Autoconclusivo

Autoconclusivo

Eccomi con un altra ff su Slam Dunk, questa volta però non è una Hana/Ru u.u
La ff dovrebbe essere comica, spero vi faccia almeno sorridere. Quel povero Hana-chan… quanto gliene faccio passare XD
Buona lettura e commentate ^^

I personaggi di questa fan fiction non sono di mia invenzione ma dell’autore Takehiko Inoue che ne detiene tutti i diritti.

Hanamichi camminava per strada con Mito, il suo più caro amico.

Quella sera era proprio distrutto. Dopo gli allenamenti mattutini e quelli serali, era andato con i suoi amici, i ragazzi dell’Armata Sakuragi, a bere qualcosa.

Ma avevano di certo esagerato, si misero persino a ricordare vecchie storie dei tempi delle medie: come, ad esempio, il mitico record di Hanamichi…

Quello di essere “scaricato” da ben 50 ragazze, un vero e proprio primato mondiale!

“Yohei, io torno a casa! Ho un mal di testa da morire… E poi domani dobbiamo andare a vedere la partita”, disse Sakuragi rivolto all’amico.

“Okay…”, disse sbiascicando Mito, che barcollava, ma meno di quanto facesse il grande Tensai.

Hanamichi alzò la mano, in segno di saluto, e si apprestò a girare l’angolo.

“Hanamichi ci vediamo a mezzogiorno. Cerca di essere puntuale… e ricordati di portarmi quelle foto che ti ho chiesto, così ci facciamo quattro risate”, Mito parlò tutto d’un fiato; non vedeva l’ora di mettersi a letto.

Sakuragi, per tutta risposta, grugnì. I due si separarono, svoltando in due strade diverse.

Hanamichi camminò un po’ prima di arrivare a casa sua, salì le scale e cercò la chiave.

Frugò nella tasca destra della tuta da ginnastica che indossava, ma vi trovò solo il cellulare e il portafoglio.

“Ma dove diavolo l’ho messa…”, sospirò.

Frugò nella tasca sinistra, tra decine di monete, finalmente la trovò.

Ci volle un po’ prima che il nostro Tensai riuscisse ad aprire la porta, non riusciva proprio ad infilare la chiave nella serratura.

Finalmente quella dannatissima porta si aprì, varcò la soglia. Chiuse bruscamente, tanto nessuno gli avrebbe detto niente se faceva casino, ne se rientrava così tardi.

Era ormai da un bel po’ che viveva da solo.

Entrò in cucina e buttò tutto il contenuto delle tasche sul tavolo. Cellulare, chiavi, portafoglio e monetine varie fecero un rumore fastidioso.

Hanamichi andò nella sua camera e si buttò letteralmente sul letto.

A pancia in giù, con le braccia aperte e la faccia premuta sul cuscino…

Era stanco morto, però gli allenamenti erano necessari. Doveva migliorare, lo doveva fare assolutamente.

‘Diventerò il migliore… sarò il migliore!’, pensò.

Il ragazzo si mise seduto sul letto.

‘Diventerò il migliore…’, quella frase, l’aveva già sentita tante volte.

‘Quante volte l’avrà detta quella Kitsune ?!’

Hanamichi scosse la testa furiosamente.

“Ma che cavolo ho in testa… ci manca solo che pensi a quello stramaledetto di Rukawa!”, urlò all’improvviso a se stesso.

Si alzò, e lanciando maledizioni al compagno di squadra, andò in cucina a bere un bel bicchiere d’acqua fresca. Tornò nella stanza e si spogliò, rimanendo con addosso solo un paio di boxer neri.

“Yohei mi ha chiesto delle foto delle medie…”, disse tra sé il ragazzo.

Si voltò verso la scrivania, dove il caos regnava sovrano.

“Ehm… è adesso io dove le trovo, con tutto questo casino!”

Iniziò a cercare, tutti i libri erano riversi sulla scrivania.

