Cuore di Marine

Capelli blu

Una pioggia leggera cominciò a cadere mentre i raggi del sole iniziavano a calare lontano sull’orizzonte, seguendo la sfera di fuoco nelle profondità del mare. Il Marine semplice Teito non se ne preoccupava, il cappellino della marina gli offriva tutta la protezione che poteva servirgli contro qualsiasi condizione climatica, per adempiere ai suoi compiti sul ponte. Non lo avrebbe fermato di certo una pioggerellina da quattro soldi. Pensò. Così continuò a correre indaffarato per la nave; corde, sartie, oggetti ondeggianti sul ponte…era tutto il giorno che volteggiava da poppa a prua senza tregua, un po’ di acqua piovana sul viso lo avrebbe soltanto rinfrescato.

Teito era talmente intento nel suo lavoro che non sentiva la voce di Relina poco lontano, sapeva che l’amica si rivolgeva a lui ma non aveva importanza. Ogni fibra del suo corpo era volto ad un solo scopo: farsi notare da lei, il guardiamarina Tashigi.

Mentre si impegnava nel fissare un cannone che, a causa delle oscillazioni sempre più potenti del mare, stava per sganciarsi ebbe l’opportunità di star fermo qualche istante e guardarsi intorno. Fece ruotare gli occhi a destra e a sinistra e vide i suoi meravigliosi capelli blu, quelli che solo il guardiamarina Tashigi aveva. Questa stava in piedi accanto al timone e gridava ordini a tutti i marine sul ponte. Lo faceva con un’autorità che non si vedeva tutti i giorni, in realtà soltanto quando il commodoro Smoker non era presente. Teito l’aveva notato: senza il commodoro, Tashigi tirava fuori tutta la sua grinta e, nonostante fosse l’unica donna della nave esclusa Relina, suscitava in tutti gli uomini lì presenti un profondo rispetto. Aveva una grande autorità, era evidente, ma Teito adorava quella donna in molti altri aspetti. Era così bella, anche ora con i suoi capelli scuri bagnati e l’aria severa e preoccupata. Dietro quegli occhiali grandi e appannati c’erano occhi più profondi dell’oceano stesso, e sotto quella giacca della marina batteva un cuore forte e amante della giustizia.

Teito era entrato a far parte degli uomini del commodoro Smoker da un anno e pochi giorni, prima di questo aveva dovuto sopportare, come tutti i presenti, il duro addestramento per diventare marine. C’erano stati giorni in cui Teito fu sul punto di arrendersi, molte notti mentre era dolorante nella sua cuccetta a massaggiarsi il corpo stanco della faticosa giornata, si ritrovò a dire a se stesso che il giorno dopo si sarebbe recato dal sergente del suo campo e gli avrebbe detto che voleva andarsene, che non restava un giorno di più in quell’inferno. Ma poi, la mattina gli portava sempre nuova forza, si ricordava dei suoi sogni e aggrappandosi a quelli continuava ad andare avanti. Per lui le cose erano state probabilmente ancora più drammatiche rispetto a tutti gli altri marinai; Teito, infatti, era un ragazzo molto magro, piuttosto basso e con l’aria sempre mezza malaticcia. Era così da sempre e fin da bambino i compagni di scuola lo avevano deriso per la sua gracilità e quando, sotto gli occhi stupiti di tutti, era entrato nel campo della marina della sua isola nel mare settentrionale tutti aveva sghignazzato. Nessuno avrebbe scommesso un pulcioso Berry sul fatto che avrebbe resistito più di una settimana là dentro. Ma lui vi era rimasto per ben tre anni. Aveva dimostrato qualcosa a se stesso e ad ogni abitante del suo villaggio.

Non che una volta iniziato il periodo di apprendistato tutto fosse andato liscio, anzi. Le altre reclute lo trattavano con disprezzo, se gli andava bene lo ignoravano semplicemente, molto più spesso era vittima di scherzi crudeli. Si ricordava di una volta in particolare quando, durante una missione di esplorazione nei boschi dell’isola, i suoi compagni lo avevano gettato in un fiume, dopo avergli rubato tutti i vestiti, e l’avevano abbandonato ridendo nell’ilarità generale.

Si ricordava il freddo, la vergogna e la paura che aveva provato. Passò tutta la notte in quel bosco cercando una strada per la costa, aveva piedi e gambe martoriate da rovi e spine, sentiva versi di animali vicini e pregava fra se che non lo trovassero. Fortunatamente all’alba del giorno dopo riuscì a tornare al campo dei marines. Ovviamente era ancora nudo così corse verso i suoi alloggi, ma questi erano chiusi a chiave. Il cortile era deserto, probabilmente erano tutti sulle navi per le esercitazioni. In preda alla disperazione afferrò uno degli asciugamani appesi al sole dietro l’edificio e si recò, a passi implacabili verso l’ufficio del Sergente del campo. Erano circa sei mesi che aveva iniziato l’apprendistato come ragazzo di servizio, ma dopo quell’esperienza era deciso più che mai a smetterla, ad arrendersi.

