Muori per me…”.

Iruka sentendo quella punta di ferro farsi strada nel proprio corpo spalancò la bocca ma da essa non uscì alcun suono dato che gli si era spezzato il fiato in gola. Il dolore fu atroce, tanto forte che addirittura superò quello al cuore nel sapere che era stato il compagno a ferirlo, la persona che più aveva amato al mondo. Debolmente ricadde in avanti appoggiandogli la fronte al petto, quel petto che tante volte lo aveva fatto sentire protetto e, con le poche forze che aveva, posò una mano su quella dell’amante che ancora teneva stretto il kunai e poi, tossendo sangue, non appena riuscì a parlare disse:

“Morirò per mano tua però prima che ciò avvenga…” e si interruppe sentendo altro sangue sgorgargli dalla bocca e dalla ferita impregnandogli la maglia ma con uno sforzo continuò “voglio che tu sappia che ti amo…e che non ti avrei mai tradito”.

A tali parole Kakashi, imperturbabile, lo afferrò per i capelli e, sollevandogli la testa, urlò:

“Ammettilo, ammettilo che mi hai tradito prima di morire!”.

Ma Iruka, che a quegli scossoni riuscì solo a sentire più dolore, continuando a sputare sangue e a stringergli di più la mano che l’altro teneva ancora sul kunai, agonizzante disse:

“Mai…non ammetterò mai qualcosa che non ho fatto…”.

“Possibile che continui a mentirmi anche ora?” gridò ancora, mentre nella sua mente offuscata si faceva strada il dubbio ‹‹già…possibile?››.

“Kakashi io non posso mentirti…non posso perché continuo ad amarti” dichiarò allungando l’altro braccio per potergli carezzare il viso ma, essendo debole, la mano ricadde inerte lungo il fianco anche se, grazie a quel gesto, riuscì comunque ad abbassargli la maschera che gli celava metà volto.

Quelle parole, pronunciate con immensa sofferenza quanto amore, ebbero l’effetto di una secchiata d’acqua gelida sul jonin che tornò in sé e con sconfinato orrore si avvide di ciò che aveva fatto. Atterrito crollò sulle ginocchia portandosi l’altro dietro e, per non lasciarlo a terra, gli sollevò il busto facendogli poggiare il capo sul proprio petto e gli circondò le spalle con un braccio, mentre riportava l’altra mano sull’impugnatura del kunai come per accertarsi che fosse tutto vero e terrorizzato farfugliò:

“I-I-Iruka….”.

A quell’invocazione finalmente questi rivide l’ombra del suo amore dipinto sul suo viso e quindi, con un leggero sorriso, a fatica mormorò:

“Kakashi…sei tornato in te”.

“I-Iruka cosa ho fatto?!” esclamò ma, vedendo il sangue uscire dalle sue labbra, balbettò “io-io devo chiamare qualcuno!”.

“No!” affermò e, per fermarlo, strinse nuovamente la sua mano che teneva il pugnale ma, così facendo, avvertì un dolore lancinante all’addome dove ancora era piantato quel kunai e, dopo un gemito, disse “non farlo o ti arresteranno…”.

“Cosa vuoi che me ne importi se ti salvi? Oh mio dio, cosa ti ho fatto? Sono un pazzo assassino…come ho potuto fare questo a te, la mia ragione di vita?” gemette.

“Non puoi salvarmi…è troppo tardi….” rispose, infatti non sentiva più il pezzo inferiore del proprio corpo e, se era ancora lucido, lo doveva unicamente al dolore che quel pezzo di metallo conficcato nelle viscere gli procurava “Kakashi ascoltami…tu devi andartene”.

“No, no, no, non posso, non posso…” ripeté più volte scuotendo la testa mentre le lacrime gli scorrevano sulle guance.

“Si che puoi…” affermò l’altro emettendo l’ennesimo colpo di tosse, ogni parola era un’agonia ma, anche in punto di morte, non poteva far altro che preoccuparsi per l’unica persona a lui tanto cara.

“No, non posso continuare a vivere in un mondo in cui non ci sei più, ti terrò stretto sino alla fine e poi ti seguirò” dichiarò stringendoselo più forte contro il petto.

Iruka gemette ma poi con voce dura e decisa, come mai prima, disse:

“No, è troppo facile toglierti la vita…tu vivrai, vivrai fino alla fine dei tuoi giorni…questa è la punizione che io stesso ti infliggo per ciò che hai fatto…promettimelo”.