Alla fine trovò l’album con le foto che Mito voleva, ma dalla scrivania cadde un libro, colpendolo sul piede destro nudo.

“Ahia, che male!”, Hanamichi saltellò toccandosi il piede con una mano, mentre con l’altra teneva le foto. Il ragazzo raccolse il libro caduto e lo buttò sul letto con rabbia.

Andò in cucina, poggiò l’album fotografico sul tavolo. Così facendo, la mattina seguente, non se lo sarebbe dimenticato di certo.

Sperava di non dimenticarselo, altrimenti chi l’avrebbe sentito Mito…

Una foto sbucava fuori dall’album.

Hanamichi appoggiò la mano sul tavolo rimanendo in piedi, aprì l’album.

“Che vecchia questa foto… però quella scrofa di Takamiya è rimasto lo stesso, grasso come sempre”, Hanamichi si mise a ridere.

“Noma ha la faccia da vecchio, anche senza i baffi. E Okusu con quel ciuffo biondo sparato in aria!”, il Tensai rise più forte.

“Yohei qua ha una faccia buffissima, io invece avevo ancora i capelli lunghi”, disse toccandosi la testa.

“Più o meno, sono rimasti proprio uguali… Sempre idioti!”

Hanamichi continuò a ridere, il mal di testa era però ancora forte.

Chiuse l’albo e si diresse verso la camera da letto.

“Meglio andare a dormire, domani devo andare a vedere l’amichevole”.

Prese la sveglia e la puntò per le 10. Fatto questo si mise a letto, ma si accorse di essersi sdraiato sopra qualcosa.

Si era sdraiato sopra il libro che aveva lanciato sul letto, lo prese e guardò la copertina.

Un sorriso nostalgico fece la sua comparsa sul viso del ragazzo.

“Ma tu guarda, ho ancora questo libro…”, disse rigirandolo tra le mani.

“Cappuccetto Rosso e altre fiabe”, lesse il titolo.

Hanamichi prese a sfogliare lentamente le pagine.

“Quante volte me lo avrai letto?! Eh, mamma…”, guardò il soffitto. Non era da lui diventare così triste all’improvviso. ‘Oggi deve essere la giornata dei ricordi!’, pensò. Fece un sorriso.

Poggiò il libro sul comodino, di fianco alla sveglia, spense la luce e si mise sotto le coperte.

Hanamichi aprì gli occhi. Non capiva dove si trovava, quel luogo gli era sconosciuto.

C’era una volta una graziosa bambina dai capelli rossi, il suo nome era Hanamichi Rosso…

“Da dove cavolo esce ‘sta voce?! Dove accidenti sono finito?”, Hanamichi si guardò attorno.

Una voce, stranamente familiare, lo chiamava.

“Hanamichi Rosso”, chiamò un’imponente figura.

Hanamichi sgranò gli occhi. ‘Non è possibile!’, pensò sconcertato.

“Hanamichi Rosso, piccola mia. La tua mamma ha una commissione per te…”, disse una voce rocca.

“Gori, ma come diamine ti sei conciato! Vai ad una festa in maschera ?!”, sghignazzò il Tensai.

Ma ecco che gli arrivò un proverbiale pugno in testa da parte di Akagi.

“Ti sembra questo il modo di rivolgerti alla tua mammina!”, lo rimproverò il capitano.

Hanamichi si portò le mani da testa, due lacrimoni giganteschi gli uscivano dagli occhi per il dolore.

Un giorno, la mamma chiese ha Hanamichi Rosso di andare dalla nonna per portarle degli oggetti molto preziosi…

“Di nuovo questa voce…”, Hanamichi non ci capiva niente.

Sapeva solo che il Gorilla era vestito da donna e che lui stesso indossava una mantella rossa.

“Bambina mia, adesso devi andare dalla nonna a portarle questi oggetti molto importanti…”, disse il colosso aprendo una cesta.

“Ehi Gori, mettiamo in chiaro una cosa, io non sono una bambina! Sono un uomo, hai capito!”, disse spazientito il ragazzo.