Era di fronte alla porta dell’edificio, aveva già alzato il braccio per bussare quando improvvisamente si accorse di non essere solo. Senti un sibilo veloce attraversare l’aria, poi un altro, un altro ancora. Non faticò a riconoscerlo, era il suono di una lama che fende l’aria, qualcuno si stava esercitando lì attorno. Sbirciò oltre il fianco dell’edificio mentre con una mano reggeva l’asciugamano, unica sua copertura. E fu lì che la vide per la prima volta: Tashigi si allenava nel cortile dietro all’ufficio del sergente. Teito ne rimase subito abbagliato, non per la sua bellezza, almeno non subito per quello, ma per la sua sorprendente abilità. Tashigi faceva sfrecciare la lama che brandiva ad una velocità sorprendente. La vide correre fra dei bersagli in legno e lanciare fendenti tanto potenti da tranciarli in due immediatamente. Era sbalorditivo, Teito aveva visto solo i marinai del suo campo, e lì nemmeno il sergente raggiungeva una perizia simile con la spada. Era talmente stupefatto che si sporse troppo avanti e cadde rovinosamente a terra. Fu questione di pochi attimi, la donna si girò verso il punto dove si trovava Teito, lo guardò stupita e capitombolò a terra pochi secondi dopo.

«Ohi! Ohi! Che male!…ma quanto sono sbadata!» disse la donna mentre si massaggiava un poco la schiena, ma una manciata di secondi dopo fu in piedi e si mise a correre rapida verso Teito. Quest’ultimo, per canto suo, era ancora a terra intontio, come paralizzato. La ragazza dai capelli blu le fu vicino in un batter d’occhio

«Ehi…Ti sei fatto male?»

gli disse e gli tese la mano per aiutarlo a rialzarsi. Teito fissò quella mano per qualche istante poi la afferrò e si levò in piedi. Solo allora si accorse che l’asciugamano che usava per vestito gli era caduto e che era completamente nudo. Era impietrito dalla vergogna, non riusciva a muovere un muscolo. Ma la ragazza arrossendo un bel po’, afferrò l’asciugamano e glielo porse «Oh…ehm…forse ti serve questo!»

Teito lo afferrò, sbloccandosi all’improvviso «Oh sì…g-grazie!» biascicò, e si coprì di nuovo. Era rosso come un peperone.

«Che facevi? mi sbirciavi mentre mi allenavo?» disse Tashigi. Aveva un sorriso incoraggiante in viso ma in quel momento Teito non riusciva nemmeno ad alzare gli occhi da terra, era in grado soltanto di fissare i suoi piedi graffiati e sporchi per la notte passata nella foresta.

La ragazza dovette capire l’imbarazzo e notando il sangue sulle su gambe disse:

«Ehi certo che i metodi del Sergente Geinos sono peggiorati parecchio! Da quando si è messo a far correre i suoi marinai nudi in mezzo alle spine? Mi sembra esageri non sei d’accordo marinaio?» detto questo si mise a ridere, una risata fresca e spontanea. Teito capì che non c’era cattiveria nella parole della donna, non lo stava sfottendo, solo voleva farlo sentire meglio.

Proprio per questo riuscì a parlare, non sapeva bene il perché ma sentiva di potersi fidare di lei

«Uh…no ecco…non c’entra il sergente…è stato uno stupido scherzo di alcuni marinai…ma, non ha nessuna importanza ora, non sono un marinaio, non più.»

Il volto della ragazza si rabbuiò all’improvviso: «Ah…ti sei ritirato?» disse in tono piatto, quasi irritato.

«Non ancora…ma stavo giusto per farlo…» rispose lui.

Fu un momento unico, Teito lo aveva impresso nella sua mente indelebile anche ora, ad anni di distanza. La giovane donna con gli occhiali lo aveva afferrato con forza alle spalle, lo aveva guardato dritto negli occhi e con autorità aveva detto:

«Ascoltami bene ragazzino…ora tu ti fai una doccia, ti vesti e torni subito ad allenarti! Non permettere a nessuno di distruggere i tuoi sogni, se senti dentro di te che qualcosa è giusto devi andare avanti. Ora sei stanco, distrutto, ti sembra che le cose avranno per sempre una brutta piega ma…Ti dirò una cosa che un grande marine mi ha detto qualche tempo fa: se sei veramente così abbattuto allora impegnati per migliorare in quello che fai!»