“Si, si va bene…farò tutto quello che vorrai ma solo se mi assicuri che una volta che morirò anch’io ci ritroveremo” assentì carezzandogli il viso, capiva che ormai non c’era più nulla da fare e se per permettergli di spirare in pace doveva giurargli che sarebbe vissuto portando su di sé il peso dei propri peccati lo avrebbe fatto e avrebbe mantenuto fede alla parola data.

Sul volto di Iruka apparve nuovamente un lieve sorriso che tuttavia fu presto cancellato da un’espressione di dolore e quindi ansimò:

“Il kunai..levalo…” nel mentre fece una leggera pressione sulla sua mano, lo avrebbe fatto da solo ma non ne aveva la forza.

Kakashi annuì e gli estrasse il pugnale, sapendo quanto doveva essere doloroso e maledicendosi per ogni smorfia che vedeva apparire sul suo volto mentre lo toglieva tuttavia, una volta estratto, sentì la mano dell’amante stringere debolmente la propria e così con voce tremante chiese:

“Cosa c’è?”.

“Avvicinati” mormorò.

A quella richiesta il jonin accostò il proprio volto a quello del compagno credendo che volesse parlargli ma che fosse troppo debole per farlo con voce normale ma, una volta che l’amato fu abbastanza vicino, Iruka, guardandolo negli occhi, con un ultimo sforzò alzò il kunai e, puntandoglielo poco sotto l’occhio sinistro, lo premette facendolo scivolare verso il basso allungando così di qualche centimetro la cicatrice che già aveva. Poi, quando anche l’ultimo granello di forza lo abbandonò, lasciò ricadere la mano che però fu prontamente sorretta dall’amante e Iruka, che non aveva mai smesso di fissarlo, piano mormorò:

“Ora oltre Obito vedrai anche me ogni volta che ti guarderai allo specchio” poi, inarcando leggermente le labbra, continuò “sai ogni tanto ero geloso di lui”.

“Non serviva perchè sarai sempre nei miei pensieri, ma se vuoi così va bene…perdonami Iruka per averti privato del tuo futuro” sussurrò Kakashi mentre le lacrime avevano ripreso a scorrergli sul viso assieme al sangue causato da quella dolce ferita.

“Quello lo vivrai tu…anche per me…ed una volta che sarai pronto ti prometto che io ci sarò…” .

“Spero che arrivi presto quel momento anche se mi merito ogni briciolo di sofferenza che la vita ha da offrirmi” disse chinandosi per sfiorare le sue labbra “ti amo…anche se sono consapevole che, se non avessi provato questo sentimento, non saresti in punto di morte adesso”.

Iruka debolmente ricambiò e poi, col poco fiato che gli era rimasto, affermò:

“Se non lo avessi fatto non sarei stato felice…stringimi” lo supplicò.

Sentiva la vita scivolare via, quella vita che avrebbe voluto passare con il suo amato allontanarsi per sempre ed in quel momento ebbe paura, una paura tremenda. Il freddo si propagava nel suo corpo e ormai non percepiva più la maggior parte degli arti ma avvertiva che il compagno era lì accanto a lui e questo in un qualche modo lo rasserenava. Kakashi, disperato, lo accontentò sperando di riuscire a infondergli un po’ di calore mentre vedeva che diventava sempre più pallido anche se stranamente sul suo viso c’era ancora l’ombra di un sorriso.

“Oh Iruka non mi lasciare, rimani qui con me, parlami…ti prego” singhiozzò.

“Ti amo” sussurrò questi in un soffio prima di chiudere gli occhi per sempre.

E a quel punto, capendo che era finita, Kakashi urlò il suo nome stringendolo più che poteva:

“Iruka! Non lasciarmi, non lasciarmi anch’io ti amo…” ripeté tra le lacrime sempre più copiose. Rimase così finché non le esaurì completamente e solo allora si mise a fissarlo cercando di ripulire quel bel viso dal sangue “sono un mostro, ti ho ucciso e tu non mi hai odiato per un solo istante ma mi hai amato…eri un angelo e io ti ho strappato le ali, spero solo di rincontrarti così potrò chiederti nuovamente scusa e vedere ancora il tuo bellissimo sorriso…nel mio futuro ora c’è solo sofferenza ma è quello che mi merito per averti fatto questo” sussurrò carezzandogli il volto.

Sapeva di dover scappare via ma voleva rimanere solo un altro po’ per guardarlo e poter immaginare, anche solo per un attimo, che fosse stato un brutto sogno e che presto avrebbe sentito la sua bella voce chiamarlo. Purtroppo però questo non avvenne e alla fine si risolse a lasciare lì quel corpo inerte, imprimendosi quell’immagine nel suo essere per non dimenticare mai il peccato che aveva commesso.