Akagi non lo stette a sentire, ma gli fece vedere il contenuto tanto prezioso della cesta, vi erano delle scarpe da ginnastica costosissime, degli oggetti rari che tutti i giocatori di basket avrebbero voluto. Hanamichi fu affascinato da quelle scarpe e allungò una mano dentro il cestino.

Ma prontamente Akagi chiuse la cesta, incastrando la mano del povero Sakuragi.

E mentre il Rosso lanciava maledizioni contro il capitano, quest’ultimo mise un fiocco talmente stretto attorno alla cesta che per Hanamichi sarebbe stato difficile aprire.

“Porta queste alla nonna”, disse perentorio Akagi.

“Scusa, ma dov’è che abita questa nonnina?”, disse Hanamichi smarrito.

“Devi attraversare tutto il bosco per arrivare da lei”, Akagi indicò un punto lontano.

“Va bene, tanto non ho altra scelta, no?!”, disse scoraggiato il Tensai.

“Non devi lasciare il sentiero per nessun motivo. Stai attenta al lupo che vive nella foresta, si dice che sia un fortissimo giocatore di basket e che voglia a tutti i costi quelle scarpe…”, aggiunse il Gorilla.

‘Ma bene, un fortissimo giocatore di basket… lo vorrei proprio incontrare!’, pensò Hanamichi mentre si incamminava all’interno del bosco.

Hanamichi Rosso si inoltrò all’interno della foresta, ma disubbidì alla madre che gli aveva raccomandato di non lasciare mai il sentiero. La bambina non riuscì a resistere alla tentazione di andare a cogliere dei bellissimi fiori in un prato vicino…

“Hey, voce del cavolo! Per prima cosa: io non sono una bambina, quante volte ve lo devo dire.

Seconda cosa: io non mi metto a raccogliere degli stupidissimi fiori come una donnicciola, è chiaro?!”, disse Hanamichi molto vicino a rasentare l’urlo.

Ma ecco che all’improvviso, dal nulla, una figura sbucò alle spalle di Hanamichi.

La strana figura prese Sakuragi alla sprovvista e con un ventaglio gigante lo colpì, lasciandoli un bernoccolo dolorante sulla testa.

Sentimi bene carino. Qui sono io la narratrice! Per prima cosa: voce del cavolo non mi ci chiami. Seconda cosa: tu fai quello che ti dico io, è chiaro ?!

Per esperienza, Hanamichi capì che quella voce e quel ventaglio usato con forza erano da attribuirsi ad Ayako. Il ragazzo farfugliò un “Si, d’accordo” e la manager scomparve dalla scena.

Dunque dove eravamo? Ah,si…Hanamichi Rosso si mise a raccogliere dei bellissimi fiori in un prato vicino.

Hanamichi, senza la minima obbiezione, si mise a cogliere dei fiori; quando dei piccoli uomini si avvicinarono a lui.

“E voi che ci fate qui? E perché siete conciati così?”

“Noi siamo i sei nani e ti proteggeremo, Rossoneve!”, dissero in coro i nani.

“Io non sono Rossoneve, o come cavolo si chiama! Avete capito… Yohei, almeno tu, smettetela con questa sceneggiata!”

Ma i sei uomini non capivano.

“Sceneggiata?! Questa non è uno scherzo”, disse Ryota.

“Noi siamo qui per proteggere Rossoneve”, continuò Kogure.

“Giusto, noi siamo l’Armata di Rossoneve!”, gridarono Yohei, Takamiya, Noma e Okusu.

‘Ma dove diavolo sono finito?!’, pensò portandosi una mano in faccia e scuotendo la testa.

“Che diavolo stai facendo Hanamichi Rosso?! Non perdere tempo, devi andare dalla nonnina. Sbrigati!”

Hanamichi prese il cesto e si allontanò dai nani, aveva timore di disobbedire alla manager.

Ma i nani lo seguirono e presero ad insultare la voce narrante.