La giovane continuò a guardarlo dritto negli occhi, occhi forti e gentili allo stesso tempo, i loro visi erano vicinissimi. Teito la fissava, senza più vergogna né altro, solo sconvolto dalle sue parole. Come una rivelazione, quelle frasi gli avevano fatto capire quale era la sua strada.

Avrebbe voluto risponderle, dirle che aveva ragione…avrebbe voluto fare tante cose ma il silenzio fu interrotto dalla voce roca e imperiosa del Sergente Geinos.

«Ehi! Che diavolo fate lì voi due! Vi aspetta una bella punizione per aver saltato gli addestramenti! Venite subito…» ma il sergente si interruppe all’improvviso, il suo viso da paonazzo di rabbia si trasformò in una smorfia di puro sconforto, si mise sull’attenti e disse «G-g-guardiamarina Tashigi! Non sapevo fosse lei, mi perdoni la prego…n-n-non sapevo fosse qui!».

Aveva detto guardiamarina?! Lui aveva appena fatto una figura terribile con un ufficiale di rango così elevato? Avvampò per la vergogna…che cosa avrebbe fatto ora?

«Oh sì sergente! Il commodoro Smoker doveva sbrigare degli affari qui vicino così sono passata per allenarmi un po’! Spero non le dispiaccia» rispose Tashigi sorridendo.

Geinos per risposta sembrò ancora più imbarazzato: «No, no, no!Ci mancherebbe, solo l’avrei accolta con più riguardi! Oddio e che ci fa questo marine nudo qui?» disse, come se si accorgesse solo ora della situazione di Teito «Mi auguro che non le abbia arrecato fastidio, se è così le posso assicurare che verrà punito…»

Ma Tashigi lo interruppe

«Nessun fastidio sergente, questo giovane marine mi stava solo…ehm…solo…aggiornando sulla situazione qui al campo, sì, solo questo.»

Il sergente Geinos evidentemente non poteva credere ad una scusa tanto assurda ma non aveva intenzione di mostrare al guardiamarina i suoi dubbi: «Oh!Capisco. Però questo marine non ha partecipato alle esercitazioni mattutine quindi dovrà essere punito…avanti tu vai a vestirti e poi fila subito a farti cento giri del campo! Dopo di che niente pranzo…ma più tardi pulirai le stoviglie di tutti!»

Teito non si fece ripetere l’ordine, corse immediatamente a fare ciò che doveva. Si ricordava che non aveva mai eseguito una punizione con tanto entusiasmo, le parole della ragazza gli ronzavano nella mente in modo persistente, i suoi occhi profondi gli si erano scolpiti nel cuore.

Finito di fissare il cannone Teito si guardò intorno in cerca di nuovi compiti da svolgere, altri marines gli passavano vicini intenti in attività frenetiche. Improvvisamente la voce inconfondibile del Guardiamarina Tashigi lo raggiunse:

«Presto! Ammainate quella maledetta vela se non volete finire trascinati via!» Teito osservò la vela dell’albero maestro, il tempo stava peggiorando, si era levato un forte vento. Decise che era la sua occasione per farsi notare. Non aveva più parlato con Tashigi da quella volta, lei non sapeva nemmeno il suo nome probabilmente! Partì come un pazzo verso l’albero maestro, iniziò ad arrampicarvisi con perizia. Di nuovo le parole di Relina gli giunsero sfumate, lontane e senza senso. Il suo obbiettivo era la vela. Salire, salire, solo quello contava. Era quasi a metà strada quando il vento divenne davvero forte, lo sferzava fino a fargli male, sembrava volesse strappargli la pelle dal corpo. Teito dovette aggrapparsi con tutte le sue forze al legno per non venir sbalzato via. Poi un’onda colossale lo travolse. Per qualche istanti sopportò l’impeto, poi chiuse gli occhi e si lasciò cadere nel vuoto.

Rinvenne più tardi, non sapeva di preciso quanto. Tutto intorno a lui ondeggiava furiosamente, aveva la vista appannata. Sapeva solo che era tutto zuppo, sdraiato sotto coperta mentre qualcuno gli teneva la testa fra le braccia e lo fissava. Per un meraviglioso istante pensò potesse essere Tashigi, ma una voce squillante e stizzita ruppe subito questo suo sogno:

«Ahhh!Sei sempre il solito incosciente Teito! Eppure te l’ho detto che stava per arrivare un uragano e che dovevi fissarti con una corda…ma tu niente!Ti farai ammazzare sai? Non ci sarò sempre a salvarti!» disse la sua amica Relina, sua amica nonché la migliore navigatrice del mare settentrionale.

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