Un sogno per cui vivere

I petali di un sogno

Quando è stata l’ultima volta che ho pianto?

Non lo ricordo più.
Forse, in realtà, ho smesso di piangere proprio perché lui era con me.

Sì, deve essere così.

Ecco. Adesso ricordo.

L’ultima volta che piansi, fu quando la mamma se ne andò di casa, lasciandomi alla nonna.

Avevo 4 anni e in un giorno di primavera mia madre se ne andò.
Fu uno shock terribile per me, cominciai così a pensare che ero una bambina cattiva e che se avessi fatto la brava, lei, sarebbe venuta a prendermi.
Ma non successe.

Io però non piansi.
Mi tenni tutto dentro.
Tutta quella solitudine che mi divorava.

Non piansi neanche il giorno dopo.
Neppure quello dopo ancora.

La primavera passò in fratta lasciando spazio all’estate.

La nonna si preoccupava tantissimo per me, perché io non sorridevo più.

Ero una bambina triste.
Un barattolo vuoto in fondo al mare.

Uno dei primi giorni d’estate la nonna mi portò al parto, vicino casa.

Io, invece di giocare con gli altri bambini, mi sedetti sul prato accanto alle altalene, sotto l’ombra di un noce.

Raccolsi una margherita e cominciai a strapparle i petali bianchi dicendo: “Tornerà o non tornerà?” così, finché non rimase solo un petalo.

Non avevo il coraggio di strapparlo.
Se lo avessi fatto lei non sarebbe più tornata a prendermi ed io avevo un disperato bisogno della mia mamma.

Sentii il bisogno di versare lacrime di amarezza, ma le ricacciai indietro.
Volevo essere coraggiosa.
Dovevo essere forte.

Poi, dietro di me, sentii muoversi qualcuno e mi voltai di scatto sperando fosse lei.

Non lo era.
Non era la mia mamma.

Era un bambino forse della mi stessa età.

Rimasi sorpresa dal suo sguardo cristallino.
Quegli occhi sembravano leggerti nell’anima.

“Ciao” dissi velocemente e mi voltai di scatto sperando che se ne andasse.
Invece rimase immobile al suo posto ad osservarmi.

Dopo qualche secondo di silenzio mi chiese: “perché piangevi?”

Rimasi sconvolta per qualche istante.
Ero confusa, disorientata credevo che nessuno mi avesse vista.
Nessuno.

“Mi hai…sentita?” chiesi timidamente.
Lui schiettamente rispose “Sì”.

Mi ero scoperta, le mie difese erano tutte distrutte e non sapevo cosa fare, se scappare o meno.

“Sono sicuro che la tua mamma tornerà.”
Disse.
A quella affermazione mi si fermò il cuore.

Lui era stato l’unico a pensarla così, l’unico a credere che la mia mamma non fosse una cattiva persona.

Tutti gli altri adulti dicevano che la mia mamma era stata vergognosa ad abbandonarmi e crudele.

Ed io avevo sempre cercato di dire il contrario, ma nessuno mi capiva davvero.

Tranne lui.
Con quell’unica frase aveva fatto sparire le nubi che circondavano il mio cuore.
E mi sentii felice.

“Ogni mamma vuole bene ai suoi bambini, nessuna esclusa.
La tua mamma ti vuole tanto bene, ne sono sicuro, per questo tornerà.”

Cominciai a piangere e così mi sfogai e poco dopo mi sentii davvero bene.

Quella fu la prima volta che incontrai Yuurei.
E fu proprio quel giorno che scoprii di essere speciale e di poter vedere i sogni delle persone.

Yuurei è uno di questi.
Crebbi insieme a lui.

Lui non mi lasciò mai sola e non mi fece mai piangere.

Cominciai così a cercare il suo “creatore” (colui al quale appartiene il sogno), ma dentro di me speravo che quell’incontro non arrivasse mai.

Perché lui è molto importante per me, fondamentale.

Se mai arrivasse quel giorno lui tornerebbe ad essere parte del suo “creatore” ed io non potrei più stargli accanto.

Quando accadrà, che cosa farò?
Come mi comporterò?

Egoisticamente lo trattengo a me.

Seppure lui non è un mio sogno, alla fine lo è diventato.

è soltanto grazie a lui che non ho strappato l’ultimo petalo e quindi la consapevolezza che lei non sarebbe mai più tornata.

è solo grazie a lui che continuo a sperare, se pur, ora mai, ho 15 anni.

Il mio sogno?

è poter rimanere al suo fianco per sempre.

Yumemi

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