“Ehi, tu! Non dare ordini alla nostra protetta. Noi e lei adesso andiamo a casa!”, disse Yohei.

“Hanamichi Rosso deve andare dalla nonna. Non verrà mai con voi!”

Il Tensai era ormai stanco di sentirsi dare della donna, stava perdendo anche la pochissima pazienza che aveva.

“Questo è da vedere. Se hai coraggio, fatti avanti!”, disse spavaldo Ryota.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Ecco che dal nulla comparve Ayako, che con una velocità impressionante colpì i sei con il suo ventaglio.

“Adesso avete qualcosa da obbiettare?”

‘Ayako sa essere molto convincente’ pensò il Rosso, contento di non essere stato colpito.

Yohei e gli altri dell’armata Sakuragi erano caduti a terra, con dei bernoccoli giganteschi, e non osavano proferire parola.

Mentre Ryota, con gli occhi a cuoricini, girava intorno ad Ayako.

La ragazza, infastidita dal quel comportamento, gli diede un’altra sventagliata in faccia; ma lui continuava a guardarla in modo estasiato.

La narratrice non potè far altro che scomparire.

“Mia dea, no… torna da me!”, implorò Ryota, con le lacrime agli occhi.

Hanamichi, stanco di vedere quelle scenette, prese il cesto e si diresse verso la casa della nonna.

Ma i sei nani lo seguirono, il Rosso si voltò e chiese perché lo stessero seguendo.

“Da queste parti ci sono molti pericoli. Noi ti proteggeremo, siamo o non siamo la tua armata!”, disse Mito. Sakuragi rimase interdetto, ma anche piacevolmente sorpreso dalla volontà di aiutarlo.

Si voltò e ricominciò a camminare. Naturalmente fu necessario trascinare Ryota, perché non si era ancora ripreso dall’incontro con la sua ‘Dea’.

Hanamichi Rosso aveva ormai smarrito il sentiero, si inoltrò quindi nel bosco. Ma tra il fogliame si sentirono dei rumori sinistri…

“Che bella voce che hai, mia dea!”, disse un Ryota ormai schiavo del suo amore.

“Tranquilla Rossoneve. Ti proteggeremo noi!”, dissero gli altri in coro.

Ma ecco che dalla folta vegetazione sbucò il lupo, il più forte giocatore di basket di quel bosco.

I nani avevano buone intenzione, ma appena videro quel temibile lupo scapparono a gambe levate.

“Imbecilli! Ma non mi dovevate proteggere?”, urlò il Rosso.

Gli altri non lo sentirono nemmeno, erano ormai lontani.

Il lupo era ancora avvolto nell’ombra, Hanamichi non riusciva a vedere il suo volto.

Ma ecco che il lupo avanzò, puntando al prezioso cestino.

Il Rosso riuscì finalmente a vedere il volto di quel temibile avversario.

“Tu?! Che ci fai qui?!”, urlò Hanamichi.

Kaede Rukawa, il suo rivale di sempre, era di fronte a lui.

‘Ma come diavolo è conciato?! Va bene che è una Kitsune, ma le orecchie e la coda da lupo da dove spuntano’, pensò perplesso il ragazzo.

“Maledetta Kitsune, che ci fai tu qui? Ma è possibile che sei sempre in mezzo ai piedi?!”

“D’oaho”, fu questa la risposta di Rukawa, mentre guardava avidamente il cestino che Sakuragi portava con sé.

Iniziarono, come al solito, i primi battibecchi e poi la conseguente sfida.

“E così, saresti tu il giocatore di basket più forte da queste parti? Benissimo, ti sfido!”, disse al compagno di squadra.

Silenzio.

Rukawa lo guardò dritto negli occhi.

“Allora, che stai aspettando?! Iniziamo”, disse Sakuragi.

“Non ho tempo da perdere con uno come te… “

“Come osi? Maledetto”, si imbestialì Hanamichi.

“Dove vai con quel cestino?”, disse la Kitsune travestita da lupo.

“Vado a portarlo da una nonnina, il Gorilla mi ha obbligato”, si lagnò il ragazzo.

Poi guardò il suo eterno rivale.

“Ma a te cosa te ne importa?”, gli domandò Sakuragi.

“Semplice. Io voglio quel cestino”, disse lentamente il moro.

“Se lo vuoi, vieni a prendertelo”, e dicendo questo il Rosso sferrò a Rukawa un sonoro pugno in faccia. Iniziò la rissa, entrambi non risparmiavano pugni e calci; però nessuno dei due sembrava in vantaggio rispetto all’altro.

Ma ad un tratto si sentirono tre voci molto indistinte che chiamavano il nome di Rukawa.

A quell’udire, la Kitsune scappò di corsa nel fitto bosco, lasciando Sakuragi lì con il suo cestino.

“Dove scappi?! Non ho ancora finito con te”, gli urlò dietro Hanamichi.

Fortunatamente Hanamichi Rosso era riuscita a scappare dal pericoloso lupo, così da poter continuare il cammino verso la casa della nonna.

“Guarda che quello che è scappato è lui!”, puntualizzò il ragazzo alla narratrice.

All’improvviso giunsero delle voci dietro il Rosso.

“Ehi tu… hai per caso visto il lupo Rukawa?”, chiese una voce stridula.

Hanamichi si voltò e si ritrovò davanti tre ragazzine, meglio conosciute come Ru, Ka e Wa.

Il ragazzo rimase perplesso, non solo per averle trovate lì in quel bosco, ma anche perché le tre indossavano un costume da maialino.

‘Oh dei, mi ci mancavano solo i tre porcellini’, pensò il Rosso sbattendosi una mano sulla fronte.

“Allora gallinaccio, ci vuoi dire se quel figone di Rukawa è passato di qui…”, dissero in coro le tre sgallettate.

Come ben si sa, Hanamichi non è un mostro di pazienza: infatti sentirsi dare del ‘gallinaccio’ da delle tipe vestite da maiale, per lui era troppo.

Il ragazzo esplose in una marea di epiteti poco gentili verso le tre racchie che aveva di fronte, che inorridite da quel comportamento iniziarono a insultarlo a loro volta. Per tutto il bosco si sentirono gli echi dei loro insulti, fin quando il Rosso, esasperato, incominciò a minacciarle e inseguendole per un po’ con i pugni alzati, le fece scappare.

Quel suo ‘inseguimento’ con le tifose di Rukawa però lo aveva portato fuori strada, così da non capire più da che parte andare.

“Mi sono pure perso… Tutta colpa di quelle maledette racchie!”, urlò Sakuragi.

Il ragazzo continuò a camminare per diversi minuti fino a che non vide una ragazza che stava seduta sulle rive di un fiumiciattolo. Lui si avvicinò lentamente e l’osservò incuriosito, era sicuro di averla già vista. Dopo poco ne fu certo, era proprio lei…

“Harukina cara”, gridò per poi correre vicino a lei.

La ragazza, spaventata dal suo urlo, si alzò di scatto e si voltò a guardarlo intimorita.

“Harukina cara. Non avere paura, sono io… Sono il ‘tuo’ Hanamichi.”

Dicendo questo il Tensai sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi.

“Mi spiace, ma io non ti conosco”, disse lei perplessa.

Hanamichi, in pochi secondi, passò dalla gioia alla tristezza.

‘Non mi conosce…’, pensò sconsolato, mentre accucciato per terra disegnava con un dito dei cerchi sul terreno.

Forza Hanamichi Rosso. Non abbiamo certo tempo da perdere con questa ragazzina!

La voce narrante era stufa di tutte quelle intrusioni e cercava di spronare il protagonista ad andare avanti, ma il povero Hanamichi era ormai in uno stato alquanto depressivo.

Non stare lì fermo a deprimerti. Su, alzati e andiamo dalla nonna, magari sulla strada incontrerai anche Lupo Rukawa. Se non sbaglio voi due avete un conto in sospeso…

In modo molto furbo, la voce narrante era riuscita a farlo reagire: era proprio vero, lui e quella maledetta Kitsune avevano più di un conto in sospeso.

“Hai ragione! Quel maledetto Rukawa, ha bisogno di una bella lezione”, urlò alzandosi in piedi.

Per la prima volta dall’inizio della sua avventura, il Rosso dava retta di sua spontanea volontà ad Ayako.

“Hai incontrato Rukawa?”, chiese con un filo di voce Haruko.

“Si… purtroppo”, disse con tono schifato.

“E dov’è adesso?”, domandò con voce stridula la ragazzina.

“Non lo so. E’ scappato da qualche parte della foresta… Deve aver avuto paura del grande e sommo Tensai”, disse incrociando le braccia e vantandosi.

Ma la sorella del Gorilla non gli diede retta e si lanciò a perdifiato verso il bosco.

“Aspettami Rukawa”, urlò, prima di sparire nella boscaglia.

Il ragazzo rimase deluso da quella scena, mentre la voce narrante se la rideva sonoramente.

“Non c’è nulla da ridere”, disse sconsolato il ragazzo.

Strinse i pugni, il suo sguardo si fece di fuoco.

“Me le pagherai tutte Rukawa… tutte!”

Un altro urlo si perse nell’aria, mentre Hanamichi si dirigeva a grandi passi verso la casa della nonna.

Attraversato tutto il bosco, Sakuragi giunse finalmente a destinazione; avvicinandosi alla porta con il cestino in mano, bussò.

“C’è nessuno?”

Non ricevette nessuna risposta, ma notando la porta aperta entrò ugualmente.

“Nonna… ci sei?”, domandò.

“Si, Hanamichi Rosso. Sono in camera da letto”, rispose una voce roca.

Il giovane dai capelli rossi entrò nella stanza e vide una figura completamente nascosta sotto le coperte. Perplesso, si avvicinò e si sincerò sulla condizione della persona che era nella stanza.

“Ehi, nonna… Ma stai male per caso?”

“No, tranquilla nipotina mia”, e dicendo questo, la nonna si mosse un po’ da sotto le lenzuola, scoprendosi un poco.

Hanamichi era perplesso, si mise a riflettere.

C’era qualcosa che non quadrava in quella strana voce, ma anche quelle orecchie pelose e quella coda non erano normali. ‘Orecchie pelose?! Coda?!’, ripete più volte quelle parole nella mente.

Mentre la persona nascosta sotto le coperte si copriva nuovamente.

Il Rosso lasciò cadere sonoramente a terra il cestino.

“Ma che diavolo?!”, prese le coperte e le tirò violentemente.

Vide degli occhi blu. Blu come il mare, ma gelidi come il ghiaccio; uno sguardo che ben conosceva lo fulminò, e in un attimo si ritrovò a terra a causa di un violento calcio allo stomaco.

Si mise in ginocchio, lentamente, tenendosi il punto dove Rukawa lo aveva colpito.

“Maledettissimo… bastardo…”, un po’ di tosse non gli permise di insultarlo ancora.

Il moro dagli occhi di ghiaccio lo guardava dall’alto in basso, ormai trionfante, aveva conquistato quello che voleva. Il cestino, con all’interno delle scarpe che anche i migliori giocatori di basket vorrebbero possedere, era nelle sue mani.

Il Rosso sussultò. Dall’armadio vicino si udirono alcuni rumori e poco dopo dal suo interno uscì una persona completamente legata e imbavagliata.

“Nonno?! Ma che ci fai qui?”, Hanamichi non riusciva a credere di trovare il Mister Anzai ridotto in quello stato. Poi alzò lo sguardo verso il suo rivale.

“Non sei altro che un vigliacco…”, lo disse con la voce carica di disprezzo.

Il ragazzo davanti a lui non fece una piega, rimase con il suo viso impassibile ad osservarlo; si limitò ad avvicinarsi all’uscita con il cestino in mano.

Hanamichi Rosso e la sua nonnina erano cadute nella trappola del pericoloso lupo, che le aveva divorate in un solo boccone.

“Divorato in un boccone? Ma quando mai?!”, disse esasperato il Rosso.

Quella storia lo stava seccando parecchio…

Si alzò dolorante e afferrò il polso della Kitsune.

“Tu non vai da nessuna parte”, ringhiò il Rosso; ma prima che il suo compagno di squadra potesse controbattere, si udì uno sparo. Poco dopo la porta fu abbattuta con un calcio, mentre un ragazzo con il fucile in mano faceva il suo ingresso.

Ma ecco che un cacciatore arrivò per salvarle…

‘Oh no… Ci mancava solo lo “sfregiato’, pensò atterrito Sakuragi.

Mitsui, il “cecchino” dello Shohoku, puntò il fucile contro Rukawa e poi guardò il Rosso.

“Eccomi qui: io sono il cacciatore che sconfiggerà il lupo. Sta tranquilla Hanamichi Rosso, ci sono io a proteggerti”, disse con tono di superiorità.

Hanamichi esplose in tutta la sua rabbia.

“Non sono una donna, dannazione! E poi come può uno come te, proteggere il sommo Tensai, eh? Io non ho bisogno di nessun aiuto, è chiaro?! Stanne fuori, io devo battere Rukawa… io e nessun altro!”

Mitsui assunse un espressione perplessa, non capiva perché il Rosso si arrabbiasse così; ma poi la sua attenzione si spostò sull’uomo che stava legato sul pavimento.

Sgranò gli occhi e si precipitò verso di lui.

“Mister Anzai… State bene? Aspettate, vi aiuto”, disse mentre scioglieva le corde e gli toglieva il bavaglio. Dopo essersi sincerato delle sue condizioni, il ragazzo si alzò e squadrò i suoi due compagni di squadra che, nel frattempo, si stavano contendendo il cestino.

“Chi di voi è il bastardo che ha osato fare questo?”, urlò, colmo di rabbia.

Hanamichi prontamente puntò il dito contro la Kitsune, il quale a sua volta incolpò il Rosso.

“Non mi prendete in giro!”

Il “cecchino” prese il fucile e iniziò a sparare nella loro direzione; i due ragazzi incominciarono a correre lasciando il cestino nella casa, mentre si sentì la tipica risata del Mister alle loro spalle. Mitsui li inseguiva sparandogli addosso.

Il cacciatore sconfisse il lupo, liberando Hanamichi Rosso e la sua nonnina.

E tutti vissero felici e contenti!

“Felici e contenti?!” Ma ti sembra che questo sia ‘vivere felici e contenti’?! Quel pazzo psicopatico ci vuole uccidere…”, urlò Sakuragi, mentre continuava a correre.

“D’oaho… sta’ zitto e corri”, mugugnò la Kitsune.

“Quello che deve stare zitto sei tu! E’ tutta colpa tua… maledetto Rukawa!”

Un alta figura si dimenava sotto le coperte, mentre qualcuno continuava a suonare insistentemente il campanello di casa. Il ragazzo dai capelli rossi buttò a terra le coperte, si alzò e corse alla porta con solo i boxer addosso. Aprì furioso la porta, ritrovandosi davanti i ragazzi dell’Armata Sakuragi.

“Hanamichi… ma sei ancora così? Facciamo tardi alla partita”, disse seccato Yohei.

“Voi, bastardi… Invece di aiutarmi contro quel maledetto lupo di Rukawa, siete scappati. Ma ora me la pagate…”, urlò, scagliandosi contro i suoi amici, che iniziarono a correre.

“E dopo che avrò finito con voi, andrò a cercare quella maledetta Kistune.”

“Ma che diamine gli prende?! Sta farfugliando cose senza senso”, disse Takamiya.

“Non lo so… ma continuate a correre”, li incitò Mito.

Mentre tutte le persone per strada rimasero perplesse nel vedere Hanamichi che, mezzo nudo, inseguiva i suoi quattro amici.